La Dinamo Banco di Sardegna ha fatto il bis, conquistando per il secondo anno consecutivo la Coppa Italia. All’indomani dell’importante successo in terra lombarda, il presidente della compagine sassarese, Stefano Sardara, è intervenuto a “SI Basket”, la trasmissione condotta da Matteo Gandini su Sportitalia. Ecco le sue considerazioni:
Presidente, il coach Sacchetti ha detto: “Bella questa vittoria, ma la prima è un po’ più bella perchè è la prima”. Che differenze ci sono rispetto all’anno scorso?
“Per me la bellezza è uguale, nel senso che non trovo una più bella dell’altra. Di questa seconda, quello che più mi è rimasto, è la consapevolezza che essendo appunto la seconda, rappresenta uno step in più di solidità e di continuità, mentre la prima, essendo la prima, era e poteva essere semplicemente un momento, una fiammata. Invece questa, per certi versi, mi dà più gusto”.
Credevate alla possibilità di battere Milano, che avevate già battuto quest’anno sulla partita secca, oppure anche voi, un po’ come tutti, pensavate che il pronostico fosse nettamente dalla loro parte?
“Il pronostico era sicuramente dalla loro parte, questo lo sapevamo e ne eravamo consapevoli. Che però pensassimo di potercela fare, sì, assolutamente. Abbiamo preparate le maglie (celebrative, ndr) per quello”.
Che cosa vi rende così adatti alle competizioni con partita secca?
“Secondo me ci sono due elementi differenti: uno è il fatto che comunque la nostra squadra ha molto nel carattere, nell’anima, nel modo di essere, è quello che anima la società, la squadra e i tifosi, quindi sicuramente nel momento in cui c’è da mettere un po’ di turbo, forse lo abbiamo nel dna; l’altro è che rispetto al campionato, puoi – tra virgolette – mascherare meglio un roster meno lungo, meno atletico, cosa che ha sicuramente in più Milano e che in certe gare mascheri con più difficoltà”.
Venivate da una metà stagione forse non soddisfacente al 100%, lei aveva anche discusso più volte sui social network con i tifosi che avevano un pochino contestato per alcune prestazioni. Ieri Lawal diceva ai nostri microfoni: “Io non dedico la vittoria tutti i tifosi, ma a quelli che ci hanno seguito fin dall’inizio”. Lei come vede questa vittoria e il rapporto con i tifosi in questa prima parte della stagione?
“No, io l’ho detto, l’ho dedicata a tutti i tifosi, non faccio alcuna distinzione e credo che sia utopistico immaginare di piacere sempre a tutti costantemente. Capisco i nostri tifosi, nel senso che arrivavano da un periodo di assoluta tranquillità nella relazione con i giocatori, perchè avevano da tanti gli stessi, tra questi anche gli americani, che erano ormai diventati più italiani che americani. Quindi è chiaro che quando tu resetti così tanto e porti tante facce nuove, prima di entrarci in sintonia ci vuole del tempo. Credo che i tifosi facciano bene a fare i tifosi, devono sicuramente avere più pazienza, ma se l’avessero non sarebbero tifosi. Ognuno deve fare il suo mestiere, noi siamo sereni, eravamo sereni prima, continuiamo ad esserlo adesso. Poi non è che nel costruire una squadra, l’equazione ‘prendi giocatori che immagini, uguale vinci, uguale fai comunque bene’. A volte ci si riesce e a volte no. Arriverà anche l’anno che non ci riusciremo e non per questo metteremo in discussione il nostro progetto”.
Sappiamo che comunque è ancora prestissimo, ma la prossima estate sarà molto difficile trattenere i vari Dyson e Logan. Voi volete continuare così con questa squadra o cambierete qualcosa in estate?
“Il nostro obiettivo è sempre quello di costruire una squadra in continuità, quindi è del tutto evidente che se riusciremo a trattenere alcuni dei nostri giocatori ne saremo solo strafelici. Però ci sono vincoli economici, per cui saremo obbligati, là dove il mercato non ci consenta di poterlo fare, a virare su altri giocatori e ripartire. Anche perchè noi siamo in quella fascia di squadre che ha un po’ come obiettivo anche quello di valorizzare i giocatori, perchè noi non potremmo mai, almeno in questa fase della nostra storia, permetterci di comprare giocatori già pronti per il top dell’Europa e dovremo puntare su elementi che ambiscono a diventarlo. e aiutarli a diventarlo. Io ho sempre davanti ai miei occhi esempi di giocatori come Caleb Green, che dopo la stagione con noi è potuto andare su altri lidi, lo stesso Othello Hunter, Drake Diener, abbiamo avuto tanti giocatori così, grazie alla tipologia del gioco di Meo che esalta le caratteristiche dei singoli. E soprattutto credo grazie anche ad un ambiente che non mettendo pressione consente di fare serenamente il proprio mestiere. E la nostra ambizione è appunto quella di riuscire a trovare giocatori da valorizzare e nel frattempo fare degli step avanti anche noi”.
Lei saprebbe quantificare il valore aggiunto di avere a capo del proprio staff tecnico una persona come Meo Sacchetti? Non tanto dal punto di vista tecnico, ma per ciò che riesce a trasferire ai giocatori a livello umano…
“In realtà credo che Meo abbia una serie di caratteristiche umane che non scopriamo oggi e che noi conosciamo e conoscevamo da tempo. Credo che però l’insieme della squadra sia l’arma vincente, perchè accanto a Meo ci sono degli assistenti di altissimo livello, che si completano. C’è un general manager come Federico Pasquini che s’intende alla perfezione con Meo e assieme hanno costruito la squadra che oggi stiamo elogiando. E credo che l’ambiente lo aiuti ulteriormente. Quindi Meo è l’allenatore ideale per un progetto in una squadra, in una terra come quella sarda”.