Avevamo lasciato i Chicago Bulls tirare un respiro di sollievo nella gara contro Washington, dopo la debacle natalizia. Stesso sollievo, sicuramente, col quale si sono avvicinati all’ultima partita dell’anno, che un calendario benevolo ha delineato essere allo United Center contro quei Bobcats che la stessa guardia Gerald Henderson ha definito desperate team. Evidentemente le feste non sono propizie agli uomini della Windy City, visto che questo scontro di San Silvestro si è rivelato davvero sorprendente. I Bobcats, ormai ufficialmente allo sbaraglio, venivano da una serie di 18 partite perse; in partita hanno avuto meno rimbalzi offensivi dei padroni di casa, più palle perse e meno punti in area. Eppure Kemba Walker ne ha messi 18, Gerald Henderson 16 e sia Ramon Sessions che Ben Gordon 15 partendo dalla panchina: se mettete insieme questi numeri combinandoli con un 47,1% dal campo di tutta la squadra, il risultato finale fa 91-81 Charlotte. La super serie negativa finisce nel più inaspettato dei modi, contro la regina delle difese che, comunque, può recriminare ben poco: i Bulls non sono mai stati in vantaggio per l’intera partita, sempre a rincorrere gli avversari tanto è che lo stesso coach Dunlap ha detto dei suoi: sembravamo una squadra su entrambe le estremità del campo. Di sicuro poco si può recriminare a Noah che ha giocato circa mezz’ora con l’influenza contribuendo quindi con soli 2 punti e 4 rimbalzi; gli stessi Deng e Boozer hanno messo a referto rispettivamente 20p – 12r e 19p – 14r. La chiave di lettura è nell’atteggiamento, nella mancanza di intensità che già lamentava coach Thibodeau la settimana precedente. Lo stesso coach T ha fatto mea culpa per la mancanza di energia dei suoi, tornando a fine partita sulla questione di attenzione e piglio di tutta la squadra: abbiamo bisogno di convinzione cominciando la partita, non possiamo prenderla sottogamba per poi dire ‘Ok, siamo un buon team, ora la raddrizziamo’; non funziona così. Diretto, sintetico e allo stesso tempo eloquente.
Avranno modo, i giocatori, di dimostrare di aver recepito il messaggio del coach pochi giorni dopo, nella prima gara del 2013, in quel di Orlando; Magic ugualmente impegnati nell’ultimo giorno utile dell’anno passato, ospitando in casa i campioni Miami Heat. Non si può certo dire che l’assenza di Howard non stia pesando in questa edizione dei Magic, il centro ora laker ha di sicuro lasciato un grande vuoto, ma la franchigia non è stata affossata da questa mancanza e la reazione è stata di quelle buone: piano di crescita per il medio/lungo termine, con il giusto mix di veterani e giovani. Difficile prevedere, in questo momento, se riusciranno a rientrare nelle 8 dei playoffs ma la squadra di Orlando potrebbe anche agilmente raggiungere il record finale del 50%. Insomma, niente di più lontano per gli Heat che la classica passeggiata aspettando il capodanno: in una partita in cui gli uomini di coach Vaughn doppiano quasi letteralmente Lebron e Co. nel secondo periodo (32-17), i campioni NBA riescono a imporsi di misura solo nell’overtime 112-110 dopo la parità a 99 sulla sirena dei regolamentari. Tanto per cambiare, spessissimo, in presenza di un ‘two points game’ gli Heat hanno la meglio per uno o due motivi che hanno nomi e cognomi ben distinti. Quasi sempre uno di questi motivi si chiama LeBron James a cui spesso si aggiunge l’altro motivo, che risponde al nome di Dwyane Wade. E’ infatti del duo delle meraviglie il timbro sulla partita: tutti i 13 punti segnati in OT sono di James e Wade, quest’ultimo in particolare mette il cosiddetto punto esclamativo rubando una palla decisiva scattando dalla linea di fondo difensiva per concludere dall’altra parte 1 vs 0 e schiacciata a due mani. In particolare, 10 dei 13 suddetti punti sono di LeBron. La prestazione dei Magic è tutt’altro che da buttare, 47% dal campo, quasi 35% dall’arco, un’impressionante Nikola Vucevic stabilisce il record di franchigia per rimbalzi (29) e aggiunge il suo career-high di 20 punti. Una importante sottolineatura per inquadrare meglio l’impresa di Vucevic: record di franchigia per rimbalzi, nella stessa franchigia in cui hanno militato Shaquille O’Neal e Dwight Howard. Maggior numero di punti della squadra per Arron Afflalo (28) e grande contributo dalla panchina per J.J. Redick con 23. Insomma, ottima prestazione collettiva per Orlando, ma una obiettiva sintesi nel pensiero di LeBron James a fine partita: ‘Questa è una lega in cui contano le vittorie. O si perde o si vince. Non conta quanto vicino sei stato dal perdere o quanto vicino sei stato dal vincere. Noi abbiamo vinto; non voglio discreditare ciò che loro (i Magic) hanno fatto. Hanno giocato una grande partita, hanno alcuni giocatori davvero buoni. Noi abbiamo giusto fatto una giocata in più rispetto a loro.’
