E adesso? Come si fa a spiegare al popolo dei 250.000 tesserati più tutte le persone che ovviamente gli vivono attorno, sponsor compresi, che la missione Nazionale Azzurra a Rio 2016 è fallita miseramente? Che tutto il lavorìo politico di questa gestione Petrucci-bis fondata anche sullo sposare completamente la linea FIBA-anti Euroleague si è rivelata sbagliata? Come lo puoi spiegare a questo popolo così bello e gioioso da far luccicare gli occhi quello di sabato 9 luglio al PalaAlpitour di Torino per chi, come chi vi scrive, ha sempre sentito l’Azzurro-Nazionale come la seconda pelle cucita addosso?
Una mortificazione che va oltre la normale sconfitta sportiva.
Non date retta a chi cerca di spiegare adesso, correndo goffamente in aiuto all’ennesimo ceffone preso in pieno viso dal movimento che “..In fondo la competizione è questa, si vince e si perde”.
Indiscutibilmente vero. Lo sport è vittoria e sconfitta. Ma se per cercare di vincere a tutti i costi si commette, più o meno consapevolmente, una serie di leggerezze imbarazzanti e se capita di perdere osservando da lontano i tanti vizi e le poche virtù che questa spedizione per Rio 2016 ha fatto vedere…No, non si può restare indifferenti.
Perché questa volta restare indifferenti significa essere complici di un sistema che non va e molti ne siamo ahimè consapevoli.
Intendiamoci, qualcosa di buono si è visto in questo mese. Innanzitutto lo sforzo profuso dalla comunicazione della Fip, finalmente degna di un movimento sportivo così glorioso ed antico come la pallacanestro italiana: comunicati precisi e puntuali, grosso lavoro sui socials e sul web, naturale sfogo di questi sport di fatto ignorato o quasi dalla Tv di stato, messa finalmente da parte dando spazio a Sky Sport che ha servito, come sempre, un piatto da Master Chef. Si rassegnino le vedove di RaiSport, il basket come lo fa vivere Sky è veramente un’altra cosa!
Semmai, e qui arriviamo alle prime note dolenti della gestione politica della Fip, sarebbe stato opportuno, se non doveroso, imporre al colosso satellitare di trasmettere le gare dell’Italia anche in chiaro e sul canale 126 del digitale terrestre “Cielo” (altra anomalia tutta italica, purtroppo), tanto per intenderci, proprio per aumentare lo share e la popolarità del basket tricolore e per moltiplicare in termini di audience questo trampolino di lancio nel modo migliore possibile. Invece il solito livello di scarsa sensibilità da parte di chi decide in Via Vitorchiano, quasi sempre a rimarcare che la pallacanestro italiana ed azzurra in genere sia “roba loro”.
Eppoi la dedizione dei ragazzi in maglia Azzurra. Encomiabile. Commuovente. Totale. Applausi per tutti loro senza distinzione alcuna anche se qualcuno ha fatto storcere il naso alla fine come quando accade dopo una sconfitta, per larghi tratti anche inattesa viste le premesse e gara 1 vs la Croazia. Loro meritano solo complimenti per quanto ci han creduto e lottato sebbene ci si dimentichi che gare così delicate, per molti di loro, sono state quasi uniche nella loro carriera agonistica, fattore da non dimenticare.
Ma atteniamoci all’esito di questo dolorosissimo Pre Olimpico.
Le cause della sconfitta sono molteplici e partono da lontano. Queste ultime le conosciamo bene: tasse federali esose; cambiamenti regolamentari dei campionati anno dopo anno; regole a volte semi-incomprensibili; assoluta incuranza del problema impianti per poter sviluppare in verticale il movimento che soffre di nanismo di prospettiva e diverse altre.
Ma la sconfitta di Torino ne ha evidenziate di fresche e recenti, connesse al modo di gestire appunto il movimento in un modo a dir poco feudale.
La prima causa è scegliere un allenatore come Ettore Messina dando il benservito a Simone Pianigiani nel modo più brutale e sgradevole che ci possa essere. Sia chiaro: nessuno contesta il modo di lavorare di Big Ettore, anzi. I suoi meriti sul campo e le stelle sulla sua giacca non sono in discussione bensì, come spesso capita, quando ti rivolgi ad una persona impalmandola quasi in virtù di un potere divino superiore alla norma, è logico che essa prenderà pieno possesso del ponte di comando stile Comandante Kirk sulla navicella Enterprise di Star Trek e ne detterà le sue regole inderogabili.
