Non hanno più quella casacca a sfondo bianco, con i bordi neri e le strette righe verticali di qualche anno fa; la canotta che tutti automaticamente associano a Reggie Miller, per anni uomo franchigia degli Indiana Pacers, squadra con la quale ha impresso nella storia lo straordinario record di triple messe a segno (solo poco tempo fa sorpassato da un’altra leggenda del basket, Ray Allen). Il passo subito successivo, per gli appassionati, in quel meccanismo di associazione di idee è il carattere di quel campione: irriverente, pieno di sé, sempre spavaldo, sempre pronto a fare la voce grossa, tanto speciale nei buzzer beater (tutti sapevano che la palla sarebbe andata da lui e tutti, quasi sempre, erano spettatori della retina che si muoveva sulla sirena) quanto irritante nei confronti dei colleghi. Questo è un po’ lo spirito, l’humus intangibile che si associa a quella canotta. Il tempo, si sa, viaggia implacabile; Reggie Miller ora commenta per la TNT, a Indianapolis hanno rinnovato il look: scritta Pacers sul petto e niente più righine, bianco brillante e inserti gialli laterali. Lo spirito però non si cambia, rimane permeato nella mentalità di una società e della sua squadra. Gli interpreti ora sono ovviamente diversi, ma il carattere arcigno e a tratti irritante rimane ancora come caratteristica degli Indiana Pacers.
Lo hanno dimostrato in settimana nella gara casalinga contro i Miami Heat, gli uomini di coach Vogel: Indiana è una squadra che in attacco non offre uno spettacolo da creme della pallacanestro, le idee del coach si sviluppano attorno a pochi ma collaudati giochi (pick and roll con Hibbert, isolamento per George o post basso con David West) ma l’indiscusso valore aggiunto dei Pacers è la difesa, numero 1 ad oggi della NBA. Indiana è una squadra che costringe l’avversario a giocare male, rende frustrante lo svilupparsi dell’azione nella propria metà campo, obbliga spesso a utilizzare quasi tutti i secondi disponibili per l’azione. Una difesa di squadra, molto fisica e dotata anche di grande intesa e ottimi fondamentali che alla lunga logora gli avversari; a tal punto che Miami, più di 106 punti ogni 100 possessi, viene fermata a quota 77. 87 invece i punti per i padroni di casa. Andamento altalenante per tutta la gara, alcuni prolungati blackout in attacco per i Pacers; gli Heat affidati ai soliti noti, James e Wade che, stavolta, si scambiano il pallino del gioco: Dwyane Wade praticamente assente nel primo tempo, concluderà poi la partita con 30 punti. Se sommiamo a questi i 22 con 10 rimbalzi di LeBron, fanno 52 della coppia di superstar che è più del 60% della produzione di tutta la squadra, cosa che mette in luce tutti i limiti degli Heat e deve allarmare lo staff tecnico perchè non si può pensare di risolvere le partite con isolamenti prolungati e sterili. Se è vero che spesso portano punti, è altrettanto vero che non basta contro squadre ben organizzate, vedi anche i Chicago Bulls della scorsa settimana a South Beach. Primo tempo in perfetta parità a quota 42; nel terzo sale in cattedra uno spietato Paul George che sembra inarrestabile e guida i suoi a un +10 alla fine del terzo. George chiuderà una prova fantastica con 29 punti e 11 rimbalzi in poco più di 43 minuti. Altra garanzia dal post basso è David West: 11 rimbalzi anche per lui e 14 punti totali. Un po’ in affanno per i padroni di casa è apparso Roy Hibbert che comunque prende 14 rimbalzi, la maggior parte in fase di attacco per concedere a Indiana preziose seconde occasioni. Probabilmente, in maniera forse paradossale, a giocare a sfavore di Hibbert è il pesante rinnovo di contratto avvenuto in estate che lo carica di grandi responsabilità. La striscia di partite vittoriose in casa si allunga così a 7 per i Pacers, mentre Miami comincia nel peggiore dei modi un faticoso tour in trasferta che proseguirà a ovest. La squadra di Indianapolis legittima, con questa vittoria, il primato nella Central Division e si afferma terza potenza della Eastern Conference.
