All Star Weekend. La prima immagine della tre giorni NBA è già emblematica: Kenny Smith sfoggia un imbarazzante fazzoletto azzurro nel taschino sinistro, mentre affianco a lui si scambiano quattro battute i GM Shaq e Barkley, il primo accolto dal boato della sua Orlando, l’altro probabilmente più a suo agio in una pubblicità demenziale e non lontano dal poter essere sfruttato come tacchino al prossimo Thanksgiving-Day.
Un bel remix di Rihanna con We found love (forse più consono nella serata di Sabato, visto l’exploit di Kevin Love dall’arco) e una doppia fila di ballerine accuratamente scelte accolgono i giovani talenti sul parquet e, tra moderati applausi e qualche urlo, il saluto migliore se lo prende inevitabilmente Jeremy Lin, lo stesso Lin però che vedrà il campo solo per un breve stralcio di partita. La guardia dei Knicks spiegherà poi che il suo scarso impiego sia stato dovuto alla scelta di evitare un back to back to back, anche se forse la vera motivazione sta nella fama che Lin si è già guadagnato nel mese di Febbraio. In fin dei conti, perchè giocare 30 minuti quando ne bastano 8 per avere già più foto del migliore in campo Irving? L’aggettivo sceglietelo voi, al momento comunque ha ragione lui.
La partita da commentare non è granchè, ma d’altronde i ritmi sono i soliti e se già l’utilità dei due allenatori può essere benissimo paragonata ad uno scolapasta senza buchi, figurarsi la Press-Conference post partita, dove al di là di commenti quali “E’ stata una partita interessante“, “Siamo all’All Star Game, la difesa non si schiera” o “Mi sono divertito molto” si riesce a dire ben poco altro. Il format almeno presentava la novità di squadre miste, scelte con cura in un mini Draft dai due volti noti della Lega sopracitati: l’americanata è palese, ma se non altro riesce a non rovinare definitivamente quel minimo di agonismo rimasto. Vale così la pena veder correre palla in mano Ricky Rubio (che però perde punti sfoggiando uno zainetto di Justin Bieber) oveder volare in cielo Griffin e George, senza dimenticare Fields e Thompson, tra i migliori del Team Shaq, pur senza affascinare più di tanto la platea, assorta quasi certamente nell’osservare le gentil donne in prima fila, tra la moglie di Deron Williams o l’incognita bionda poco distante dalla point guard dei Nets.
E se in campo Kyrie Irving,conferma il proprio talento portando a casa 34 punti e 9 assists, conditi da un perfetto 8/8 dall’arco dei tre punti più l’MVP della serata, sugli spalti invece è palpabile la noia, interrotta solamente, nel secondo tempo, dal balletto delle mascotte, una delle quali evidentemente sgonfia e dalla furbata di Monroe, che nega a Irving l’ultima giocata 1vs0 rubandogli a sorpresa il pallone finale. A Stern il sorriso non lo toglierà mai nessuno, ma una gara così blanda a chi diverte più?
Finisce 146-133. The show (fortunately) goes on…
Michele Di Terlizzi