Siamo nel pieno dell’inverno, non che questo debba evocare necessariamente scenari letargici: alcuni sono abituati anche in questo momento a un caldo tiepido proprio delle zone quasi tropicali della fascia più a sud degli States. Teniamoci comunque la concezione nostrana della letargia invernale: meglio si sposa al quadro di insieme della Eastern Conference delle ultime tre settimane. Lo spettacolo è sempre garantito, per carità, la NBA non riposa mai ma da qualche tempo diciamo di una classifica in cui tutto può succedere, delle diverse rispettabili contendenti per il primo posto, di pochissime squadre in una differenza minima di partite. Eppure, di fatto, la situazione è ancora lì, tendenzialmente rispettando la fotografia di diverse settimane fa: Miami al comando, i Knicks che sembrano poter sferrare la zampata del sorpasso da un momento all’altro; Chicago che fa di necessità virtù sempre in attesa che the return dia il là per un finale di stagione coi fiocchi, Brooklyn che annaspa tra serie positive, blackout difensivi e sterilità di idee in attacco, Indiana e Atlanta che, tra limiti oggettivi e buona volontà, sanno che comunque alla meno peggio nelle 8 contenders ci rientrano (che possa essere una “tattica” suicida” ?), Milwaukee e Phila che si arrabattano per arrotondare il record e ritrovarsi ad aprile con l’ultimo cap disponibile per un viaggio nelle series (meglio i Bucks con il loro attuale 54% di vittorie contro un più striminzito 43% dei 76ers). Non tornano i conti? C’è qualcosa che manca all’appello? Beh si, ovviamente Boston. Tutti i Celtics sono, in pratica, dichiarati out come il loro playmaker che ha salutato anticipatamente i riflettori della stagione per una rottura al crociato anteriore. Oltre al condivisibile punto sulla situazione di cui potete farvi una idea qui; si noti come curiosamente proprio senza Rondo gli uomini di coach Rivers siano finora 4-0.
Si erano espresse più che qualche perplessità sul futuro prossimo dei biancoverdi, proprio alla vigilia della sfida contro i campionissimi di Miami al Garden. Ebbene, cosa vuol dire essere un Celtic i nostri l’anno ben dimostrato in un rocambolesco doppio overtime che ha visto Pierce e compagni vittoriosi 100-98. Sale in cattedra il prof. Garnett con 24 punti e 2 stoppate, the captain and the truth mette agli atti invece una tripla doppia pesantissima con 17 punti, 13 rimbalzi (tutti in difesa) e 10 assist. Fiammata d’orgoglio? Beh, sicuramente ma non solo. I Celtics (e i Knicks) sono gli unici della scorsa settimana a segnare quattro W sul calendario, in controtendenza con l’immobilismo di classifica sopra descritto. Sarà stato il calendario benevolo che ha “voluto” quattro partite tutte tra le mura amiche, nessun back to back; ciò non toglie che dopo Miami, al Garden abbiano pagato dazio Sacramento, Orlando e, dulcis in fundo, quei Los Angels Clippers che stanno destando qualche serio “dubbio” come possibili protagonisti delle finals, di Conference prima e, perchè no, della lega poi. Un impressionante 61% abbondante da tre punti ha dato un grande contributo a Boston che si è trovata ad amministrare anche un vantaggio di 19 punti; l’ottimo Pierce mette il timbro a 2 secondi e mezzo dalla sirena finale con un tiro proprio dall’arco per il più 5, vantaggio che si ridurrà a due punti dopo la tripla allo scadere messa a segno da Crawford. 106-104 il punteggio finale.
Quattro partite in casa anche per i New York Knicks, che iniziano con un Anthony caldissimo da 42 punti contro gli Hawks. Atlanta si arrende però solo alla fine 106-104, non sempre grandi prestazioni individuali significano grandi vittorie di squadra. Se non altro Felton mette nelle gambe altri minuti dopo il rientro e 10 assist. L’unico scoglio delle quattro partite settimanali viene archiviato di misura, le tre successive vanno via lisce: 18 punti di media di distacco contro Orlando (113-97), Milwaukee (96-86) e Sacramento (120-81). A guardare la situazione facendo un passo indietro, con un occhio più critico e attento, è evidente come la squadra sia in mano ai tre lords del parquet Anthony, Chandler e Smith. Si alternano nella leadership delle marcature, sopra i 20 punti, e nei rimbalzi: impressionanti le due successive serate di Chandler a quota 20. Considerando le altre perle a disposizione di coach Woodson, i vari Kidd, Shumpert, Felton e Stoudemire; se lo staff riuscirà a tenere a bada lo spogliatoio e il temperamento dell’uomo da 100 milioni di dollari (proprio Stoudemire) ora relegato al secondo quintetto, ne potremo vedere davvero di belle.
Le altre teste di serie non fanno l’emplein e nel migliore dei casi ne vincono 3 su 4 come i Bulls che lasciano “punti” solo al Barclays Center di Brooklyn contro i Nets di un Lopez da 20 punti e un Wallace da 13 rimbalzi. Gli uomini di coach T si alternano alla leadership nelle varie serate, in evidenza Butler, Robinson e un ritornato Deng di cui Chicago proprio non può fare a meno. Il naturalizzato inglese è un pilastro della squadra da cui non si può prescindere, spremuto fino al midollo occorre che ne abbia ancora al ritorno di Rose.
Perfetta alternanza per la prima della classe: L-W-L-W per Miami che dopo la sconfitta già vista al TD Garden ne rifila 20 tondi tondi ai Nets con un James maiuscolo da 24 punti 9 rimbalzi e 7 assist; 105-85 il risultato finale. Un uomo solo al comando anche in Canada contro i Raptors, 30 punti del numero 6 nel 100-85; inoltre 8 rimbalzi e 7 assist. Nel mezzo, altra bella prestazione che non serve a evitare la debacle sul campo dei Pacers 102-89. Se questo è il miglior James, aspettiamoci faville tra due settimane nella notte delle stelle.
@BettoRenzi