La decisione del Consiglio Federale di escludere Treviso dal basket di alto livello ha naturalmente suscitato un vespaio di polemiche. I tifosi, comprensibilmente delusi ed incazzati, faticano a comprendere questo epilogo, dopo che il più sembrava fatto. In questo momento, scandito da veleni ed accuse reciproche, farsi un’idea precisa ed obiettiva della vicenda non è facile, ma la più ingenua delle domande rimane comunque legittima: davvero era giusto silurare così una città?
Premesso che dell’atteggiamento ambiguo di Verde Sport parlerò a breve, io ritengo poco convincenti le motivazioni addotte da Meneghin a sostegno della decisione del Consiglio Federale. È bene chiarire subito che tutto è stato fatto nel pieno rispetto del Regolamento Organico Fip: l’art. 128/5 lascia infatti piena discrezione al Consiglio Federale di assegnare o meno il titolo sportivo ad altra società affiliata, nel caso di rinuncia della società detentrice di tale diritto. La Fip poteva cioè legittimamente rispondere picche e… picche ha risposto. Ma perché? Meneghin ha detto che accettare la richiesta di Treviso Basket Srl significava creare un precedente pericoloso: in seguito qualsiasi società indebitata avrebbe potuto decidere di sciogliersi, non pagare nulla e ripartire con una nuova compagine. C’è però da puntualizzare (e a me sembra assai rilevante) che, nel caso specifico, Treviso (sia come Pallacanestro Treviso Spa che come Treviso Basket Srl) non ha un solo euro di debito.
Qualcuno ha osservato che la Fip nel recente passato aveva riservato il medesimo trattamento anche realtà ancor più importanti dell’ex Benetton nella geografia del basket (Pesaro, Virtus e Fortitudo Bologna). Ma è giusto chiarire che le citate bocciature, così come le altre sancite lo scorso sabato, avevano alla base debiti o magagne societarie che a Treviso non ci sono.
Col senno di poi, sembra quasi che non ci siano mai state speranze: ciò in considerazione del fatto che ancora ad aprile si era stabilito che entro due stagioni il campionato di Serie A avrebbe dovuto avere 16 squadre e, qualora ve ne fossero state le condizioni già per il prossimo campionato, tanto meglio. Svestendo i panni del tifoso (ammetto che lo sono, dai!) ed infilandomi quelli del comune appassionato di basket, all’oscuro delle dinamiche che regolano “Il Palazzo”, mi interrogo sul nostro contesto cestistico. Ricordo che anni fa una squadra si iscrisse al campionato con un fax inviato da un anonimo autogrill negli ultimi minuti utili. Solo 2 stagioni or sono una società ha mandato per l’Italia una squadra di ragazzini a fare inevitabili figuracce (che supplizio, quella volta, al Palaverde…). Non mi viene in mente un solo anno in cui non abbia letto di società incapaci di pagare i propri giocatori; ah, sono cattivo se scommetto che anche in questa stagione qualcuna delle magnifiche 16 avrà gli stessi problemi? Ed allora mi chiedo: sarebbe stato così inaccettabile concedere il diritto di partecipare alla Serie A ad una città che, in decenni di professionismo, dal punto di vista dell’affidabilità economica ha portato tutti a scuola? Sarebbe stato così massacrante dover giocare 2 (dicasi 2!) partite in più, per le nostre squadre impegnate a dominare (???) come di prassi l’Eurolega e per quelle alle prese con la salvezza, tra una fuga e l’altra di giocatori senza stipendio? Lo scorso campionato è stato clamorosamente rovinato dal fatto che vi erano 17 partecipanti?
Insomma, non vedo ragioni veramente importanti che giustifichino l’esclusione. E dal mio punto di vista, è addirittura di scarsa rilevanza dilungarsi, come in questi giorni è inevitabile, nei soliti discorsi della “piazza storica”, del prestigio della Pallacanestro Treviso, dei tanti grandi giocatori qui lanciati e di cui la nazionale (la Fip!) ha beneficiato… Battere questi tasti significherebbe auspicare/pretendere un trattamento di favore. Invece, di fronte ad una norma che permette al Consiglio Federale di tenere il pollice in alto oppure di abbassarlo, la decisione di ammettere una realtà con tutte le carte in regola (per ammissione dello stesso Meneghin) non sarebbe stata un regalo: solo una scelta di buon senso. Il Consiglio ha invece optato, discrezionalmente, per l’ennesimo errore.
