FORLI’ – Eccoci finalmente. Perfino Ulisse sarebbe invidioso di tutte le odissee vissute da Forlì in questi ultimi quattro mesi. E, più che Itaca, Forlì è riuscita a raggiungere il traguardo minimo per continuare a viaggiare nel mediterraneo: esistere. Sì, perché oltre al clima, in questa estate di torrido c’è stato tutto il rocambolesco, quanto essenziale, mutamento della FulgorLibertas.
Una trasformazione drastica, completa, fondamentale. I ricordi di quel 5 maggio (che, a quanto pare, non colpisce solamente calcio ed imperatori) che segnò la prima retrocessione sul campo da un campionato professionistico, la situazione economica disperata – che prometteva un tragico “bye bye” dal basket nazionale, l’arrivo di Gino Natali come pseudo salvatore della patria, fuggito a fine Giugno appena visto il segno rosso sul bilancio societario, l’imbarazzante gestione tecnica del roster fulgorino, sembrano ormai il racconto opaco di un vecchio che racconta i propri errori di gioventù.
Per fortuna questo vecchio non c’è più. La nuova FulgorLibertas si è liberata dal passato, ha voltato finalmente pagina. Una ricostruzione obbligata, segnata dall’addio di dirigenti importanti – come Alberani, volato a fare il GM a Roma, o Arpaia, uno degli storici dirigenti “oratoriani” che ha perso potere, soldi e voglia col tempo – e dall’arrivo di un nuovo assetto societario plasmato dal presidente Grazioso, che gli permette di salvare, in parte, la propria immagine da quella di fallimentare dirigente.
Ad evitare la scomparsa della FulgorLibertas ci hanno pensato Sergio Servadei, già socio FulgorLibertas, ma dall’ala “inglobata” della Libertas Basket 80, e il suo “alleato” Maurizio Giannelli, suo collaboratore in passato nel progetto Libertas, entrato in società l’anno scorso con quell’1% che l’assurdo azionariato popolare permetteva. Assunto l’onere di pagare i debiti pendenti, a metà Luglio si è ufficializzata la nuova gestione, che si spera faccia dimenticare in fretta questi due anni di follia amministrativa non all’altezza di un campionato professionistico.
E cosi si è potuto finalmente cominciare a parlare di BASKET. Il ripescaggio in LegaDue, ufficializzato solamente alla fine del mese, era ormai certo, come tradizione vuole da una decina d’anni a questa parte. Transati, non senza difficoltà, i pesanti contratti di Lestini e Vucinic, si è per prima cosa cercato a chi affidare le redini del mercato. Da qui l’arrivo (non senza difficoltà) di Ario Costa, GM lo scorso anno a Brescia, che per prima cosa ha convinto Sandro Dell’Agnello, anche lui ex lombardo, ad allenare sotto San Mercuriale. Insieme a lui il vice “Cedro” Galli, diventato anche responsabile del settore giovanile dopo l’addio di AnnaMaria Fantini.
Con il consueto “budget più basso della LegaDue” la campagna acquisti di Forlì non prometteva certamente nomi da prima pagina. Ma Ario Costa è riuscito a stupire anche il più scettico dei tifosi, con un mercato intelligente e, soprattutto, con una logica. Dapprima la conferma di Nicola Natali, beniamino del Palafiera per la sua grinta, e l’arrivo del rookie Bo Spencer, buone statistiche dal college di Nebraska (15.4 punti a partita e 3.3 assist di media), descritto come giocatore arcigno dotato di una buona intelligenza cestistica.
Fino a qui, mercato nella regola di chi non può pretendere troppo dal proprio portafoglio. Ma è con l’arrivo del comunitario e del secondo americano che i tifosi biancorossi hanno cominciato a ricordarsi dell’esistenza della parola “sognare”. Miroslav Todic e Terrence Roderick. Un’accoppiata da alta LegaDue, senza dubbi. Il primo, bosniaco classe ’85, proveniente dal campionato ucraino dove segnava 13 punti ad allacciata e smazzolava 7 rimbalzi a partita, è un’ala grande dalla comprovata esperienza, solido giocatore dotato anche di un’ottima visione di gioco oltre che di un buonissimo tiro da 3 punti. Il secondo non ha bisogno di presentazioni: Terrence Roderick, unica nota positiva nello scorso finale di stagione forlivese, dove ha segnato 22.5 punti media conditi da 3 assist e 2.8 recuperi. Colpo di magia di Ario Costa, che in pochi giorni è riuscito a riportare un entusiasmo ormai affievolito nei cuori forlivesi.
Dopo il “grande botto” alla corte biancorossa si è aggiunto il miglior giocatore dello scorso campionato di DNA: l’italo argentino Bernardo Musso, quasi 20 punti di media con il 41% da 3, 4 assist ed autentico leader della sfortunata stagione di Napoli. Un giocatore richiestissimo richiesto al piano di sotto, ma che ha voluto tentare l’avventura in LegaDue, dove certamente non gli si chiederà di assumere le stesse responsabilità, ma di sfruttare gli scarichi di Spencer e gli spazi lasciati dalle percussioni di Roderick, dove potrà fare molto male alle difese avversarie.
Finito il pacco-stranieri, si è dovuti per forza virare su un pivot italiano, il ruolo più complicato da far coprire ad un nostro connazionale. Con un budget ormai ridotto, la scelta dell’italiano da quintetto è ricaduta su Mattia Soloperto, una vita a girare per l’Italia a fare il cambio, noto in terra romagnola anche per la sua propensione al Cuba Libre senza ghiaccio – ma c’è chi dice che, una volta ammogliato e con prole a carico, si sia dato una “calmata” (il classico “game over” con cui le donne ti incastrano). Un nome che non ha elettrizzato i tifosi, che già si immaginavano ad Assago contro l’Olimpia Milano.
Con la precedente conferma di Stefano Borsato e l’arrivo di Stefano Simeoli, ala grande “tutto fare” proveniente da una buona stagione alla Virtus Siena, il pacchetto italiani viene quindi concluso, e con esso il roster iniziale di questa nuova FulgorLibertas.
Con la speranza, per una volta, di non dover intervenire nuovamente sul mercato e di non diventare la concorrenza di Babbo Natale quando fine dicembre si avvicina.
Gianni Gavelli