I Miami Heat sono la prima finalista della Eastern Conference, in attesa del verdetto di questa notte quando Boston e Philadelphia si sfideranno in un’affascinante gara 7 al TD Garden.
Dwyane Wade è l’assoluto protagonista di gara 6 ad Indianapolis: realizza 41 punti con una prestazione che riscatta ampiamente i “vuoti” lasciati durante la serie, con partite passate ad osservare gli altri, a litigare con Spoelstra e in generale a contribuire alla disfunzionalità di questi Heat, forti, fortissimi sulla carta, ma che ancora devono dimostrare che la scelta fatta due anni fa con l’arrivo in città di James e Bosh pagherà presto i suoi dividendi.
Ad assistere l’uomo da Marquette, più che un LeBron comunque positivo quando non deve reggere da solo le sorti della propria squadra (28 punti, 7 assist e 6 rimbalzi per un “secondo violino” di lusso non sono certo malaccio), è finalmente il supporting cast con Mike Miller su tutti. L’ex-Florida che si trascina letteralmente per il campo mette 4 triple fondamentali per la vittoria di Miami, che scongiura il ritorno a casa per gara 7 e come detto permette di assistere alla TV a quello che sarà lo scontro finale di una serie combattutissima e più dura forse del previsto, com’è stata fino ad oggi quella tra Celtics e 76ers.
Boston sarà nuovamente senza Bradley che verrà operato alla spalla e necessita così, a maggior ragione, che il ritorno in quintetto di Ray Allen porti ai suoi risultati migliori di quelli che, conti fatti, Doc Rivers s’è ritrovato tra le mani al termine di gara 6. In particolare a “He got game” si chiedono punti, ovviamente, e a servirlo sia in transizione che dietro ai blocchi dovrà pensarci un Rondo che non potrà essere evanescente come nell’ultimo episodio della serie, pena probabilmente l’eliminazione dai playoffs. I Sixers manderanno chiunque contro Paul Pierce, decidendo così di battezzare altri Celtics. Garnett ha dimostrato di saper punire questo atteggiamento difensivo di Phila, non sempre l’hanno fatto gli altri suoi compagni.
Tornando alla serie tra Heat e Pacers: Indiana abbandona questi playoffs con molte certezze e qualche punto di domanda. Le palle perse (22) sono state nuovamente il fattore determinante, insieme a quella mancanza di durezza mentale e fisica, invocata da Bird, ma scambiata per la richiesta di commettere falli inutilmente duri quando non necessario. Non è esattamente questa la giusta interpretazione del non essere “soft”, come lo stesso Bird ha etichettato la sua squadra al termine di gara 5. Hibbert (12+8) è un centro scintillante in attacco per mani morbide e movenze dentro l’area, ma le stesse mani morbide non sono ancora – se mai lo saranno – solide al punto giusto per contendere rimbalzi agli avversari, tenere in mano palloni fondamentali e soprattutto la sua fisicità non è proporzionale al corpo che porta a spasso, e su questo dovrà sicuramente lavorare. I Pacers hanno spazio e la necessaria flessibilità salariale per migliorare ulteriormente il roster in estate se vogliono tornare il prossimo anno a competere con le migliori, come a sorpresa hanno dimostrato di saper fare in questa stagione.
Andrea Pontremoli
@A_P_Official