Notre Dame.
Se a leggere queste due parole vi viene in mente un certo “Gobbo” o una qualche cattedrale allora avete sbagliato pagina ma nel dubbio io vi consiglio di rimanerci! Chiaramente un termine francese che tradotto in inglese con “Our Lady” si riferisce, ovviamente, alla Madonna, la patronessa della scuola.
Questa Università cattolica dell’Indiana, i cui membri sono conosciuti anche come ”Fighting Irish”,
fanno parte della ACC (Atlantic Coast Conference) in Division I (entrati nella Conference a luglio del 2013, prima erano in Big East), assieme a squadroni come Duke e North Carolina e UCLA (tra l’altro ben 9 giocatori scelti quest’ anno in NBA provenivano da questa Conference).
Giocano al Edmund P. Joyce Center, spesso chiamato Joyce Center, che ospita anche la pallavolo, con 9.149 posti a sedere. Come nella maggior parte degli atenei c’è sempre una rivalità particolare con qualche altro college, in questo caso con UCLA (University of California, Los Angeles), che riassumo con una frase:
“Explaining to people what UCLA-Notre Dame was isn’t easy. Maybe you had to have come of age between 1970 and 1980” perché vi chiederete? Notre Dame riuscì a stoppare la serie di 88 vittorie consecutive di UCLA con la vittoria 71-70 il 19 gennaio 1974 dopo essere stata sotto 70-59 con meno di 4 minuti sul cronometro, incredibile, e pensare che questa striscia di vittorie era cominciata proprio dopo la sconfitta con Notre Dame 3 anni prima (il 23 gennaio 71’), coincidenze? Fate voi..
Molto rumore quest’ estate ha destato il nuovo sponsor dell’Università: negli anni precedenti aveva un contratto con Adidas (ultimo contratto scaduto a giugno 2014, 10 anni per 60 milioni), con la quale dal ’97 venivano fornite le scarpe e dal 2001 anche l’abbigliamento, mentre adesso Under Armour ha offerto per 10 anni ben 90 milioni di dollari (i ben informati dicono questo ma in realtà non è stato resa pubblica la cifra). Per farvi capire le cifre pensate ad una Università come Michigan (di cui si parla qui: https://all-around.net/2014/08/27/um-or-msu/), che per 10 anni riceve 82 milioni dall’Adidas e l’accordo è stato definito dall’ “athletic director” di Notre Dame Jack Swarbrick “the largest financial commitment ever made by a brand to a university”.
L’affare per ND può valere anche di più perché permette alla scuola di possedere anche delle quote finanziarie e tra l’altro questa partnership pare che si possa sviluppare anche verso altre aree come “sport technology, product development and athlete performance.”
Di che cosa si tratta? Lo scorso novembre Under Armour ha acquisito MapMyFitness, una compagnia digitale di fitness che offre una varietà di apps ed in futuro potrebbe permettere all’università in questione di studiare i propri atleti, osservare dove potenziarli di più o come prevenire dagli infortuni, magari non potrà essere efficiente al 100% però è un metodo innovativo e questo connubio non può che favorire questo sviluppo.
Ora torniamo al “basket giocato“, in particolare alla partita del 12 agosto tra ND e The Big All Star, match sempre inerente al “College Basketball Tour” di cui ho già accennato nell’articolo precedente e che ogni anno dà la possibilità agli appassionati di basket e di NCAA di vedere da vicino diverse squadre di college americane, sia femminili che maschili, ed è veramente un’occasione unica. Ricordo che è permesso dalla NCAA ad ogni squadra di fare questi tour una volta ogni 4 anni, quindi il prossimo anno non potranno esserci Michigan e Notre Dame ed è un’occasione anche per i team perché hanno l’opportunità di fare gruppo e cominciare in anticipo la preparazione.
La partita si è conclusa con una larga vittoria da parte di Notre Dame (95-58) in cui mi ha impressionato fisicamente Z. Auguste che ha letteralmente dominato a rimbalzo, seppur sbagliando qualche canestro di troppo da sotto e che ormai al terzo anno (Junior) è chiamato a dare maggiore apporto alla squadra e oltre a lui mi è piaciuto il freshman Geben che con i suoi 206 cm ha mostrato diversi movimenti in post risultando il più delle volte efficace. Piccola curiosità legata alle situazioni di gioco di ND che per chiamare un blocco, alzavano la mano facendo schioccare le dita, e prontamente arrivava il pivot a portare il blocco. Hanno dato un buon supporto anche i due sophomore Vasturia e Torres, soprattutto il primo che oltre ad essere un gran tiratore, è un giocatore completo dato che anche in difesa è produttivo ed è il tipo di giocatore che si adatta molto bene al gioco di Mike Brey, coach arrivato alla guida degli Irish nel 2000 che è riuscito a portare la squadra al torneo NCAA al secondo anno e poi per 9 volte in 13 anni dopo che Notre Dame mancava dal tabellone principale dal ’90. Menzione particolare per le due stelle di questa squadra, tutte e 2 all’ ultimo anno: Jerian Grant e Pat Connaughton.
Il primo viene da un anno abbastanza deludente perché a Dicembre dello scorso fu sospeso (la squadra era 8-4 e lui viaggiava a 19 p.ti di media) a causa dei voti scolastici troppo scadenti e i Fighting Irish dopo aver perso il loro miglior realizzatore diedero vita ad una serie da 7-13 e non arrivarono al torneo NCAA. È stato riammesso alla fine di maggio e adesso è pronto a trascinare Notre Dame assieme a Connaughton, che è un atleta bivalente e ora vi spiego perché:
quest’anno è stato scelto al quarto giro dai Baltimore Orioles in MLB (Major League Baseball), coach Brey aveva già predetto la chiamata degli Orioles (https://m.youtube.com/watch?list=UUAMR05qSc5mfhVx20fDyAoQ&v=zqthVEYjJk4 Pat scopre di essere stato scelto e ascoltate la chiamata a Coach Brey), nel frattempo è stato “parcheggiato” nella loro squadra di Minor League permettendogli di fare l’ultimo anno a Notre Dame dove l’ anno scorso, da capitano, ha chiuso a 13.8 p.ti di media ed è stato uno dei più positivi (guardate sotto).
In ogni caso Pat lascia aperte anche le porte dell’ NBA lasciando comunque ogni decisione per la fine dell’anno.
Notre Dame annovera nel suo passato, anche recente, qualche giocatore che è salito in NBA: tra i più celebri sicuramente Bill Laimbeer (1981), uno dei massimi esponenti del “lavoro sporco” o più recentemente Matt Carroll (2004), Luke Zeller (2013) e Ben Hansbrough (2013).
In conclusione vi lascio il simpatico video con la “Gold Box” ricevuta da coach Brey da parte di Under Armour (https://www.youtube.com/watch?v=51TTsXEJa1E) : 1 cappello, 2 magliette, una polo, maglietta tecnica maniche lunghe, maglia della felpa (pazzesco come possa contenere tutte quelle cose) quindi ora Coach, non solo UA ma anche noi vogliamo anche vedere una gran bella stagione!!
Marco Luigi Policastri