Come curiosi alle spalle di un pittore che copre i primi tratti con robuste pennellate di colore, ci si avvia ad intuire la trama ed a farsi un’idea del quadro, quando mancano solo gli ultimi due tornanti alla sommità della salita, per la selezione conclusiva prima della volata finale; con l’incognita, però, di una serie di variabili, che potrebbero incidere sui rapporti di forza in campo.
Variabile “quelle sopra”. Le già promosse, o quasi, potrebbero cominciare a fare calcoli in vista dei playoff; non tanto Siena, il cui unico obiettivo è di evitare il CSKA (e, probabilmente, viceversa…), ma il Barça potrebbe chiedersi se sia preferibile incrociare il Panathinaikos o un Kazan più scomodo logisticamente ma molto meno pericoloso in campo. Del calcolo potrebbe simpaticamente giovarsi Cantù, nell’incontro diretto a Desio: con i Blaugrana senza il coltello tra i denti, i due punti non paiono certo impossibili, e poi si tratterebbe di vincere a Kaunas contro i lituani già fuori, sperando che il Barcellona non abbia più interesse a lasciar strada al Maccabi.
Variabile “quelle sotto”. Appunto: Kaunas, Malaga, Fenerbahce e (ahinoi) Milano affrontano gli ultimi strappi per l’onore, per guadagnare qualche punto nel ranking (obiettivo fondamentale, per l’Armani, in prospettiva futura), o per lavorare sugli equilibri interni in vista degli appuntamenti conclusivi nei rispettivi campionati. Insomma, non ostacoli insuperabili, per le avversarie; e forse qualche riflessione meriterebbe di essere spesa in anticipo sul cambio di formula introdotto nell’anno prossimo: se già nei gironi a quattro si rischiano conseguenze da squadre in vacanza anticipata, cosa capiterà coi gironi ad otto? Che l’ULEB non si lamenti, almeno, dei cali di spettatori in media…
Top of the flop. Partite per travolgere l’Europa, valendosi della finale in casa e della situazione economica in controtendenza rispetto alla crisi imperante nei Paesi (Russia esclusa) delle principali rivali, le presunte corazzate di Istambul rischiano seriamente un memorabile affondamento collettivo ancor prima dei playoff: il Fenerbahce è già sostanzialmente fuori; e vincendo in casa con il Galatasaray all’ultimo turno, indipendentemente da tutti gli altri risultati, l’Olympiacos chiamerebbe l’out sia per la compagine del quartiere di Galata che per il più blasonato Efes.
Esito imprevedibile all’origine, scorrendo i rosters zeppi di gran nomi – NBA o nostrani – e stimando ad occhio gli investimenti retrostanti. Ma anche ennesima dimostrazione, valida per lo sport ma non solo, che team e insieme-di-singoli non sono sinonimi, e che il gruppo va costruito nel tempo: dopotutto, per restare a noi, non possono spiegarsi anche così i cammini opposti di Siena e Milano? Forse anche per questo, chi ancora vanta qualche concreta chance di passare (si tratta di vincere al Pireo, con qualsiasi scarto) è il Galatasaray, ossia la meno cambiata e sulla carte meno forte delle tre del Bosforo.
Fatto sta che, se i reds fanno il loro dovere all’ultimo turno, l’award sul flop of the year parte dritto filato per Istambul con qualche settimana di anticipo sulle final four. Anche se qui entra la…
…Variabile ULEB. Certo, i tifosi di CSKA, Siena, Barcellona e Pana o Maccabi (o… osiamo: Cantù?) sono ben in grado di stipare qualsiasi palasport d’Europa; al più, gli unici problemi potrebbero riguardare i risvolti di ordine pubblico connessi alla eventuale presenza di una folta rappresentanza di supporters greci o israeliani, come si sa non particolarmente graditi – per ragioni ben diverse – su suolo turco. Ma altrettanto certamente una competizione sponsorizzata Turkish Airlines, con finale nel nuovo splendido impianto di Istambul, potrebbe svolgersi in contesto assai più asettico senza locals; senza contare il disappunto per la lacuna lasciata dai 30.000 biglietti strappabili in un paio di gare interne di playoff.
Per dire: se fossimo ad Atene – lato Olympiacos –, guarderemmo con preoccupazione al nome della terna designata per l’ultimo turno, e soprattutto spereremmo di non arrivare punto a punto negli ultimi minuti…
Agguato basco. Non imprevisto, invece, il sonorissimo uppercut rifilato da Bilbao al Real Madrid nel ritorno del doppio confronto. Il paradosso è che Malaga e Siena diventano le variabili determinanti: in particolare, se i biancoverdi non vincono (anche) in terra basca o se comunque superano il Real in casa, con ogni probabilità Bilbao atterrerebbe ai playoff. Contro un CSKA a pronostico unidirezionale, okappa, ma pur sempre riportando un clamoroso successo alla prima esperienza nella massima competizione europea.
Nello scenario, resterebbe altrettanto clamorosamente scornato il Real Madrid, ancora scottato da Bilbao dopo la semifinale di Liga dello scorso anno. Se non è un top flop anche questo, ci si arriva molto vicini.
Clonatelo. Ma come “chi?”. Basile, chi altri? Trovatemi quale altro, tra i nostri connazionali (Meneghin padre a parte, ma qui si scava nella memoria degli over 40…), può vantare nel giro di un mese scarso una standing ovation da brividi a Barcellona ed un commento del coach del Maccabi dagli spogliatoi dello Yad Ehliahu del tipo: «in difesa abbiamo fermato tutti. Tranne Basile, ma lui è un grande, punto».
Linsanity e noi. Mondo cestofilo intasato dalla storia di Jeffrey Lin, da carneade assoluto a world star nel giro di una decina di giorni, come neanche nel più infantile degli Hollywood sports movies. I dubbiosi / agnostici ripetono a mantra – non senza ragioni – che se non fosse a New York sarebbe ancora sotto la coltre di oblio, che con le difese europee alla terza partita non avrebbe battuto chiodo, che il «dorme sul divano del fratello che studia da dentista in zona chinatown» è una baggianata parlando di un intestatario di un contratto da 800.000 $ annui, e così via. Ma andiamo oltre: salta fuori che Teramo lo aveva firmato ma non preso, ed ecco il dubbio: quanti play intelligenti ci lasciamo scappare, per inseguire il nome che poi non fa team, nel senso sopra ricordato?
Intanto, un pensiero. Laureato ad Harvard, non originario degli States, non incredibile fisicamente, ma intelligente in campo e lottatore vero, anche trascinatore, sempre sottovalutato. Beh, Princeton è spesso affiancata ad Harvard negli elenchi di Università di elite (per studio, non per lo sport); e per il resto – in un ruolo, con talento, tecnica e modalità del tutto diversi – non vi ricorda da lontano un certo Mason Rocca?
Maurizio Zoppolato