Si diceva in precedenza riguardo a quanto fosse stata tempestiva la mossa di allontanare coach Johnson dalla panchina dei Brooklyn Nets, alla vigilia di due gare semplici seppure in un back-to-back casalingo. Il primo vero test arriva proprio alla vigilia del nuovo anno, in casa dei temibili Spurs. La sconfitta è di quelle che si ricordano, per una squadra che ambisce, nelle parole della proprietà, a giocare almeno fino a Maggio: 104 – 73 per i padroni di casa, protagonisti di un incredibile terzo periodo da 30-5; si, non è un errore, 5 punti segnati per i Nets nel terzo periodo! Il deficit di metà gara di 8 punti accresce sempre più in maniera irrecuperabile fino ai 31 finali. Grande difesa per gli Spurs per tutta la gara come ricorda anche Tony Parker (20 punti in 25 minuti) nelle interviste finali, Deron Williams tenuto a 8 punti e 1 assist. Costernazione nelle dichiarazioni post partita anche per la stella di Brooklyn che ammette di non giocare ai livelli a lui consoni e che la alchimia di squadra ancora stranamente manca.
Qualcuno deve aver riacceso improvvisamente la luce in casa Nets visto che due giorni dopo gli uomini di coach Carlesimo sono stati protagonisti di una super convincente prova nientemeno che in casa Thunder. Dopo aver passato un capodanno on the road, la squadra di Brooklyn si è spostata in Oklahoma alla corte degli attuali campioni della Western Conference e leader della intera NBA con un record quasi dell’80%. Ebbene, i beniamini di Long Island si portano avanti anche di 23 punti nel corso della gara e tamponano alla perfezione il furioso tentativo di rientro dei padroni di casa, a 4:30 dalla sirena finale dell’ultimo quarto si è pari a 85. Da quel momento, però, DWill e compagni infilano un parziale decisivo di 25-8 fino al 110-93 finale. Grande riscossa personale di Williams con 19 punti, 13 assist e 5 palle rubate; come quasi sempre accade, quando gira lui, gira tutta la squadra: Joe Johnson ne infila 33 e un dominante Brook Lopez 25. Brooklyn appare inarrestabile soprattutto dalla lunga distanza con l’ottimo 53% da tre. Amare le parole di Kevin Durant (espulso per doppio flagrant nel quarto – 27 punti per lui a referto): ‘ci hanno messi da parte, mettevano triple e tiri in sospensione, erano davvero caldi. Noi non abbiamo avuto alcuna difesa.’ Al contrario, solo miele da parte del coach ad interim della squadra di Brooklyn: ‘Deron ha guidato il team in maniera incredibile, ha segnato punti e creato occasioni per i compagni. Joe [Johnson] è stato formidabile e penso che anche Brook [Lopez] sia stato fantastico.’
