Viene spesso semplificato il concetto di “matrimonio perfetto” tra un giocatore e una squadra quando quest’ultima si chiama San Antonio Spurs. Non sempre è andata così, a dire il vero. D’accordo, gli Spurs sono un modello di organizzazione per l’intera NBA e i propri discepoli stanno cercando di evangelizzare altre franchigie, dove però, guarda caso, non è sempre possibile replicare i successi ottenuti dai texani negli ultimi 15 anni.
Marco Belinelli ha già visto la sua carriera NBA dal punto di vista di squadre assai diverse, per organizzazione – appunto – obiettivi e risultati. Non è lo stesso Beli, quello attuale, di quello entrato nella Lega qualche anno fa, e questo conta già di suo. Poi aggiungiamoci che non è matematico, come detto in apertura, ma la squadra conta, eccome. Alla corte di Pop di certo le aspettative per i giocatori ingaggiati sono altine, altrettante le possibilità di coronare un’intera carriera sfoggiando negli anni a venire uno o più anelli alle dita.
Manca quindi la vittoria finale per suggellare il matrimonio, ma se non dovesse arrivare – vuoi per meriti degli avversari, vuoi perchè gli Spurs non sono certo nel momento migliore, come carta d’identità dei propri protagonisti – sarebbe un fallimento?
Popovich è sempre il solito, nell’eccezione più positiva possibile: ne metti 32 (career high) e la prima dichiarazione pubblica del tuo coach suona come “Sì ma non difendi”. La vita non è sempre facile, parlando di basket chiaramente, a Spursello. Ma è anche il motivo per cui San Antonio vanta così tanti tentativi di imitazione. Che Belinelli fosse un attaccante, più che un tiratore puro, si sapeva dai tempi delle giovanili in maglia Virtus Bologna, e poi dalla carriera “pro” sull’altra sponda di Piazza Maggiore. Era inevitabile che fosse sugli altri aspetti del suo gioco che il nazionale azzurro avrebbe dovuto lavorare, e non poco.
Certamente l’esperienza con i Bulls di Coach Thibodeau ha forgiato in Marco per lo meno l’abitudine a dare del “tu” anche alla fase difensiva, come si direbbe nel calcio, partendo da quello che succede nella propria metà campo e poi pensando ad offendere. In attacco se Belinelli era fondamentalmente un giocatore capace di costruirsi un tiro dal palleggio, con Duncan&C. ha dovuto perfezionare le situazioni di catch&shoot. Gli Spurs allargano benissimo il campo e sanno dare da sempre un vantaggio consistente in termini di spazio/tempo ai propri tiratori appostati sul perimetro. Belinelli sta dimostrando con cifre mirabolanti di saper approfittare di queste situazioni: il 50% da dietro l’arco e un complessivo 51.7% dal campo sono lì a dimostrarlo.
Marco è partito ad oggi sia in quintetto che dalla panchina, ed in entrambi i casi ha saputo portare in dote quasi 11 punti a gara, un bel bottino se confermato alla fine della stagione. I punti li ha sempre saputi mettere a referto, allora l’altro lato della medaglia, la domanda più ovvia, potrebbe suonare come: e perchè allora le squadre precedenti non l’hanno trattenuto?
Al più che legittimo quesito si potrebbe rispondere con gli argomenti affrontati in precedenza. Il Beli non è chiaramente il giocatore che può spostare, da solo o da secondo/terzo violino, purtroppo l’ha dimostrato questa estate in Nazionale, se ce ne fosse stato bisogno, ma ha saputo (merito suo) diventare un solido giocatore di rotazione, da primi 6-7 anche in una squadra da titolo, e con ancora margini di miglioramento, non solo in difesa ma anche come passatore.
Può giocare anche da point-guard all’occorrenza perchè il trattamento di palla è più che discreto, e in un quintetto molto piccolo è in grado di riempire lo spot di ala piccola. Il fisico è cresciuto (come per Bargnani e Gallinari, e come gioco-forza dovrà accadere per Datome) e questo gli permette di reggere maggiormente i contatti che nelle aree NBA non sono uno scherzo.
Restano inalterate tutte le possibilità di allungare la stagione anche fino a Giugno, infortuni permettendo – che per ora hanno colpito maggiormente gli avversari della Western Conference ad essere sinceri – e sarà proprio in post-season che Belinelli dovrà dimostrare quanto nelle precedenti tappe non abbiano, a torto, creduto in lui a sufficienza. Altrimenti resterà l’attuale una bellissima stagione, da consegnare agli almanacchi per le statistiche individuali e non per il matrimonio perfetto che tutti auguriamo al ragazzo di San Giovanni in Persiceto.