Chi dice donna dice danno. E chi dice Graziella Bragaglio? Dice Vittoria con la “V” maiuscola. Carattere determinato e deciso ma al tempo stesso molto femminile incastrato in una mentalità da combattente vera, senza mai abbassare la guardia, dura a morire ma che soprattutto dimostra con le proprie azioni che non esistono difficoltà bensì percorsi da seguire con la consapevolezza che si troveranno ostacoli ma senza mai, mai arrendersi.
Una donna che comanda poi è sempre quasi una sorta di pregiata camelia bianca in Italia ed in Europa dove le poltrone decisionali sono spesso appannaggio dei maschietti, un po’ meno nel mondo anglosassone se non quasi non più negli Stati Uniti. E se poi a questa donna che comanda viene anche riconosciuto un Premio come il “Gabriele Fioretti” come miglior dirigente per il suo operato nella scorsa stagione in A2, allora c’è poco da commentare bensì tanto, tanto da ascoltare per apprezzarne il valore del suo successo, vero Presidente Bragaglio?
“Ah questo non lo so proprio – ride di gusto, ndr – posso solo dirle che da brava donna bresciana non mi sono mai spaventata del dovermi tirare su le maniche e lavorare per ottenere qualcosa!”
Come nasce la figura di Graziella Bragaglio Presidente del Basket Brescia Leonessa?
“Molto semplice – risponde con tono allegro e contento, ndr – perché ho sposato un uomo, al secolo Matteo Bonetti, che ha nel DNA la passione per il basket. Personalmente non faccio fatica ad ammettere che sono una donna che non pratica molta attività sportiva, quindi per me vivere lo sport in questo senso è stata ed è una bellissima esperienza. Eppoi in me la parte razionale prevale, diciamo il lato prettamente solido e razionale ha avuto la meglio. Aggiunga poi che sono costruttiva e molto organizzata ed eccomi qui a fare questa straordinaria esperienza.”
Ci racconti un po’ come nasce questa irresistibile scalata dalle giovanili alla Lega A..
“Molto semplice a dirsi. Il progetto Basket Brescia Leonessa nasce dall’amore di mio marito, dalla sua grande passione ma anche dal nostro lavoro, lucido e manageriale, che ci ha portato a questo punto. Siamo partiti nel 2006 con una squadra giovanile che mio marito, cremonese e quindi…Mi passi la parola “esterno” alla realtà bresciana, aveva portato dalla sua città. Abbiamo cercato di agire mettendo insieme passione, sentimento, ingegno e lucidità, non abbiamo mai acquistato alcun titolo per scalare campionati, il titolo è della nostra famiglia da sempre. Abbiamo perciò sempre e solo vinto anno dopo anno, abbiamo deciso poi che vivendo a Brescia ed essendo io bresciana, era meglio per sviluppare il nostro progetto di crescita, che fosse la sottoscritta a prendere il timone perché sapevo come muovermi nel mio ambiente.”
A sentir Lei tutto quindi rose e fiori, mai avuto difficoltà in questi anni?
“..Le prime difficoltà…Mi ritengo una persona fortunata, non credo di averle avute. Quando inizio qualcosa vedo sempre opportunità e le chances di come posso arrivare sino in fondo. E sono fiera ed orgogliosa di aver riportato Brescia nel basket di vertice dopo 28 anni di vuoto, pensi che erano 19 dalla ultima Serie B…Non le nego che c’erano sicuramente dei timori…Come risponderà il pubblico? E gli sponsor? Come reagiranno alla nostra richiesta di essere nostri partners? Ma direi che c’erano dei timori non paura, altrimenti non saremmo neanche partiti.”
Nessun timore neanche allorquando è entrata in un mondo prettamente maschile? Forse ci sarebbe bisogno di una maggiore presenza al femminile in questa parte di mondo nello sport.
“Difficile da dire, a mio parere in Italia e prevalentemente in Europa i posti dirigenziali sono appannaggio del mondo maschile perché lo sport è un gioco, di primo impatto nella nostra società più adatto agli uomini e meno per le donne, impegnate in altre attività. Poi ti metti al lavoro e scopri che le classificazioni nonché le differenze tra uomo e donne cadono. Per esempio svolgere il ruolo di Presidente in Lega per 18 mesi è stata duro perché sono un tipo pragmatico e mi sono scontrato con i miei colleghi uomini più lenti nel decidere, per me donna è stato difficile. Fare il Presidente donna e confrontarmi con un mondo maschile non è stato affatto facile. Eppure sono stati 18 mesi importanti per la Lega nata sulle ceneri di quella passata, è stata data un’impronta decisa, in linea con il carattere di persona leale e sincera. Per quanto riguarda il Basket Brescia, la società è all’85% di mia proprietà, non ci sono trucchi o scatole cinesi nel C.d’A., è stata una scelta che rifarei anche oggi in quanto bresciana.”
Quanto le ha fatto piacere ricevere il Premio “Gabriele Fioretti”?
“Molto ma molto piacere, il Premio Fioretti mi da un grande orgoglio perché Gabriele era un dirigente validissimo, preparato, una persona seria che credeva nel suo lavoro e lo faceva con amore e passione, per me è di grandissima soddisfazione aver ricevuto questo conferimento perché la nostra storica promozione è stata raggiunta nel nostro anno più difficile, una vera e propria impresa dopo così tante partite quel 23 giugno al PalaGeorge. Per i problemi d’impianto siamo stati una squadra itinerante per tutta la stagione, dal San Filippo al PalaGeorge di Montichiari…Quindi questo premio oltre ad onorarmi mi ha dato una carica speciale, ancora mi ha fatto molto piacere.”

Il Presidente Bragaglio con Lee Moore
Se avesse la bacchetta magica cosa farebbe adesso?
“Non ho dubbi, costruirei una casa per il nostro settore giovanile che poi sarebbe ovviamente la casa della pallacanestro bresciana! Avere una sede fissa nella quale lavorare e far crescere i nostri ragazzi senza sballottarli da questa a quella palestra è fondamentale, quasi come la comunicazione che io ritengo primaria nell’attività di una società professionistica sportiva!”
Ultima domanda Presidente Bragaglio, cosa si dovrebbe fare secondo Lei per vedere di nuovo ai vertici mondiali la nostra pallacanestro?
“Prima di tutto ristrutturare i campionati. E dopo lavorare molto sulla comunicazione dalla parte dirigenziale, ristrutturando i campionati che è doveroso, se non c’è chiarezza sui campionati non ci potranno essere investimenti. A livello giovanile ci siamo, dobbiamo cambiare i campionati per alzare il livello qualitativo medio.”
Fabrizio Noto/FRED