Questa volta il caffè non è servito. A tenermi sveglio, dopo la decisione di seguire la diretta di gara 6 tra Philadelphia e Boston c’ha pensato Rajon Rondo. Come sempre la point-guard da Kentucky aveva la possibilità di scegliere tra le due modalità di gioco che meglio conosce: quella da autentico all-star, probabilmente il miglior playmaker della Lega a suon di triple-doppie, e quella meno entusiasmante, soprattutto per i tifosi dei Celtics, svogliata e irritante. Ecco, visto l’orario in Italia (inizio intorno alle 2:00 e sirena finale alle 4:45 circa) al #9 biancoverde è sembrato giusto optare per la seconda.
La gara – Presto detto: una partita molto simile a quasi tutte le altre della serie, con punteggio bassissimo e più errori che prodezze da parte dei protagonisti in campo. Phila prende subito il controllo del match, spinta da un pubblico infiammatosi dopo l’ingresso in campo di Allen Iverson – tutt’ora idolo incontrastato della “città dell’amore fraterno”, gomito a gomito con Doctor J – che consegna la palla a Joe Crawford prima dell’incontro. Ray Allen invece sigla i primi 4 punti dei Celtics, accompagnati però da 2 falli. Falli che saranno una costante negativa per l’ex-Seattle che passerà gran parte della gara in panchina. Boston rimane comunque a contatto e alla fine del primo tempo il tabellone, sorprendentemente, recita un +3 Celtics, nonostante percentuali al tiro da campionato amatoriale (alla fine per Boston la casella più dolente sul foglio delle statistiche sarà proprio questa, riempita da un indecoroso 33.3%). Coach Collins che in preparazione a questa partita aveva mostrato ai suoi la famosa gara 7 del 1982, quando i Sixers violarono l’allora Boston Garden, deve aver ripetuto la lezione nello spogliatoio durante l’intervallo, così che Phila completamente tornata padrona dell’incontro sforna nel terzo periodo un parziale di 27-20 che le ridà il vantaggio in attesa degli ultimi 10 minuti di gioco. Boston va a rallentatore, come sempre, e anche nel considerare il momento opportuno per azzannare la gara e portarsi a casa la qualificazione alla finale di conference latita fino a 3 minuti dal termine: tripla di Allen, tripla di Pierce, inerzia che sembra tornare a favore dei Celtics quando un rimbalzo difensivo già nelle mani di Rondo viene lasciato “scappare” dalla point-guard, regalando una rimessa in attacco preziosissima ai 76ers e negando di fatto ogni ulteriore possibilità di rimonta ai suoi.
Points of view – Come spesso accade anche la condizione attuale delle due squadre, intesa come valore che si dà a Celtics e Sixers, cambia secondo i punti di vista, l’angolatura con la quale si guarda o si vuole guardare il tutto. Boston è vecchia o esperta? Phila giovane (in senso positivo, per atletismo, voglia di emergere) o – appunto – inesperta per questi livelli? Di sicuro c’è che Boston da dopo l’All-Star Game ha cambiato marcia, ha superato un primo turno certamente ostico contro gli Hawks. Ma appare da sempre, in questa stagione, una squadra con roster poco profondo, che ha bisogno di spremere i suoi Big Three fino all’osso e pretendere che Rondo sia sempre quello delle triple-doppie, e non lo svogliato spettatore in campo come stanotte. Se qualcosa si inceppa allora addio al cuore dei biancoverdi, all’esperienza che conta nei playoffs, alla paura (degli avversari) di trovarseli di fronte, magari in una gara 7 al TD Garden. Gara 7? Sì è quella che sabato dovranno affrontare i 76ers. Una squadra (aridaje) giovane che gioca quasi come un college, un uomo franchigia, Andre Iguodala, al completo servizio dei compagni – per attitudine o incapacità di prendersi gli stessi compagni sulle spalle e quindi bravo a sfruttare in altro modo le sue enormi qualità – e un attacco dove “dividersi l’arancia” è un must che Collins ha ben inculcato nei suoi. La difesa non è straordinaria, ma regge, e le percentuali di Boston sono anche merito di quello che Phila fa dietro. Così come è merito dei Sixers aver passato il primo turno contro i Bulls privi – vero – di Rose e poi Noah (anche se in assenza D-Rose la squadra aveva comunque compilato un record da prima della classe, nel terzo di partite giocate senza il #1 in regular season) ma battuti sul piano della freschezza e dell’atletismo, componenti care anche a Chicago, che con la sua proverbiale difesa non è riuscita comunque a mettere freno al “game plan” di Philadelphia. Ora i 76ers si sono guadagnati addirittura la possibilità di eliminare i Celtics a casa loro, spingendoli a una gara 7 che le statistiche ci dicono essere terreno comunque di caccia per Boston, che su 21 di queste partite giocate in casa, ne ha perse solo 4, tra le quali come detto quella del 1982 ricordata da Collins.
A suffragare quanto detto in precedenza sui differenti criteri con i quali sono state costruite le due formazioni, o per lo meno quanto si sia intervenuti per consolidare le situazioni attuali (chiaro, nell’NBA per questioni di salary cap e formula in generale del mercato, del draft e quant’altro, non è possibile quasi mai rivoluzionare in un anno un roster, anche quando si vorrebbe farlo) ci vengono incontro dei numeri sfavillanti per i Sixers, deprimenti per i C’s. Phila manda 5 giocatori in doppia cifra e 1 (Hawes) a sfiorarla grazie ai suoi 9 punti. Sulla sponda Boston solo il rinato (è il caso di dirlo) in questi playoffs Kevin Garnett e Paul Pierce, con rispettivamente 20 e 24 punti (anche 10 rimbalzi per Double P) tengono alto il loro nome e la considerazione di molti, quelli che – sottoscritto compreso – non avrebbero mai immaginato di arrivare a gara 7. Non una passeggiata questa serie, anche nelle previsioni, ma aspettarsi ancora i 76ers qui a giocarsela per trovare poi in finale Miami o Indiana, beh era davvero difficile da indovinare. Con il ritorno di Allen in quintetto i Celtics non hanno nulla dalla loro panchina (Pietrus 5 punti, poi il vuoto assoluto) perciò la loro partita di sabato notte dovrà essere lineare, senza incidenti di percorso come una serataccia al tiro o problemi di falli ad esempio, perchè non siano costretti a lasciare a Philadelphia l’onore di accedere alle Conference Finals, stavolta senza nemmeno la possibilità da parte dei tifosi biancoverdi di “accompagnarli” con il classico coro “Beat L.A.” visto che sia Lakers che Clippers stanno già facendo le valigie per le vacanze (tiè, almeno questa passatemela) e quindi non incontrabili in un’eventuale finale come accaduto nello storico passato di queste due franchigie dell’est.
Andrea Pontremoli
@A_P_Official