Come promesso, ultimo NMTPG dell’anno.
L’NBA come suo solito a Natale si impegna parecchio per portare nelle nostre case il meglio della RS. Sfruttando la giornata di Natale, in cui tutti sono chiusi in casa per il freddo e per l’impossibilità di muoversi dopo quanto trangugiato poche ore prima, si tira a lucido e offre sempre 4-5 partite di cartello, per portare il verbo anche nelle case più restie. Aggiungici l’atmosfera natalizia, le sovrimpressioni con la neve, i cappellini rossi da Babbo Natale, le scarpe dei giocatori a tema (quest’anno segnaliamo le verdementa/rosso di LeBron e le impagabili Nike rosse di Durant, con tanto di alberelli e montagne in rilievo) e ottieni un piacevole divertimento per tutta la famiglia. Ecco, in teoria …
La ruera di Natale
Per quelli tra voi che non fossero poliglotti, dicesi “ruera” in milanese la spazzatura. I markettari dell’NBA, quando hanno attentamente selezionato i nomi delle squadre da coinvolgere nei matches del 25 dicembre avevano però aspettative un po’ diverse.
Partiamo (MALE!) con la cicloturistica di Chicago che, essendo priva della sua stella, nonchè punto di riferimento unico dell’attacco, Derrick Rose, asfalta senza alcun problema i Nets (si, sempre quelli che dovevano essere una contender già quest’anno). Lato Chicago, oltre al mai abbastanza rimpianto Rose, manca anche Deng, i titolari (sigh!) giocano quasi tutti meno di 30 minuti, e la stella della partita è (ri-sigh!) Taj Gibson. Quelli dell’Hudson fanno decisamente peggio, con Anderson in quintetto (vi risparmio il moltiplicarsi dei singhiozzi…) e i due vecchietti meraviglia (Pierce e Garnett) che in circa 18 minuti a testa combinano per un ammorbante 3 su 17 dal campo complessivo.
E va beh, sfortuna, andrà meglio con la seconda. Del resto abbiamo i Thunder contro i Knicks, quelli che di questi tempi 12 mesi fa dominavano la lega con l’attacco più fluido degli ultimi 10 anni…
123 a 94 per i Thunder, che almeno fanno vedere della bella roba. Peccato che dall’altra parte non abbiano trovato nessuna resistenza, tra Udrih in quintetto e Bargnani poco ispirato. Mattatori di serata per la big Apple sono Tim Hardaway (Jr, purtroppo!) e Stoudamire, che scollina oltre i 20 punti in garbage time (iniziato per altro già nel primo quarto).
Meno male che adesso arrivano gli Heat e i Lakers. Kobe contro LeBron, Beverley Hills contro South Beach. Solo di 6 punti la vittoria finale dei campioni in carica, con LeBron ormai conscio del suo ruolo di ambasciatore della lega, che cerca di far di tutto per dispensare belle giocate, dichiarazioni incoraggianti e lasciare gli avversari in partita fino alla fine, per tener desta un minimo di attenzione su questa serata sciagurata. Memorabile in particolare il passaggio di Wade in contropiede, alza dietro la testa in no look, la mette completamente fuori posizione, ma James con il suo braccio (sinistro, per altro) bionico la raccatta e la infila a canestro, mancando di pochissimo il cesto con la testa. A parte quello, e la doverosa ammirazione per quel freak di Nick Young, che da quando ha carta bianca riesce almeno a far divertire i suoi (!) tifosi, la partita non decolla proprio. Manca Kobe, Gasol è un separato in casa, i playmakers sono tutti rotti. All’ultimo minuto si ritira fuori dal bacino di carenaggio Farmar (yum, yum, da leccarsi i baffi) per non presentarsi proprio in mutande alla festa di Natale.
Peccato che a questo punto della serata la maggior parte del pubblico sia già occupata nella temutissima tombola di Natale, perchè quello che segue è decisamente di buon livello.
Il derby texano vede Houston prevalere su SanAntonio. Belinelli parte in quintetto il giorno di Natale, mentre Harden regala una prestazione da 28 punti, con tante giocate di livello negli ultimi minuti. Semplicemente la guardia più forte dell’NBA oggi.
Gran finale con le due più spettacolari squadre dell’ovest, Warriors contro Clippers. Serie di bei canestri, contropiedi, step back, alti punteggi, triple, e risultato deciso all’ultimo secondo. Ovviamente (?!) la partita viene chiusa da GS con una giocata difesinva (specialità della casa), quando Thompson stoppa il tentativo di pareggio di Paul. Peccato solo per la rissa fra Bogut e Griffin, non esattamente nel clima della festa.
Insomma, la macchina organizzativa è stata come al solito perfetta. I risultati un po’ meno, ma onestamente la colpa questa volta la si può dare solo alla sfortuna.
Please, stop it!
