Oggi voglio darvi una nota di speranza, una lettura positiva.
Lo so, non siete abituati da queste pagine, ma a volte capita.
Qualche giorno fa ho letto (su All-Around, ovviamente!) quest’ottimo e indiscutibile pezzo di Federico, riguardo all’evoluzione del ruolo di playmaker, che è sempre meno passatore e sempre più realizzatore. La cosa mi ha fatto pensare, perchè io e Federico abbiamo circa 20 anni di differenza, abbiamo visto quantità ed epoche di NBA diverse, eppure 7-8 anni fa io scrivevo (riferito ai giocatori di allora) circa le stesse cose.
In sostanza si tratta della piaga (almeno secondo me) delle combo guard, che sembrano sempre più dominare il panorama NBA.
Combo guard è un eufemismo, è il tentativo di far sembrare cool quella che in realtà è una carenza; si tratta di giocatori che sono a tutti gli effetti delle guardie tiratrici, che però per motivi esclusivamente fisici (di solito un’altezza fra i 180 e i 185cm) sono state riconvertite a PM. Questo perchè in difesa ovviamente non possono marcare le normali shooting guard, e anche in attacco rischiano di far fatica tirando in sospensione contro giocatori molto più alti. Il risultato (ma va?) è che segnano tanto e passano poco.
Il danno che fanno alle loro squadre però è notevole. Una guardia (o un’ala, un pivot, il discorso non cambia molto) che tira tutto quello che tocca può non essere un grosso problema; un play che tira tutti i palloni che tocca invece è un problema, perchè per il suo ruolo quasi tutte le azioni cominciano con la palla in mano a lui.
L’unico fin qui ad aver trovato una possibile soluzione tecnica a questo fenomeno è stato, guarda caso, Larry Brown, con quello che forse è stato il più fulgido esponente di questa categoria: Allen Iverson.
1,80 con le scarpe col tacco, AI è stato schierato da regista per i primi anni della sua carriera. I risultati sono stati un sacco di highlights, i quarantelli che venivano giù a pioggia, e una fila di stagioni opache con poco altro da ricordare come risultati di squadra. Brown ha l’intuizione geniale di spostare AI nel suo vero ruolo di guardia tiratrice, così da togliergli la palla di mano all’inizio dell’azione, permettere al play di esplorare anche altre soluzioni, e usarlo poi solo come finalizzatore. Per fare questo ha dovuto inserire in quintetto un “finto” play, ovvero un giocatore che potesse fornire almeno il minimo sindacale di playmaking, ma avesse statura e fisico per scambiarsi con AI in difesa e prendersi la guarda alta avversaria. Ecco che il prode Eric Snow ha completato Iverson in un backcourt che ha regalato ai Sixers la loro unica finale dell’ultimo trentennio.
Situazione analoga (anche se meno estremizzata) viene a volte usata oggi a Miami, con Wade e Chalmers che spesso si scambiano la marcatura in difesa.
Esempi di possibile soluzione ad una tendenza sempre più diffusa nella lega.
I play realizzatori di oggi sono Westbrook, Law, Monta Ellis, per certi versi Rose. Lo stesso Tony Parker, che è oggi un costruttore di gioco appena sufficiente, avrebbe potuto tranquillamente avere un’evoluzione del tutto similie a Monta Ellis, se invece che agli Spurs fosse finito ai Warriors (sull’inverso, Ellis alla corte di Pop, non mi sbilancerei…). Qualche anno fa erano Marbury, Francis, Payton, Penny, Terry.
E allora mi sono chiesto: ma se sono 10 anni che “c’è questa tendenza”, non è che forse c’è sempre stata? Voglio dire, al di là delle ovvie differenze atletiche (quelli di oggi sono palesemente ibridi umano-alieno), dal punto di vista della mentalità, dello stile di gioco, è così vero che in passato erano tutti playmaker alla Bob Cousy? Kevin Johnson era diverso da Russel Westbrook? Derek Harper da Jason Terry? Greg Anthony da Acie Law?
Così ho pensato questo: e se non ci fosse in atto nessuna tendenza a trasformare i play in realizzatori, ma semplicemente i due tipi di giocatori sono sempre coesistiti, solo che la storia ci ha poi (giustamente) consegnato solo i grandi registi? In fondo, a guardare i nomi che ancora oggi ricordiamo, Cousy, Magic, Archibald, Stockton, scommetterei a breve su Nash e Kidd, sono tutti grandi passatori. Le uniche eccezioni che mi vengono in mente sono Isaiah Thomas e Oscar Robertson, formalmente PM ma entrambi soprattutto realizzatori. Ma parliamo veramente di eccezioni, fatte per giocatori eccezionali.
Insomma, è chiaro che i contemporanei hanno una visione diversa di questi play-realizzatori, nel momento in cui li vedono giocare; guardi Francis, che cinquantelleggia in uno contro 5, schiaccia a difesa schierata e stoppa i pivot avversari e dici: che gran giocatore. Poi però passano 10 anni e di Steve il mulo parlante non si ricorda più nessuno, mentre ancora oggi si parla di Stockton come metro di paragone per un playmaker, sebbene viaggiasse a 14 punti di media e non saltasse un foglio di carta.
C’è un proverbio che dice: puoi ingannare una sola persona per tantissimo tempo, o tantissime persone per un istante, ma non puoi ingannare tutti per sempre; le combo guard fanno spettacolo, vanno sugli highlights di ESPN, però poi guarda caso nei libri di storia ci finiscono i play che la palla la passano, non quelli che la tirano…
Vae Victis
Carlo Torriani