Dopo aver visto i primi tre quarti di finale della Coppa Italia 2016, ed un bel po’ di partite della serie A1 e tutte quelle dell’Acea Roma mi sono deciso a chiedere questo spazio al direttore di All-Around, Fabrizio Noto.
Perché la mia presunzione di essere un conoscitore della pallacanestro mi ha portato a superare il limite di sopportazione di quello che sto vedendo specie quest’anno e quindi vorrei parlarne, condividerlo. A costo di prendere insulti e quant’altro…
Prima considerazione: ci sono troppi stranieri scarsi. E’ chiaro che le cervellotiche formule della composizione delle squadre fanno illudere presidenti e dirigenti – ed in qualche caso qualche allenatore – che più nomi strani si mettono in squadra e più la stessa potrebbe sembrare forte. Ma è un imbroglio, una farsa.
Prendiamo l’ultima azione del quarto di finale tra Sassari e Cremona, con i sardi avanti di 3 e Cremona che ha palla in mano ad una manciata di secondi. Tony Mitchell, non meglio precisato americano della Dinamo, dopo aver già fatto di tutto perché la sua squadra – avanti di dieci a quasi 4 minuti dal termine – venisse risucchiata dai ragazzi di Pancotto, si è disinteressato completamente dell’azione di Nicolò Cazzolato, playmaker di Cremona che sorpreso di tanta libertà ha fatto il campo in lungo, si è arrestato oltre la linea dei sei metri e 75 ed ha fatto canestro mandando la partita ai supplementari, che Cremona ha poi vinto.
Se un allenatore bravo ed esperto come Marco Calvani non può fidarsi di un americano di 26 anni per un’azione che è da ABC della pallacanestro che altro può fare? Anche questo deve dirgli? E come lui tanti allenatori italiani che vedo impegnati a parlare con degli stranieri che sono davvero impresentabili.
Allora la mia domanda banalissima e forse ingenua è: perché non lasciare che quell’errore lo faccia un giovane italiano? La lingua che si parla è molto efficace anche se serve una bella “spazzolata” al giocatore di turno, ma si cresce qualcosa di importante.
Anni fa, in una afosa estate andai con Gigi Satolli a Vogna di Valle a vedere un collegiale tra Italia e Francia Under 16. Dopo qualche anno quasi tutti quei ragazzini francesi li ho ritrovati nella nazionale transalpina ed alcuni nell’NBA. Non voglio fare l’esterofilo tutt’altro, ma impariamo a copiare dagli altri quando le cose son fatte bene? A che serve far giocare questa miriade di signor nessuno del basket che prendono anche tanti soldi e non fanno fare neanche un saltino in avanti ai nostri ed al nostro campionato.
E poi basta col chiamare giovani quelli di venti e ventun anni: se sono capaci sono giocatori di pallacanestro con maggiore o minore esperienza. E se sono capaci facciamoli giocare. Il famoso draw dell’NBA di cui tutti si riempiono la bocca cos’è se non la scelta da parte delle franchigie dei migliori 18enni? Ad alcuni di loro un anno o due dopo quella magica notte, viene addirittura affidata la squadra in termini di gioco se sono bravi. Nella ex Jugoslavia non ne parliamo nemmeno: Predrag Stojakovic aveva 16 anni quando lo vidi giocare titolare nel Paok Salonicco nell’allora Euroclub, nell’hangar di Pesaro contro la Scavolini. Bodiroga, Danolivic, Radjia, Kukoc, ecc.ecc…..
Insomma è il momento che il nostro sport faccia piazza pulita di molte storture che lo affliggono da anni, di molti regolamenti che ne impediscono la crescita invece di motivarla ed incrementarla, di molti luoghi comuni che non esistono più da anni in altri paesi che sono cresciuti senza che noi facessimo alcunchè per stare al passo. Via gli stranieri “pippe” come si dice a Roma, dentro i ragazzi italiani, tanto quelli già pronti quanto quelli che devono diventarlo giocando.
Torniamo alle rose con tre americani o extracomunitari, due comunitari e sette italiani, facciamo come in Spagna dove un under 21 spagnolo deve stare in campo op in Russia dove di giocatori autoctoni sul parquet ce ne devono essere due.
Sento già l’obiezione: non abbiamo i numeri di Spagna e Russia. Vero quindi riduciamo le squadre di serie A e della serie A2 e concentriamo il meglio del meglio in 14 squadre nella serie che gioca per lo scudetto ed in 24 (12 per girone) nella seconda serie. Sono pronto a scommettere che vedremmo crescere giovani talenti italiani e che gli stranieri messi in campo sarebbero davvero di buona qualità.
Eduardo Lubrano