Pensavamo di averle viste tutte quando la giustizia sportiva ammise Termo e Venezia in Serie A per effetto di quel guazzabuglio normativo che andava sotto il nome di Wild Card. “Fare peggio è impossibile” pensavano i più. Beh i più si sono dovuti ricredere quando, sbalorditi ed attoniti, hanno dovuto assistere all’esclusione di una squadra dopo appena 3 giornate di campionato. Esclusione, quella di Napoli, sancita dalla giustizia sportiva solo dopo diversi mesi di campionato, col rischio addirittura di vedere la società partenopea riammessa.
“Magari!” c’era chi pensava, perchè la riammissione di Napoli avrebbe potuto e dovuto provocare la caduta di qualche testa sulla tolda di comando. Ma così non è stato. Il campionato di LegaDue, per il secondo anno cosecutivo a squadre dispari, è rimasto orfano dell’unica retrocessione prevista dal regolamento e, in mancanza di un meccanismo realmente in grado di filtrare le società, in sede di iscrizione, in funzione del reale stato di salute finanziario, i tifosi si trovano ora di fronte ad un campionato in cui le società caracollanti sono pronte a svendere e monetizzare, offrendo sul parquet tutto fuorchè uno spettacolo agonistico.
Ricordate la Napoli di Serie A che giocava coi giovani? Ecco, di tempo ne è passato, ed il meccanismo si è affinato a tal punto che, se all’epoca Napoli venne esclusa, oggi le società hanno di fatto dalla lega stessa l’ok a procedere. “Lo spettacolo lo fanno le singole partite” disse il presidente di LegaDue Marco Bonamico alla televisione, beh, ora, con ogni probabilità, anche quello è destinato a finire.
Prendiamo l’esempio di Imola, che tanto ha investito in estate per attrezzare un angusto palazzetto dello sport, andando oltre al miracoloso, per offrire nuovamente lo spettacolo della pallacanestro alla propria città, dopo il lunghissimo esilio faentino. Tra gli investimenti estivi ed il lodo Whiting, la società romagnola si trova a dover fare i conti con una situazione finanziaria non troppo rosea, per così dire. Quale occasione migliore di questa? Il comunitario scappa? Non c’è problema! L’americano di punta non rinnova il contratto in scadenza al 31 dicembre? Non c’è problema! Si va avanti così, con l’addizione di qualche giovane, senza rimpiazzare comunitario ed americano. Altro esempio che casca a fagiolo è Trieste. La società giuliana ha da poco lanciato l’ormai consueto s.o.s finanziario, ringraziando il main sposnsor per aver rimpinguato le casse societarie, salvando il club dalla morte istantanea. Trieste salva quindi, per ora. Servono altri soldi. Ma, ancora una volta, non c’è problema! Di giocatori interessanti ce ne sono tanti nel roster giuliano. Da Brown a Filloy, passando per Thomas e Ruzzier, allora sotto col migliore offerente! Tanto non si retrocede!
Ma potrebbe andare peggio? Sì certo! Ad oggi infatti accedono ai playoff le prime 8 classificate. Unico stimolo quindi rimasto a questo straccio di campionato, era proprio l’accesso ai playoffs, per coloro che si sarebbero accontentati anche solo del primo turno. L’idea geniale quindi, era quella di allargare i playoffs, in modo tale da coinvolgere più squadre. Ora la discussione in LegaDue si è spostata sul numero di squadre cui concedere il supplemento di postseason. Logica imporrebbe 12, limitando solo a tre formazioni, dalla tredicesima alla quindicesima, la zona tranquillità.
E’ però di questi giorni, come riportato dal sito www.sportando.net, la notizia che vede la LegaDue pronta a varare la nuova formula coi playoffs a 14 squadre. La domanda è: perchè 14? Allora tanto varrebbe eliminarli proprio i playoffs e concedere l’unica promozione alla prima classificata, no? Imola, Trieste e tante altre squadre saranno dissuase forse dallo svendere i propri gioielli di fronte alla nuova formula dei playoffs a 14 squadre? Crediamo proprio di no. Ma la madre di tutte le domande è: quando le menti pensanti prendono le decisioni, mettono i tifosi al centro delle stesse, o guardano il basket da una prospettiva completamente diversa e a tutti misteriosa? L’impressione infatti è che tutto volga verso la penalizzazione dei tifosi che sono, di fatto, i primi “clienti” fruitori di un prodotto che proprio ha l’aria di non voler essere venduto.
Massimo Framboas