Sulla carta era la peggiore squadra del lotto, strada facendo ha perso due americani non più rimpiazzati, ha subito una crisi societaria che sembrava poter far smantellare tutto il progetto, è rimasta con 6-7 giocatori più quelli della cantera, dunque difficile riuscire anche ad allenarsi al completo. Invece, contro tutto e contro tutti, la Juve è lì al nono posto in classifica, arrivata a una sola vittoria da una Final Eight che avrebbe davvero avuto il sapore di uno scudetto, con in cascina tanti punti preziosi per poter guardare con tranquillità il resto della stagione e portare a casa l’obiettivo salvezza, il vero target di questa squadra. Sinceramente, dopo le prime uscite disastrose, le imbarcate prese in trasferta a Milano, Roma e Biella, dove la media degli scarti supera abbondantemente quota 33 punti, dopo il taglio di Wise che era già rotto, dal punto di vista fisico, prima di arrivare e che ha peggiorato la situazione qui, non c’erano belle speranze. La scoppola in casa subita da Varese, su un campo ridotto a una pista di curling con annesso l’infortunio ed il consequenziale taglio di Chatfield, impalpabile e fantasmatico sul campo come pochi coloured visti qui negli ultimi anni, aveva fatto capire che sembrava giunto il declino della matricola chiamata Juve, una squadra che al 2 novembre, in una conferenza in perfetto clima cimiteriale, sembrava sull’orlo dell’ennesimo precipizio. Se ne sono dette di tutti i colori, che la squadra non esisteva più, che sarebbe stato l’ultimo canto del cigno, che avremmo giocato con la juniores: addirittura sono sparite le quote dei bookmakers sulle partite della Juve, dato che tutti la davano per spacciata a perdere e con largo scarto, invece quella gara con la Virtus Bologna, vinta col cuore, con l’impresa di 7 ragazzi con un cuore grandissimo, ha cambiato tutto, ha rilanciato una squadra capace di andare a fare due colpi esterni con Pesaro e Avellino, importantissimi anche per la classifica avulsa della zona salvezza, e ha sfiorato l’impresa a Brindisi. In casa, fatta eccezione per quella bistrattata partita con Venezia, forse unico match in cui questa squadra ha qualcosa da recriminare, il Palamaggiò è tornato ad essere il fattore chiave, un fortino inespugnabile dove anche le corazzate Sassari e Cantù si sono dovute inchinare. Stefano Gentile, Giuliano Maresca, Marco Mordente, Andrea Michelori, Stevan Jelovac, Zygimantas Jonusas, Jeleel Akindele, nonchè l’ultimo arrivato Dan Mavraides, e poi i giovani del vivaio e non, Cefarelli, Sergio, Marzaioli: non esistono altre parole se non grazie per le emozioni che avete saputo regalare. Dimentichiamo qualcuno? L’artefice di questo sogno è probabilmente il miglior allenatore italiano in circolazione che, per mezzi e possibilità della sua squadra, riesce a ottenere risultati inimmaginabili: Pino Sacripanti.
Stefano Gentile: Ad inizio anno si era scettici su di lui, un giocatore con talento inespresso e che avrebbe avuto bisogno di spazi e progressi ben determinati per poter davvero risultare utile alla causa. Veniva etichettato come il figlio di Nandokan, ma adesso penso si dovrà coniare un nuovo nomignolo per il ragazzo ex Casale Monferrato. Dall’uscita di Wise e Chatfield, è diventato il play di questa squadra, ha preso fiducia, ha iniziato a prendersi responsabilità e specie nei momenti cruciali di gara. Ha messo triple importanti, anzi di più, con Cantù e Avellino, ma anche nelle altre gare. Il quarto periodo è la sua arena, i suoi pugni al cielo il grido d’esultanza, è l’emblema della casertanità al lavoro, come lo erano stati suo papà ed Enzino Esposito ai tempi dello scudetto. Maciste, voto 8
Giuliano Maresca: il capitano, colui che tiene sempre botta. Lo avevamo conosciuto come un buon fromboliere, capace di mettere tiri difficili, Sacripanti ne ha fatto il suo alfiere difensivo, affidandogli spesso il go to guy della squadra avversaria. Lo vedi poco nel tabellino marcatori, ma se cerchi le percentuali sullo scout dell’avversario che ha marcato, leggi sempre percentuali a dir poco disastrose. Laddove i suoi mezzi poi non ci arrivano, c’è sempre quella dose di cuore che non guasta mai. E’ un capitano allo stesso tempo silenzioso ma che, quando serve, sa far breccia nel cuore e nell’animo dei compagni. Spartano, voto 7
Marco Mordente: Per chi non lo sapesse a Caserta lo sport che va per la maggiore è il calcio, e l’acquisto di Mordente era stato criticato e non poco dai tanti soloni all’ombra della reggia. Marco ha risposto sul campo, diventando l’eroe di ogni vittoria, il cuore di questa squadra che ha saputo andare oltre anche contro problemi extracestistici che per un campione come lui, avrebbero potuto fargli appendere le scarpette al chiodo. All’occorrenza è stato il play della squadra, si sa prendere falli preziosi, nonchè tiri decisivi, combatte sul campo come un ragazzino, piange e si commuove e fa commuovere anche tutti noi. Sono finiti da tempo gli aggettivi per descriverlo, va detto solo grazie Marco. No words, just play. Voto 9
