Grande scalpore ha suscitato la notizia della rinuncia del Galatasaray a giocare gara 7 di finale del campionato turco contro gli eterni rivali del Fenerbache.
Caso unico o quasi, protesta più o meno lecita di una società e del suo numero uno, Unan Aysal che però è opportuno andare a conoscere meglio prima di giudicare.
Per farlo riprendo una analisi che feci qualche tempo fa sul fenomeno Galata e sulla figura del suo vulcanico quanto furbo mecenate.
Il Galatasary, letteralmente “Palazzo di Galata” che è un quartiere di Istanbul è una polisportiva fondata nel 1905 dallo studente Ali Sami Yen (si proprio quello da cui prende il nome lo stadio da dove si narrava che i tifosi meno abbienti entrassero dai tombini).
E’ da sempre considerato il club più “chic” tra i 5 della capitale, quello dell’aristocrazia tanto per capirci, in totale quindi contrapposizione al Fenerbahce che è invece il club del popolo.
Da che mondo è mondo ai ricchi, ai più nobili e potenti, piace primeggiare e sfido chiunque a tal proposito a contare quante volte, nello statuto del club, compaia la parola “vincere”.
In ambito locale di vittorie ne arrivano 15 che sono gli scudetti conquistati, ma nel 1990 cala il sipario, non si vince più e club e relativi tifosi incominciano a vivere l’epoca più buia della storia del Galatasaray.
Arriviamo finalmente alla svolta: è l’estate del 2011 e l’assemblea dei soci elegge per acclamazione alla presidenza tale Unan Aysal, uomo d’affari turco con interessi nel campo dell’energia, conosciuto nei meandri della borsa di Istanbul come “la volpe” (vi lascio immaginare il perchè).
Patrimonio personale di questo signore vicino agli 800 milioni di verdoni e unica missione quella di portare il Galatasaray ai vertici dello sport europeo, costi quel che costi perchè come scritto nel dna del club conta solo vincere.
Per fare ciò, recentemente, il signor Aysal ha firmato personalmente un assegnino da 150 milioni per ricapitalizzare la baracca ma soprattutto avviato una campagna di marketing senza precedenti in Turchia perchè sempre e comunque business is business e buttar soldi dalla finestra non piace neanche a lui.
Il suo fiuto per gli affari, la sua capacità di capire sempre e comunque come investire per poi avere un ritorno, ha portato il club ad avere adesso 5 sponsor (tra cui Nike e Nikon tanto per capirne la valenza economica) che ne coprono parte delle spese e supporti governativi fondamentali nella gestione degli impianti sportivi.
Credo che il risultato dell’equazione adesso sia ben chiaro, a questo signore non piace perdere, nè tantomeno farsi prendere in giro.
Il suo è un segnale forte e chiaro,un attacco pubblico ai presunti prepotenti e non certo una battaglia contro i mulini a vento, al di là del risultato sportivo, o meglio del mancato risultato sportivo che farà storcere la bocca a tanti.
Alessio Teresi