Nelle stesse ore, dall’altra parte degli States, in casa dei Magic ad Orlando, un’altra squadra cercava di venir fuori dall’empasse degli sgoccioli del 2012, all’alba di questo nuovo anno. I Chicago Bulls chiamati a riscattarsi dalla figuraccia rimediata tra le mura amiche contro Charlotte, si affidano a Taj Gibson avendo dovuto lasciare Noah in albergo causa influenza. Prima partita da titolare per Gibson dopo un intero inizio di stagione con più ombre che luci. L’ala grande da Southern California non disattende le aspettative dei suoi segnando 21 punti in 45 minuti, mettendo a referto anche 11 rimbalzi e 4 stoppate. Una di queste 4, decisiva a 11 secondi dalla fine, su Jameer Nelson che stava per pareggiare a 96. Nulla di fatto e la sirena suona sul 96-94 per gli ospiti dalla riva del lago Michigan. Soddisfatto coach T dei suoi con un ‘that set the tone for us‘, come a dire: ecco una prestazione da Bulls. Grande contributo soprattutto dai partenti titolari con il season high di Carlos Boozer (31) e altri 23 ottimi punti da parte del solito Luol Deng. Il sopra citato Jameer Nelson rimane il migliore dei suoi nonostante l’ultimo tentativo di layup non andato a buon fine: 32 punti e 2 rubate. Il nuovo “signore dei rimbalzi” Nikola Vucevic torna a cifre umane e ragionevoli con 12 a referto, oltre a 20 punti.
Sopraffina prova orchestrale degli uomini del Midwest a casa degli Heat nella notte di venerdì: i Bulls giocano da vera squadra, sopraffatti gli avversari nel conteggio dei rimbalzi (48-28 i totali, 19-4 addirittura quelli in attacco) e per punti in area (46-34). Il punteggio finale è 96-89 Chicago; nonostante i 30 punti concessi a James, Boozer guida i suoi con 27 e 12 rimbalzi, seguono Noah e Robinson con 13 punti a testa.
Un po’ più a nord, sempre sulla East Coast, c’è un’altra squadra caldissima, i New York Knicks. Tanto si temeva il ritorno di Amar’e Stoudemire, non certo per le doti del giocatore quanto per un rischioso sovraffollamento dei possibili starter e comunque valide opzioni per la rotazione. Il numero 1 di New York torna a calcare il parquet del Madison Square Garden proprio a capodanno. Tempo di permanenza saggiamente amministrato per un giocatore al debutto stagionale: poco meno di 17 minuti e 6 punti. In una sera in cui l’amico-nemico Anthony ne mette 45 pur non riuscendo ad evitare la sconfitta casalinga per mano dei Blazers 105-100. Due giorni dopo è di nuovo big match, ospiti di Manhattan i San Antonio Spurs, autori del miglior record finora per partite in trasferta. Coach Woodson parla chiaro ai suoi: ‘se vogliamo essere i migliori, dobbiamo battere i migliori‘. I ragazzi rispondono egregiamente con una sontuosa prova difensiva; è da ammettere che gli Spurs venivano da un provante tour sulla costa atlantica. Non per questo la prova dei Knicks è da disprezzare, tutt’altro. Vincono e convincono da squadra: Carmelo comunque protagonista con 23 punti, Chandler con 14 rimbalzi e uno strepitoso J.R. Smith versione All-Star che, partendo dalla panchina, mette 20 punti e prende 5 rimbalzi. Differenziale stratosferico per Smith, un +27 con lui in campo. Partita equilibrata fino alla seconda metà del terzo quarto, i padroni di casa prendono il sopravvento nell’ultima ripresa con un parziale di 10 punti. Il risultato finale è di 100-83. Più fiducia per il rientrante Stoudemire; più minuti, quasi 21 per lui che chiuderà con 10 punti e una rubata.
Sempre più aperta la caccia al primo posto della Eastern Conference, soprattutto dopo entrambe le vittorie del weekend: New York passa a Orlando 114-106 e Miami in casa contro Washington 99-71. Gli Heat ora devono amministrare un vantaggio di sola mezza partita.
@BettoRenzi