È però doveroso parlare anche di Verde Sport. Faccio presente che tifosi e la stampa locale non ce l’hanno solo con Meneghin e la Fip. A nessuno è sfuggito lo strano comportamento di Giorgio Buzzavo, che di Verde Sport è una sorta di fuhrer. Da un anno e mezzo a questa parte si è sempre letto della massima disponibilità da parte della proprietà uscente a cedere gratuitamente le quote societarie ai nuovi eventuali subentranti. Questa soluzione avrebbe evitato ogni problema. Ma Verde Sport ha preso un’altra strada. Perché? A tutt’oggi, infatti, la Pallacanestro Treviso Spa è ancora controllata da Verde Sport, che si è esclusivamente limitata a rinunciare alla Serie A, costringendo coloro che erano impegnati nel salvataggio del basket ad alto livello a costituire una nuova società e a sperare nel buon senso (ahi!) della Fip. Buzzavo, che sono oggi ha parlato, rispondendo alle critiche mossegli dai giornali locali in questi giorni, ha ribadito che non c’è stato il tempo materiale per la cessione delle quote societarie (mah?), aggiungendo che (altra questione complessa, ma sulla quale non mi dilungo) Verde Sport ha tenuto il controllo della Pallacanestro Treviso anche per questioni legate al settore giovanile. Buzzavo ha puntato il dito sulle istituzioni, sull’imprenditoria locale, che si è fatta avanti troppo tardi, su Bruno Zago, sulla decisione “politica” della Fip… Ha rimproverato a se stesso il solo fatto di non aver coinvolto maggiormente i Benetton, precisando che, però, avrebbero fatto meglio a chiudere tutto già un anno fa. Scusate, ma non suona contraddittorio?
Forse bisognerebbe limitarsi ad ammettere che solo in pochi sanno dove stia la verità, evitando ogni commento. Tante situazioni, come l’improvviso dietro front di Bruno Zago, risultano ancora indecifrabili. Le parole di Buzzavo non convincono nessuno. Men che meno l’assoluto silenzio di Gilberto Benetton. Ma, proprio perché il contesto è questo, le voci dei maligni (obiettivamente sempre sopra le righe e per natura prive di un’accettabile grado di attendibilità) trovano terreno fertile. E chi dice che poi non ci prendano, i maligni? Bene, i maligni pensano che non ci sia mai stata da parte di Buzzavo (alias Verde Sport, alias Benetton) una reale volontà di garantire la Serie A alla città, anzi: sembra quasi ci fosse il desiderio che i momenti di gloria, iniziati (chi lo nega?!) con l’avvento di Benetton, dovessero necessariamente finire con l’addio di Benetton. Ribadisco che sto solo riportando la voce dei maligni… E quanti siamo!
Tanti altri capitoli in questa vicenda devono ancora essere scritti. Il ricorso contro la decisione del Consiglio Federale è già stato depositato. Saranno dette altre bugie, come l’offerta della Lega 2 da parte di Meneghin a Coldebella, ed altre mezze verità affioreranno. I tifosi alzeranno ulteriormente il volume della loro protesta (sabato è previsto un “abbandono” simbolico di storici vessilli Benetton, di fronte al Benetton Store in centro), ma ciò non basterà a coprire il ben più rumoroso silenzio di un’ex proprietà di cui tutti andavano fieri e alla quale tutti erano grati. I burocrati rigetteranno il ricorso, dicendo “ci dispiace”. Ma alla fine i soli a cui dispiacerà veramente saranno quelli, tanti, che si sono davvero dati da fare per tenersi la Serie A: i tifosi che hanno offerto il loro piccolo contributo economico aderendo al comitato “Io ci sono”, Pittis, Vazzoler e tutti gli altri storici capitani, Djordjevic (che è stato qui solo un anno, ma che a livello emotivo in quest’anno ha dato tutto), Coldebella, gli storici dipendenti della Benetton Basket (su tutti, ma solo per fare il nome di quello che ha il “record di presenze”, Giovanni Favaro), gli aderenti al consorzio UniVerso Treviso… Non certo i piccoli uomini che, ancora una volta, hanno avuto il ruolo dei potenti.
Che tristezza…
Paolo Brugnara