Restiamo in tema di serata di Natale, parlando del fatto che tutte le squadre coinvolte hanno giocato con la maglia con le maniche. Devo confessarvi che, colto da sconforto, qualche giorno fa ho deciso di dedicare 5 minuti del mio tempo a cercare su google se esistesse da qualche parte una petizione on line da firmare per chiedere l’abolizione di questo orrore. Per chi se lo chiedesse, purtroppo il risultato è stato negativo, non sono riuscito a trovare niente (ma se avete notizie in proposito, segnalate il link!), salvo un mare di blog e articoli di gente che si lamentava di quanto facciano schifo. Dopo il bianco-maglia della salute dei Warriors, e il terribile azzuro-pigiamino oviesse dei Clippers abbiamo avuto anche il grigio Spurs e soprattutto l’impensabile: Gasol ha deciso di unire alla magliettina bianca aderente una gomitiera lunga, sempre bianca, senza soluzione di continuità, così da farlo sembrare insieme ai capelli arruffati uno che si è appena alzato dal letto ed è venuto al palazzetto così come si trovava. Tra l’altro la magliettina aderente che fa tanto figo (e anche un po’ D&G) quando se la mette LeBron, diventa comica su giocatori dalla tartaruga meno scolpita (chessò, un Bogut), e probabilmente è pure piuttosto scomoda, per uno sport in cui le braccia sono sempre in movimento. Tanto che ad esempio Curry (uno che le braccia le muove spesso e piuttosto bene) ha optato per una maglia di 3 taglie più grandi, con un effetto estetico se possibile ancora peggiore. Ora, io capisco la necessità dell’adidas di vendere nuove magliette, e posso capire anche il desiderio di offrire un prodotto che copra le spalle perchè è più portabile dall’uomo della strada che non una canotta (ammesso che poi il paffuto uomo della strada si senta particolarmente figo con addosso quella specie di collant da braccia…), ma si può per questo buttare nel cesso l’aspetto estetico del gioco? Per favore, ridateci le canotte!
Ultimate Wade
Chiudo questo appuntamento parlando di qualcosa di un po’ più vicino al basket, giusto per ricordarci che in fondo questa rubrica nasceva per questo…
Come sapete sono un fan del 3 rossonero fin dai tempi del primo titolo a South Beach. All’epoca, Kobe permettendo, era la miglior guardia dell’NBA e in assoluto il giocatore più vincente e dominante. Questo non perchè singolarmente fosse più forte di Kobe, ma perchè univa la sua cattiveria alla capacità di giocare insieme ai compagni. Pur potendosi permettere di mettere i tiri per vincere in faccia a chiunque.
Poi la squadra si è sfaldata per raggiunti limiti di età, e lui si è eclissato passando da un infortunio all’altro. Con la formazione dei big three sembrava finalmente arrivato il momento della rinascita, e invece no. La squadra è chiaramente e saldamente in mano a LeBron. Il prodotto di Marquette ci regala alcune giocate/partite memorabili, soprattutto nei PO, sempre nei momenti chiave, ma nel complesso non convince. Sembra svogliato, rinunciatario, avulso dal contesto. Le furiose penetrazioni al ferro si fanno sempre più rare, il tiro da fuori migliora, lo prende più frequentemente, ma di certo non è lì che può fare la differenza. La difesa è ondivaga, e l’impressione è che in attacco si nasconda per non ricevere, e che comunque se riceve, cerca subito un compagno a cui darla via. Wade non è un All Star della comunicazione, e sul tema non si pronuncia. L’atteggiamento percepito dall’esterno è scostante e fastidioso, e quelle poche partite in cui sembra ancora lui, invece che tranquillizzare fanno arrabbiare di più. Perchè gioca così? Le (tentate) spiegazioni sono molte, da infortuni e guai fisici (non meglio identificati) a problemi personali (il duro divorzio con la moglie), fino a pensare a una desiderio di ripicca, di sperare che le cose in mano a James vadano a fondo, per poi togliere le castagne dal fuoco e far vedere che è ancora lui il giocatore decisivo degli Heat. Il tutto calato all’interno di un attacco completamente disfunzionale il primo anno, e solo in parte migliorato nel secondo.
La risposta, a qualche anno di distanza, si può dire che sia quella più banale, e si chiama età.
Complici uno stile di gioco molto usurante, fatto di salti, tuffi e tante botte prese, sempre da gente molto più grossa di lui, ed un ginocchio malandato, a causa di un’improvvida scelta fatta al college, quando lui e lo staff medico hanno optato per la rimozione del menisco danneggiato invece della sua ricostruzione, per poter tornare in campo prima, oggi semplicemente Wade non può più essere quel giocatore. Due settimane fa, nella partita contro Cleveland, Dwyane ha avuto un riposo di 3 giorni, e per oltre 30 minuti abbiamo rivisto il Flash dei tempi belli: ferro attaccato con continuità, rimbalzi ad altezze stratosferiche, arresto e tiro, post basso, semplicemente un giocatore dominante. Alla fine della partita si è allontanato dal campo con una bardatura sul ginocchio che lo rendeva simile ad un portiere dell’hockey. Gli Heat quest’anno in maniera più o meno dichiarata gli fanno saltare una partita su 5, con lo scopo di preservarlo. Wade non può più essere Flash ogni sera per 48 minuti, ma ha raggiunto una maturità e una conoscenza del suo corpo e della sua mente tali da potersi veramente accendere a comando, e dare il suo contributo solo quando è strettamente necessario. Piange il cuore a vederlo trattenersi, ma evidentemente è l’unico modo per poter essere ancora determinante quando conta.
Ironia della sorte, è diventato un giocatore che deve decidere in quali partite giocarsi il gettone: proprio come faceva Shaq, quando faceva la sua spalla 7 anni fa.
E con questo chiudiamo le trasmissioni per il 2013, auguri a tutti e … a presto (Mah!?)
Vae Victis