Solo complimenti da parte di coach Vogel per il suo pupillo, Paul George, anche dopo la conclusione della successiva gara a Indiana contro i New York Knicks: “Una performace speciale dietro l’altra. E’ il leader della difesa, che sta diventando una delle migliori. Gli altri ragazzi stanno abbracciando questa identità”. Si dice che George possa sostenere la Eastern Conference al prossimo All Star Game, di sicuro con queste prestazioni sta ipotecando un posto. Uomo squadra a 360° nella vittoria casalinga sui Knicks 81-76: 24 punti, 11 rimbalzi, 5 assist e 6 palle rubate. Fondamentale il contributo anche di Hibbert che mette 11 dei suoi totali 13 punti nell’ultimo quarto in un parziale di 21-4 che aprirà la strada verso la vittoria per i padroni di casa. I Knicks privi di Anthony che sconta una sospensione imposta dalla lega dopo le storie tese con Kevin Garnett a inizio settimana, si affidano a Tyson Chandler, che prende 15 rimbalzi e 12 punti, e a una delle scommesse più vinte della storia recente della franchigia: J.R. Smith che, partendo dalla panchina, si batte segnando 25 punti che però non servono ai suoi per spuntarla sui padroni di casa. Ultimo appuntamento settimanale per gli Indiana Pacers nel fortino casalingo Banker Life Fieldhouse contro i Bobcats nel weekend. Impegno assolutamente meno gravoso dei precedenti due, i Pacers devono far fronte all’assenza di Paul George fuori con l’influenza. Nonostante migliori percentuali dal campo e da tre degli ospiti, comunque, i padroni di casa allungano la convincente striscia positiva tra le mura amiche vincendo 96-88. Grazie alla prima tripla doppia in carriera di David West (14, 12 e 10 assist), 19 punti di George Hill e il season high (18) dell’ex Bobcat D.J. Augustin, i Pacers si impongono su Charlotte autori di una buona gara. A metà del quarto periodo, infatti, Kemba Walker e compagni si sono riportati sotto di un solo punto; da quel momento un parziale di 11-3 per Indiana ha riportato davanti i padroni di casa definitivamente. Chiavi della partita il contributo delle panchine (27-9 per i padroni di casa) e il tiro da tre punti utilizzato come arma dai Pacers per contrastare gli asfissianti raddoppi su West.
Non avranno la freschezza dei Pacers ma di sicuro l’innata classe dei campioni i Boston Celtics che hanno iniziato il nuovo anno convinti di poter prendere posto ai playoffs che, in qualche modo, gli spettano quasi di diritto non fosse altro che la grandeur della storia della squadra. Coach Rivers aveva, qualche tempo fa, definito i suoi come un 50% team; obiettiva analisi che fotografava una squadra altalenante per cui il peso degli anni era gravoso come per pochi altri. Ebbene, i Celtics non sono “un’altra squadra” ma stanno ristrutturando positivamente il loro record senza perdere occasioni importanti sulle teste di serie e senza, soprattutto, lasciarsi intimidire dalle assenze pesanti. Proprio con questo spirito si sono portati poco più a sud del Massachusetts, a New York, per la prima partita di questa loro convincente settimana. Nonostante l’assenza di Rondo, sospeso per un contatto non autorizzato con un arbitro, i Celtics fanno vedere la difesa che li ha sempre contraddistinti e che, unita a una grande qualità dell’attacco, gli ha garantito ottime soddisfazioni nel passato. I padroni di casa, i New York Knicks sono apparsi sbiaditi e nervosi, forse troppo sicuri delle proprie capacità all’inizio: lo stesso Anthony, autore finora di prove colossali, si lascia sopraffare psicologicamente da uno scontro verbale con Kevin Garnett, complice forse anche la schiacciata da poster di cui l’ex Minnesota è stato protagonista. Scontro verbale che costerà un tecnico a entrambi e che