Le risposte alle domande che tutti (io di sicuro) ci siamo posti dopo la trade che ha mandato il contratto di Derek Fisher a Houston, prima della sua risoluzione e ricomparsa dello stesso Fisher ad Oklahoma City, cominciano ad arrivare. La gara giocata da Ramon Sessions in quel di Dallas è un primo segnale che i fans dei Lakers si augurano possa essere seguito da altri, da qui alla fine di questa irrisoria regular season (irrisoria per numero di partite, una ventina e sarà tutto finito, non certo per intensità) e soprattutto nel corso dei playoffs.
Quick decisions – Così vengono ribattezzate anche in telecronaca le “decisioni veloci” che Sessions è chiamato a prendere durante la transizione offensiva. I Lakers sono partiti in questa nuova avventura griffata Mike Brown con dei giochi a metà campo che coinvolgessero soprattutto i due lunghi. Pochissima transizione, contropiede solo se primario e generato da un’immediata apertura dopo il rimbalzo difensivo o una palla rubata. Coach Brown sta dimostrando di saper cambiare pelle, lui e la sua squadra, e per far questo era necessario il “sacrificio” di Fisher. Troppo simile come caratteristiche offensive al più giovane Blake (che però può avere addirittura più costanza nel tiro da fuori) e troppo simile per immobilità difensiva. L’ex guardia di Maryland parte al momento nei primi cinque ma contate ancora poche partite prima che il suo posto venga definitivamente preso da Sessions, il quale regala tiri a tutti dimostrando che queste quick decisions le sa davvero prendere. Si penetra e si scarica, sempre all’uomo con più spazio per prendersi un buon tiro, cosa che renderà la vita molto più facile allo stesso Blake nei momenti in cui i due saranno in campo insieme.
Rivalutato? – Troy Murphy non è certamente considerato, dal suo arrivo in California (o ritorno se preferite, avendo già vestito la maglia dei Golden State Warriors) una delle pedine fondamentali nel roster gialloviola. Invece il secondo quarto della gara di Dallas ha mostrato come, per sfruttare al meglio le caratteristiche di Sessions, anche “l’irlandese” possa tornare molto utile, per la sua capacità di aprire il campo e giocare fronte a canestro. Chiaramente il suo ingresso in campo toglie da sotto canestro una delle due torri, preferibilmente Gasol (anche se io lo vedrei accoppiato meglio col catalano che con Bynum), ma dà a L.A. una dimensione tutta nuova, simile a quella degli Spurs con in campo Bonner. E credetemi: non è per nulla un accostamento casuale!
Voglia di vincere – Nulla sintetizza meglio della faccia di Kobe Bryant il concetto di “voglia di vincere”. Lo stesso Ramon Sessions in un’intervista racconta come le prime parole di benvenuto del capitano n° 24 non siano state altro che la conferma di quanto a Bryant interessi solo raggiungere il 6° anello, che lo porterebbe alla pari con Michael Jordan come numero di anelli alle dita. Non pensiate che Kobe abbia altri obiettivi, la sua vita sportiva e non gira unicamente attorno a questo traguardo. I sorrisi in panchina non ci saranno sempre, le pacche ai compagni pure. Conosciamo tutti Bryant e la sua ferocia agonistica che spesso intimorisce i compagni, a volte invece riesce a spronarli, al pari di MJ, l’unico riferimento attorno al quale il figlio di JellyBean ha costruito tutta la sua meravigliosa carriera.
Che succede in Texas? – I Mavs sono apparsi per la prima volta da molto tempo una squadra in netta difficoltà. Al di là della sconfitta (la terza in tre gare disputate in stagione contro L.A.) è il loro gioco offensivo che non pare più brillante e – perchè no – divertente per gli spettatori come una volta, diciamo come lo scorso anno. Nowitzki parte male come percentuali al tiro ma alla fine il suo contributo lo porta sempre alla causa. E’ Odom sostanzialmente ad apparire un pesce fuor d’acqua, e Carter a continuare ad essere quell’oggetto misterioso di ormai troppe stagioni passate, con la sostanziale differenza che ora, complice l’età, ha pure smesso di volare. L’attacco si regge nella quasi totalità sulle iniziative di Jason Terry, troppo poco per i campioni in carica che da qui ad un mese dovranno trovare una chiave di volta che gli permetta di difendere il titolo del 2011, e non solo di aspettare l’estate che oltre alle zanzare porterà probabilmente Deron Williams alla corte di Cuban.
Andrea Pontremoli
@A_P_Official