E prendere un coach come lui significa votarsi al 100% al suo credo, anche fuori dal campo. Purtroppo però nella vita, come nel lavoro, le cose buone e positive si costruiscono quando esiste equilibrio. In questo caso Big Ettore ha avuto tutti i suoi desideri esauditi senza che nessuno all’interno della Fip osasse minimamente opporsi, tipico di una struttura dove la cultura del lavoro nelle alte sfere sono ancora ferme agli anni ’70. Un vecchio spot pubblicitario di quegli anni recitava: “Gigante, pensaci tu!”. Il Buon Ettore non si è certamente tirato indietro ma la sconfitta è arrivata lo stesso.
Pertanto il primo effetto errato e clamoroso del lavoro di Messina è stato quello di isolare il roster nei giorni precedenti all’Evento da tutto e da tutti.
Mi si dirà: ma lo ha fatto per aumentare il livello di concentrazione della truppa. Ok, ma questa forma di clausura monastica non avrebbe dovuto superare la prima settimana, avendo a sé 4/5 del roster definitivo: si dettano le regole d’ingaggio e si procede a mano a mano con gli altri che arrivano nel trasmetterle. Invece no, passata la prima settimana si è proseguito in questa chiusura al mondo esterno e dopo è stato troppo pesante da sopportare anche perché è stato come un voler trasmettere a tutta la squadra che implicitamente la loro capacità di dedizione, e d’intensità alla causa, fosse sempre stata modesta in passato: non il massimo per l’ego strabordante di qualche stella azzurra. Comunque ben accettata da queste ultime, sembrerebbe, almeno in superficie. Siamo sicuri che tutti abbiano accettato con entusiasmo tutto quanto?
Ma come sempre accade, ad ogni azione compiuta anche se in perfetta buona fede, ne corrisponde una eguale e/o contraria: così facendo si è gratuitamente generato un notevole livello di pressione su tutta la squadra. Il clima attorno alla squadra era stato “preparato” da tempo. Ad esempio, nessuna possibilità di poter nemmeno vedere gli allenamenti di Andrea Bargnani a Roma, prima del ritiro in Trentino, quando l’ex-Nets doveva riprendere confidenza con campo e palestra dopo lo stop per problemi fisici, con annessa l’impossibilità di avere un contatto con lui e con chi lo allenasse in quei giorni in palestra.
Clima da “Top Secret” a tutti gli effetti.
A questo punto la cappa calata addosso al resto del team da Folgaria era una logica conseguenza: nessuno che potesse presenziare agli allenamenti, neanche le mosche, ed impossibilità di contattare i giocatori come in passato, magari fosse solo durante una pausa della seduta.
Tutto ciò ha trasmesso ai giocatori ed a chi per loro che sbagliare sarebbe stato deleterio, non certo una scampagnata in allegria insomma, per questo adesso fanno sorridere (a dir poco), le lezioni di sportività a causa persa. Ottime poi le puntuali interviste a fine seduta con la stampa ma allenarsi sempre e solo nel totale silenzio dell’impianto come può essere stato vissuto da giocatori che mai si son trovati in queste situazioni? Si preparano così le gare delicate nei Top teams europei od in NBA? Forse sì, forse no.
Comunque nelle gare di preparazione a Trento, a Bologna ed infine a Biella il dettaglio non si è notato molto (eccezion fatta della gara persa vs il Canada), ma a Torino si è visto eccome! Come spiegare infatti altrimenti le pessime percentuali al tiro durante le 4 gare piemontesi e quelle discrete nei tornei di preparazione da parte di un team dotato di grosso talento offensivo? Hai voglia poi a dire, vero Danilo, che la pressione la devi “abbracciare” a questi livelli sennò cambi mestiere. I fatti, anzi, le percentuali da mano tremula da fuori di tutta la squadra durante il Torneo hanno dimostrato esattamente il contrario caro Gallo ed i palloni nuovi non c’entravano nulla. E se lo dichiari a mezzo stampa con la solita chiarezza che ti contraddistingue, si vede che la “respiri” anche tu. Assolutamente logica ed umana la tua reazione Danilo.
E vogliamo discutere poi, da sempre, dell’eccessiva importanza data alle superstar di questa squadra? Nessuno mette in dubbio il valore degli NBA in maglia Azzurra ma se anche uno come Danilo Gallinari ad esempio, ragazzo intelligente e maturo forse anche aldilà della sua giovane età oltre che fantastico giocatore, si permette di dire appunto che il suo tiro da fuori non va a causa dei palloni nuovi significa che qualcosa non va!?!? Chissà perché Kruno Simon, specie sabato sera, non si sia mai accorto che i palloni fossero nuovi..
