
Coach Pianigiani un anno fa
Giovedi sera Simone Pianigiani era a Siena, seduto comodamente in tribuna come uno spettatore qualsiasi e non sulla panchina del Fenerbahce, dove invece dirigeva le operazioni (si fa per dire, visti i risultati), Ertugur Erdogan.
Pochi giorni prima, l’attuale allenatore della Nazionale aveva posto fine alla sua avventura ad Istanbul stracciando un contratto quadriennale da 3,4 milioni complessivi (850 k a stagione), firmato nella scorsa estate dopo sei anni di vittorie a Siena e l’aver condotto la Nazionale Italiana alla qualificazione agli europei di Slovenia vincendo tutte le partite.
Non ci interessa davvero discutere o approfondire se le dimissioni siano state “indotte” dai dirigenti del club turco e se ci sia stata o meno una sorta di compensazione economica per rendere meno amaro il distacco tra le due parti.

Controversa la sua decisione di lasciare la panchina del Fenerbahce
Preferiamo invece cercare di rispondere ad alcune domande che sorgono spontanee, in particolar modo capire come mai Pianigiani abbia fatto la fine di suoi illustri predecessori, vedi Tanjevic e Spahija, anche loro naufragati alla guida del Fener malgrado un budget elevato.
Piacerebbe anche scoprire come mai quest’estate altri di tecnici di grande spessore (Obradovic, Ivkovic ed anche Ivanovic), abbiano rinunciato a palate di dollaroni declinando le offerte del club turco.
Al termine delle finali greche dello scorso anno, dopo aver annunciato la fine del loro rapporto con i propri club, sia Obradovic che Ivkovic furono addirittura invitati ad Istanbul a trattare un eventuale futuro ingaggio ma evidentemente entrambi si resero conto che qualcosa non quadrava nel progetto, quel qualcosa che poi in futuro ha costretto lo stesso Pianigiani ad alzare bandiera bianca dopo pochi mesi.
Due i fattori che abbiamo individuato nel tentativo di sbrogliare una matassa all’ apparenza assai complicata:
1) Il fatto che in Turchia i club antepongano, per rivalità estremamente accese, la vittoria in campionato e Coppa ai successi in ambito europeo: tanto per fare un esempio ad inizio stagione il Fenerbahce, club del popolo, ha come obiettivo primario quello di arrivare comunque davanti agli acerrimi rivali del Galatasaray, che è invece il club dei ceti sociali più elevati e della nobiltà locale.
2) Il regolamento del campionato impone sempre la presenza sul parquet di almeno due giocatori turchi, cosa che invece non è imposta in Eurolega.
Ci si trova quindi a dover giocare in pratica con due roster distinti nelle due competizioni, scontrandosi con il malcontento di chi è costretto a star fuori.
Aggiungiamoci infine la scarsa propensione dei giocatori “indigeni” al duro lavoro in palestra ed ecco che abbiamo ben chiaro un quadro di una mentalità assai provinciale e poco europea in cui il coach senese si è trovato a lavorare.
La fotografia di questi mesi di Simone in Turchia è forse tutta racchiusa nell’intervallo della sfida recente di Eurolega contro il Barcellona, quando il Fenerbahce sotto 19-50 è uscito dal campo subissato dai fischi degli oltre seimila della Ulker Arena e nello spogliatoio si è consumato il definitivo distacco tra allenatore e squadra.
Da una parte i pretoriani di vecchia data, quelli protagonisti di tante vittorie a Siena ma questa volta incapaci da soli di reggere la baracca.
In contrapposizione il gruppo turco, capitanato da Onan e Savas, capace di trascinare dalla sua parte anche Batiste e quel Bogdanovic che proprio l’estate scorsa Pianigiani cercò di far cedere, non ritenendolo idoneo al suo gioco.
Sono quelli che han remato contro praticamente fin dall’ inizio, poco inclini al duro lavoro in allenamento ma con la pretesa di avere maggior spazio e voce in capitolo in Eurolega.
Alla fine han vinto loro ma Pianigiani non ne esce sicuramente da perdente.
Diamantidis