Era l’estate del ritorno della JuveCaserta in serie A dopo tanti anni di cadetteria, dopo il fallimento, con il ritorno a una realtà all’altezza della storia della franchigia bianconera. Quell’anno arrivò dal mercato un pivot nazionale, che tutti avevano sempre definito un combattente, ma che da allora, salvo una piccola parentesi alla Montepaschi, perchè diciamo a Siena è difficile dire di no, sarebbe diventata l’icona del modo di giocare a basket all’ombra della reggia. Lo slogan coniato quest’anno dalla società per la squadra è “vendiamo cara la pelle”, forse uno dei più idonei a descrivere Andrea Michelori, il gladiatore bianconero, il timoniere della difesa, quello da cui puoi aspettarti le cose più impensabili.
Una Juvecaserta nuova, diversa da quella prima che si salvò, diversa dalla Sacripanti I che centrò la semifinale scudetto, diversa da quella numero IV che l’anno scorso ha compiuto i miracoli centrando la salvezza: un nuovo roster, nuove ambizioni, ma una cosa, nel tempo, anche agli occhi di Andrea non è cambiata, l’amore del suo pubblico:
“Rimango sempre stupito dalla grande affluenza di pubblico, sempre festosi e contenti, perchè vuol dire che credono in questa squadra, credono nel progetto imbastito dalla società e ora ci tocca lavorare duro. La gente ha capito la bontà di quanto fatto finora e questa è di sicuro la dimostrazione più grande di quanto siano legati a questa squadra. Mi piacerebbe coniare il motto perchè ripenso a quando siamo arrivati in semifinale scudetto, perchè in quell’annata eravamo stati sia noi che gli stessi tifosi ad aver letteralmente conquistato il cuore della città”. Parole semplici, sentite, spontanee, da parte di un ragazzo che ha sempre dato tutto quello che aveva sul campo. Ricordo con immenso piacere quei suoi show difensivi sul pick and roll che mandavano letteralmente in crisi avversari ben più piccoli e veloci di lui, oppure i suoi sfondamenti presi in difesa, il suo modo di incitare i compagni e di spingerli a uno sforzo ulteriore. Oppure i suoi ganci precisi e quegli appoggi al vetro, anche qualche libero di troppo sbagliato, ma nelle fasi decisive della gara, c’era sempre lui, a combattere, l’ultimo ad abbandonare il campo, quello che provava e sapeva darti la scossa, sempre. Le sue larghe e solide spalle hanno sostenuto il peso sia di essere il pivot titolare del momento di bisogno, sia di essere il sesto uomo che entrava dalla panchina e dava una doppia dimensione all’attacco in post della Juve.

Michelori vs la difesa romana due anni fa
Adesso per lui una nuova stagione su cui le parole del lungo sono ben chiare: “Dai primi allenamenti non si può dare un giudizio definito, ma da quanto ho visto, questa è una squadra con buone individualità, che ha voglia di correre, saltare e far girare velocemente la palla, una squadra dunque diversa da quella dell’anno passato. Quando però vedi fisico e atletismo, mancherà solo una cosa per fare il salto di qualità, quella voglia di che sappia compattarci e farci riuscire migliorare.” Ed è così che la Juve e Andrea vogliono cercare di sorprendere gli addetti ai lavori: con una squadra di rookie in cui Michelori e Mordente saranno le chiocce d’esperienza per far crescere i giovani e regalare piccole grandi soddisfazioni che sappiano far esplodere il palazzetto. Di Michelori si potranno dire tante cose, ma di sicuro la più importante è che quel tipo di giocatore che vorresti sempre come tuo compagno di squadra e mai come avversario, uno di quelli che lavorano costantemente sui fondamentali e che spesso non finisce sul foglio delle statistiche. Il suo lavoro oscuro in difesa, quelle ricezioni non concesse, quelle palle deviate per il recupero, quella qualità dei suoi blocchi granitici spesso non sono visibili nè nello scout nè forse anche dalla tribuna. Guardando da bordocampo, ci si accorge però di quanti spazi sappia creare il buon Andrea, di come sia un riferimento costante per la sua squadra e di come speriamo potrà esserlo anche quest’anno.
Non ci aspettiamo sempre la doppia-doppia, ma aspettiamoci , lasciando concludere con le parole del pivot che forse ancor più appieno lo descrivono al meglio: “Perchè in fondo, non bisogna mai sottovalutare che su un campo da basket esistono la metà offensiva e soprattutto quella difensiva, ed è lì che dobbiamo fare la differenza. Lo scorso anno abbiamo dimostrato più volte che non vince sempre la squadra col migliore attacco, ma anche quella che sa avere la miglior difesa. Vogliamo quindi ripartire da questa convinzione e della volontà di sacrificarsi tutti per la maglia, per provare a costruire la nuova identità di questa Juvecaserta”. La versione 4.0, l’ennesima che potrà contare su Andrea Michelori.
Domenico Landolfo