Troppa pressione gratuita dunque, ma mai nessun altro “potere” a controbilanciare, a rilassare l’ambiente: ecco la manifesta prova dell’inadeguatezza della gestione di questa Fip a questo Pre Olimpico.
Rileggiamo poi le furbissime dichiarazioni del coach croato Asa Petrovic nel post Gara 1 vs la Croazia e comprendiamo, nel silenzio assordante di un’eventuale risposta by Fip che doveva arrivare e che invece non è minimamente giunta, che nel clan azzurro ci fosse anche un eccesso di confidenza nel sentirsi già a Rio 2016, forse anche per volere divino.
E, se proprio volessimo dirla tutta, come giudicare i fischi dell’arbitro sloveno Boltauzer contro il Gallo, nello specifico i primi due falli e soprattutto l’ultimo che ha escluso dal match il leader italiano nella sua fase cruciale? Chi vi scrive non ha mai, mai e poi mai pensato che i grigi possano cambiare o mutare l’esito di una gara ma accettare la designazione di un arbitro sloveno, sapendo che la Serbia si trovasse ad un passo da Rio 2016, non è stata un’autentica dichiarazione di goffa superiorità? Perché allora non accettare o ricusare questa designazione pensando che qualificandosi Serbia più Croazia probabilmente da domani la Lega Adriatica avrebbe un maggior appeal internazionale, dove giocano appunto anche squadre slovene? E non venite a dirci che gli ex-plavi si odiano, cosa assolutamente vera se si parla di serbi e croati ma certamente falsa se si parla invece di sloveni e croati (i primi a dichiararsi stati indipendenti dal giogo politico di Belgrado negli anni ’80).
Ma senza ergerci a paladini della geo-politica baskettara, resta comunque una doccia non fredda bensì artica quella di sabato 9 luglio al PalaAlpitour dalla quale chi comanda e dirige dovrebbe prendere atto. Serenamente.
Perciò sarebbe proprio ora di dire basta con “O cumannà è meglio che fottere!”. O qualcuno desidera ancora vedere la nostra pallacanestro così malridotta sia a livello di club (stendiamo un pietoso velo sulle dichiarazioni di Petrucci nel post-gara di sabato sera sull’importanza del poter competere a certi livelli nelle coppe europee), che di Nazionale, attualmente al 35° posto del ranking mondiale??
E glissiamo sulla decisione di non far seguire le Nazionali giovanili, maschili e femminili, da nessun addetto stampa in loco, cosa mai avvenuta in passato: tutto concentrato su Torino, sic et sempliciter!
Se veramente si vuole il bene della pallacanestro italiana si diano, ad esempio, 2 milioni di Euro non alla FIBA per organizzare questo Pre Olimpico (ma non si erano disertati i Mondiali di Spagna 2 anni fa scandalizzandosi del dover pagare la wild card come fece invece la Finlandia, rinunciando comunque ad una manifestazione durante la quale acquisire perlomeno esperienza?), bensì ad un manager ed ad un suo staff che lavorino seriamente sulle macerie di questo “mondo a parte”, nel quale tutti coltivano i propri interessi, in cui la Fip e Lega A si fanno la guerra in allegria ma senza farsi vedere più di tanto; in cui LNP e mondo giovanile dialogano pochino nonostante il regolamento della stessa LNP dovrebbe teoricamente aiutare e far crescere i giovani italiani ed in cui il settore femminile in toto sembra la presenza scozzese in terra inglese alla Braveheart!!
Ed investendo realmente e veramente sui giovani, credendoci poi nel farli giocare in prima squadra e non solo trattarli come “Panda” ai fini regolamentari. Disputare ad esempio allora un campionato U18 vero, reale, a livello nazionale sin da subito e non solo nelle fasi finali per accrescere il livello di competitività negli stessi tornei. Obbligare i tecnici a non fossilizzarsi sul risultato ma a lavorare sulla tecnica dei ragazzi e soprattutto sulle loro teste.
Semplice? No, ma almeno provarci. Questa dirigenza Fip ha fatto il suo tempo. E di solito chi crea il problema in ogni organizzazione sociale/aziendale difficilmente è in grado di risolverlo.
Così è, se vi pare.
Fabrizio Noto/FRED
@FaberNoto