Andrea Michelori: Accolto con scetticismo dopo le annate senesi dove ha giocato poco, il gladiatore ha giocato pochino, è tornato a Caserta con il suo solito sorriso, la sua grande semplicità e la voglia di non arrendersi mai. Tra gare dominate dalla sua lotta ed altre in cui è stato limitato o da falli o da problemini fisici, non passa mai inosservato e con il lavoro di coach Sacripanti, nonostante non sia giovanissimo, sembra sempre migliorare in qualcosa, gara dopo gara. Al suo segnale scatenate l’inferno. Voto 6,5
Jeleel Akindele: Lui non salta vola, lui non appoggia al vetro, schiaccia a due mani. Il nigeriano è un ragazzo anche lui senza tanti fronzoli, che lavora e si sbatte come pochi in mezzo al campo. Non serve parlare molto di lui, perchè sono i numeri che la fanno da padrone: primi posti per punti realizzati fra i pivot, per percentuali da due, per rimbalzi catturati e stoppate date. Forse un po’ in calo nelle ultime 3-4 partite ma comunque un contributo effettivo lo sta dando e come a questa squadra. E’ l’unico coloured in una squadra senza americani. Qualcosa sta cambiando, Ammiraglio. Voto 7
Stevan Jelovac: Giovane, sfrontato, uno slavo di quelli con una gran dose di attributi. Ha iniziato come tiratore unico di questa squadra, è stato sgridato. Ha iniziato a rifiutare i tiri e a lavorare a rimbalzo, è stato sgridato. Sacripanti gli ha fatto capire cosa voleva e finalmente ha iniziato a rendere a dovere. Uno dei migliori giovani rookie di questo campionato, che sta trasformandosi da brutto anatroccolo sull’orlo del taglio (si parlò di cedere lui e prendere Mancinelli, fantabasket) a cigno regale, pericolo per tutte le difese. Dr Jekyll e Mr Hide, voto 6,5
Zygimantas Jonusas: Semplice, riservato, concreto. Tre aggettivi per descrivere un lituano che non solo ha mano precisa al tiro, ma che si sbatte sul campo con la veemenza del miglior picchiatore tedesco, campionato in cui ha militato per 6 anni. Difesa forte e aggressiva, ottime letture di giochi sia sui passaggi che sui tagli, un giocatore duttile che tira come una guardia, va a rimbalzo come un 4 (e ci può giocare tranquillamente) e nel suo ruolo di ala piccola ti fa sempre avere una soluzione in più a quelle programmate sulla lavagnetta. Un acquisto di peso, sperando possa avere più continuità. Braveheart, voto 6,5
Dan Mavraides: Giovane, bel ragazzo, ha sposato la causa Juve dopo essere stato per metà stagione ad Avellino. inenarrabile la corsa di Sacripanti sulla tratta Avellino Caserta per poterlo tesserare in tempo. Produce molto, uscendo dalla panchina, con tante soluzioni in faretra che possono punire la difesa. Magari gli servono solo percentuali migliori dalla lunetta. The Economist, voto 6+
Wise & Chatfield: Il primo era un buon play che avevo visto a Le Havre, ma che non ha mai recuperato appieno dall’infortunio e nonostante ciò ha provato a giocare, sul dolore, senza risultati. Il suo taglio fu inevitabile dopo un palese rifiuto a rientrare sul parquet sul -30 a Biella. Occasione persa. Chatfield invece è il classico tiratore americano da contesti minori, ora penso giochi nel campionato libico, dove immagino segnerà quei canestri che non sono arrivati in Italia. Non ha mai inciso. Scelte rivedibili, voto 5
I giovani: Con un discorso generico, Sacripanti non smette mai di ringraziare questi ragazzi che nonostante tutto permettono di provare situazioni in allenamento diverse e precise, vista la penuria di mezzi a disposizione. Marzaioli è un play che ha trovato poco spazio ma che sa farsi valere nonostante l’età, Cefarelli ha dimostrato le sue doti ma è stato limitato da una fastidiosa fascite plantare che non gli dà tregua. Sergio era un ragazzo di Maddaloni, provincia di Caserta, che aveva giocato al massimo in B2 e che si allenava con la squadra per fare numero, come si oserebbe dire. E’ stato mandato a referto con il tesseramento e si sta conquistando un sogno stile americano con punti rimbalzi e tante belle cose che fanno venire da chiedersi a cosa davvero servano gli scout se poi giocatori così passano inosservati. Voto unanime per tutti e tre, 7
Stefano “Pino” Sacripanti: Cosa dire di più di un allenatore, che fa anche il gm, che si riduce lo stipendio per il bene della squadra, che riesce a trarre qualsiasi cosa positiva da ogni suo singolo giocatore? alterna le difese, non accetta mai il ritmo dell’avversario ma prova sempre a imporre il proprio, trasforma i giocatori affinchè possano essere utili alla causa. E’ un fabbro di pallacanestro, spesso mai sulle luci della ribalta, ma il lavoro che sta compiendo a Caserta ha dell’incredibile. La speranza è di riuscire a trattenerlo all’ombra della reggia ancora a lungo, ma sarà difficile nasconderlo ancora per molto. Per lui non ci sono nomi, lui è sempre e solo IL Coach, voto 10 e lode