si protrarrà, almeno da parte di Anthony, per il resto della partita condizionandone la prestazione. Comunque 20 punti per lui, non abbastanza per i Knicks che chiuderanno la gara sotto di 6 nel 102-96 finale. Fondamentali, in questo senso, i due quarti centrali della partita, in cui i Celtics costruiscono il proprio vantaggio. Si rivede al Madison un grandissimo Paul Pierce che si carica di tutto l’odio sportivo che gli riservano i tifosi di New York e alla fine ne infila 23 a suggellare l’importante vittoria. Curioso il siparietto con Spike Lee a bordo campo, il regista non smette di stuzzicarlo e aizzarlo dopo un fischio a favore dei Celtics; pochi istanti dopo, in una delle azioni successive, Pierce si libera abilmente del difensore di turno con una strabiliante finta a destra, palleggio arresto e tiro per un long two che muoverà solo la retina, proprio davanti all’eccentrico tifoso di New York. Solo abbracci tra i due, a fine partita. Altra prova spettacolare quella di J.R. Smith uscendo dalla panchina, 24 punti, preludio dei 25 di qualche giorno dopo contro i Pacers. Pierce, quanto a leadership, è in buona compagnia di Garnett, che chiuderà con 19 punti e 10 rimbalzi. Boston deve necessariamente amministrare i minuti delle proprie stelle, stavolta sono pause indolori visto il contributo degli entranti Green e Sullinger rispettivamente con 16 e 10 marcature.
Si torna al TD Garden per ospitare due giorni dopo i Phoenix Suns in un match assolutamente in scia con quello di New York: importante anche questa volta Jared Sullinger con il suo massimo in carriera di 12 punti ma soprattutto 16 rimbalzi. Prova corale per gli uomini di coach Rivers che loda la propria panchina nel dopogara: miglior marcatore Jeff Green che ne mette 14, Rondo, scontata la squalifica, si ripresenta ai propri tifosi con 8 assist. Migliori percentuali per i padroni di casa, sia dal campo che da tre, facile quando gli avversari tirano il 16,7% dall’arco. I solito Scola (16 punti) non basta ai Suns che perdono 87-79. Un nuovo giorno di riposo e poi di nuovo partita. I Celtics sembrano giovare di questa parte di calendario non troppo fitto: altra vittoria contro gli Houston Rockets 103-91. Stavolta gli avversari sono di un rango superiore rispetto ai precedenti colleghi della Western Conference, la squadra texana è in mano allo scorso sesto uomo dell’anno, James Harden che finirà con 24 punti che, però, non varranno la vittoria. Pierce torna in cattedra, 23 punti per lui, Garnett, dopo il primo tempo di riposo, contribuisce nel secondo con 11 dei suoi 17 totali. Di nuovo grande partita da parte della panchina di Boston, (36-9) il parziale considerando i giocatori entranti, i complimenti ancora una volta si sprecano da parte di Doc Rivers: “la panchina è stata fantastica, è stato il fattore determinante della gara, per metà del primo e buona parte del secondo quarto li abbiamo fatti giocare. Giocano così bene insieme e difendono davvero in maniera perfetta. Una delle maggiori differenze ora è che difendono davvero.” Oltre a Harden, per i Rockets, ottima prova per Parsons con 18 punti e Lin che chiude con 12 e 6 assist.
La prossima settimana è quella che prelude l’All Star Weekend, che si concluderà con la partita delle stelle: lo spettacolo è assicurato, godiamoci l’attesa!
@BettoRenzi
1 Comments
elvira
Articolo denso d’informazioni e completo. Per una non appassionata di BasKet risulta difficile entusiasmarsi come se si fosse in diretta, ma questo è avvenuto!
Un grazie all’autore per aver reso reali mosse e passaggi, situazioni e dinamiche di gruppo, schemi di gioco e considerazioni tecniche. Le pennellate date portano chi legge “in squadra”.
Continuerò a leggervi
C.E.