Gli Atlanta Hawks quest’anno andranno ai playoffs. Seppure non si può dire che sia una verità assoluta, di certo non è una frase che scandalizza chi la legge. Siamo vicinissimi alla metà esatta della stagione, gli Hawks sono meritatamente sesti ad est con 5 confortevoli partite di vantaggio sulla prima delle escluse, ad oggi, Philadelphia. Un roster di livello con una panchina di buoni role players a sostegno dei protagonisti della franchigia: Josh Smith, Al Horford e Jeff Teague su tutti. Eppure, proprio all’inizio della scorsa settimana, Atlanta è incappata in una di quelle serate … epocali. Ma in maniera tutt’altro che positiva; una di quelle prestazioni che, probabilmente per diversi anni, saranno il termine di paragone per prestazioni di basso profilo. Anzi, per prestazioni imbarazzanti. In casa dei Chicago Bulls, infatti, gli uomini di coach Drew perdono 97-58. Smith e compagni si impegnano al massimo per battere il record dei Clippers di minor punti in una metà gara (19), non riuscendoci per un soffio! Chiuderanno i primi due tempi con 20 punti di cui 5 nel secondo quarto. Già, 5 punti nell’intero secondo quarto passato, per i primi 7 minuti, a caccia di una marcatura. I padroni di casa, dal canto loro, non è che abbiano impressionato schiacciando gli avversari; hanno semplicemente approfittato della situazione, limitandosi a massimizzare il risultato con freddo cinismo. Atteggiamento opportunista e poco più, onestamente, visto che i 39 punti di distacco finale non sono propriamente specchio dei valori espressi in campo, quanto di un auto-disfacimento degli avversari: i Bulls infatti chiudono la partita con un 42% scarso dal campo, 20 punti di Boozer e 16 rimbalzi di Noah che bastano per segnare il record di squadra per il minor numero di punti concessi in regular season.
Una di “quelle notti” in cui va tutto storto anche per gli Orlando Magic che, nella capitale, concedono 29 punti di vantaggio agli sgangherati Wizards nel 120-91 finale. Dopo aver concesso 37 punti nel solo terzo quarto, i Magic si sgretolano definitivamente nell’ultimo periodo che vede il parziale di 24-14 per i padroni di casa. Concedere 120 punti a una squadra dal non invidiabile record di .200 è indicativo di un momento di costruzione, che in casa Magic, porta necessariamente all’alternanza di risultati buoni, meno buoni e assolutamente da dimenticare. In particolare, a Washington è mancata, notevolmente, la difesa (29 punti subiti in contropiede) e di conseguenza, l’attacco risultante è stato decisamente poco proficuo, percentuali davvero basse dal campo e dall’arco, i Magic non sono stati mai avanti gli avversari per tutta la gara. Non si lascia troppo desiderare lo stoico Nikola Vucevic che, anche in una serata del genere, mette 13 punti e 13 rimbalzi; l’unico altro Magic che forse vale la pena di salvare è Jameer Nelson che chiude con 19 punti e 12 assist. Dall’altra parte una buona doppia doppia da parte di Okafor che condisce gli 11 rimbalzi presi con 19 punti, primo marcatore della squadra. Decisamente appannato il brasiliano da Denver, Nenè che, pur partendo titolare segna due soli punti in 16 minuti scarsi.
Non avranno un record come quello dei Wizards ma di certo non si può dormire così tranquilli a New Orleans con il 32% di vittorie. Gli Hornets si presentano nella città dell’amore fraterno contro i 76ers con un ispiratissimo Vasquez che scriverà alla fine 23 e 9 assist. Gli uomini di coach Williams, sfruttando i contro piedi concessi dagli avversari e il dominio a rimbalzo, si portano avanti anche di 20, amministrando poi fino al 111-90 alla sirena. A Philadelphia non basta un grande Holiday da 29 punti e 11 assist per evitare la sconfitta tra le mura casalinghe. In attesa del migliore Evan Turner (14 punti) coach Collins deve ritrovare quella amalgama per i suoi ragazzi, quell’agonismo che valse il secondo turno dei playoffs a danno dei Bulls nella scorsa stagione, se non vuole concludere il 2013 a fine aprile.
Solitamente nella NBA si parla di “una di quelle notti” per descrivere, come si deve essere ormai intuito, una serata in cui va tutto storto. Ciò non può valere però per la squadra da North Carolina, i Bobcats per cui è necessariamente vero il contrario. La scorsa settimana di scena 4 volte, una sola vittoria: decisamente una di quelle notti (positive) in casa dei Magic. Eppure Charlotte sembra mettercela tutta per non “infangare il buon nome” mangiando letteralmente, nel terzo, quasi tutti i 12 punti di vantaggio accumulati alla metà gara. Un ultimo periodo da 30 punti, però, assieme a una grande prova di Kemba Walker (25 punti e 8 rimbalzi), consegnano agli ospiti la vittoria 106-100. Nella stessa maniera, nella notte appena conclusa, Toronto, che ospitava Los Angeles e reduce da quattro sconfitte consecutive, incappa in una di quelle serate; in cui gli ospiti dal roster multimilionario si perdono più o meno a sorpresa, perdendo dopo soli due periodi l’ultima grande stella appena approdata a El Segundo: Howard si fa infatti espellere per doppio tecnico poco prima della metà gara. I Raptors concludono il secondo quarto avanti di 4 e continuano a macinare punti durante tutto il terzo quarto in cui il maggior vantaggio arriva ad essere addirittura di 19 punti. Un Calderon davvero in giornata (22 punti e 9 assist) guida i suoi respingendo il ritorno degli ospiti cui, nonostante Bryant, Nash e Gasol, non riesce la rimonta che si ferma al definitivo -5 per il 108-103 Raptors.
La lunga stagione è nel suo apice, densa e irta di ostacoli e rischi di passi falsi, le Conference sono equilibrate nella classifica e ancora la corsa è apertissima per tutte le posizioni che danno accesso ai playoffs. Il basket è uno sport, almeno fisicamente, di esplosività e dinamicità nella singola partita; un calendario così logorante e denso aggiunge un aspetto ulteriore, diverso ma non per questo meno coinvolgente: una gara di fondo, che si gioca nel lunghissimo periodo e per cui la forma mentis diventa fondamento imprescindibile in ognuna delle 82 singole battaglie.
@BettoRenzi