Brooklyn, 1 novembre 2016. Le cronache più difficili sono quelle di partite come questa, in cui partita non c’è mai. Difficile trovare spunti, difficile trasmettere emozioni se, anche vedendola in diretta, emozioni non ne vivi mai! Chicago prende il largo dopo tre, massimo quattro minuti di gara e poi tira dritto per la sua fin qui perfetta strada, senza mai voltarsi indietro. Tutti gli incubi di Halloween si materializzano, tutte le (poche) certezze fin qui acquisite, tutti i progressi fin qui osservati, si dileguano nel primo quarto, davvero impresentabile, per i Nets versione Atkinson. E potremmo chiuderla anche qui.
https://youtu.be/z9Jh3Cwyurw
Primo quarto. Già, perché, dopo due o tre minuti di studio, in cui si sfidano i gemelli Lopez e si assiste al botta e risposta tra Butler e Bogdanovic, il canovaccio della gara appare subito chiaro: Hoiberg schiera la difesa alta, con gli esterni ad aggredire immediatamente il ricevitore e ad intasare le linee di passaggio: l’attacco di casa, che si nutre di circolazione rapida e tagli continui, va subito in tilt; dall’altra parte del campo, il pick and roll Rondo-Gibson non trova ostacoli e, quando un difensore si stacca per aiutare, Butler (mano caldissima e top scorer della serata), fa subito capire che aria tira anche oltre la linea dei 7,25 (9-18 al 5′ e primo timeout per Brooklyn). Atkinson prova a rivitalizzare l’attacco allargando il campo con Harris e Hamilton e giocandola su Lopez in post, ma è un fuoco di paglia: la difesa alta ed aggressiva degli ospiti è sempre sul potenziale tiratore (Harris stoppato sul tiro da 3), mentre Robin regge l’urto di Brook. Ne nascono contropiedi in cui il talento offensivo di Chicago delizia gli occhi (13-26 all’8′). A difesa schierata davvero non va meglio per i bianconeri: i tori sanno segnare in ogni modo, facendo sempre perno sul pick and roll, sul quale la difesa di casa chiude costantemente in ritardo. Atkinson continua a ruotare i suoi giocatori, ma il risultato non cambia, ed anzi gli ospiti, con un filo di gas, allungano fino al massimo vantaggio a chiusura del primo parziale (20-38).
Secondo quarto. I Nets schierano Lin, Killpatrick e Bogdanovic sul perimetro e Booker torna in campo con Hamilton, il lungo dal cuore di esterno… La palla gira in modo più fluido ed il gioco pare più veloce, Booker appare sempre più come un perno difensivo insostituibile, ma nonostante l’attacco ospite tiri il fiato per qualche istante, i padroni di casa vedono il canestro come la cruna di un ago e gli errori si susseguono (23-43 al 3′). Hoiberg trova di nuovo, facilmente, la chiave per scardinare una difesa che, in realtà, pare una porta già aperta: basta che Mirotic esegua un paio di show offensivi, attirando Booker fuori dall’area, che Canaan (subentrato all’infortunato Carter-Williams) e McDermott banchettano sulla tavola gentilmente imbandita dai padroni di casa per festeggiare la notte delle streghe. È la disperazione, più che Atkinson, a fermare il cronometro sul 29-50. Il prosieguo, se possibile, è perfino peggio: Brooklyn sperimenta Scola centro con Lopez in ala, con Whitehead (stante l’assenza di Vasquez) a guidare le danze, ma il rookie è sempre sull’orlo della palla persa e Chicago è libera di dare spettacolo in corsa, anche perché trova sempre Canaan (l’uomo di Whitehead) libero sugli scarichi (36-61 al 9′). Sull’altro fronte c’è solo Lin a tirare la carretta, per cui il primo tempo si spegne sul 44-65, con la sensazione che la ripresa non abbia molto da aggiungere a quanto già detto finora.
Terzo quarto. I Nets mostrano almeno voglia di difendere: accettano cambi difensivi, raddoppiano, intasano le linee di passaggio: fioccano palle recuperate, Booker è il solito leone, strappa il rimbalzo e guida la transizione, come già visto nelle precedenti uscite… Il problema è che non la mettono mai, ma proprio mai, con la sola eccezione di Bogdanovic, che tiene in vita lo score di casa (49-71 al 3′). Lopez infiamma il Barclays (sarà l’ultima occasione, o quasi, in cui i tifosi di casa si spelleranno le mani, almeno per i propri beniamini…) inchiodando Wade con una stoppata, ma sfonda in attacco, ma insomma c’è vita a Brooklyn nei primi minuti della ripresa (53-71 e timeout ospite, il primo!), ma dura quattro minuti d’orologio, perché nei quattro successivi al minuto di sospensione c’è subito il parzialone firmato dai titolari ospiti a spegnere ogni velleità residua (55-82 all’8′). Di qui in poi sarà mera accademia: il dato offensivo di Chicago (51% dal campo, 45% dalla lunga) rende l’idea del disastro difensivo, ma non solo, della notte dai incubo vissuta dai tifosi dei Nets! Si va all’ultimo riposo in allegria, sul 66-93.
Quarto quarto. É show-time per il figliol prodigo Dwyane Wade, in un Barclays Center che ha comunque tanta voglia di festeggiare e gli riserva le meritate ovazioni, prima spiegando la lezione allo smarrito Hollis-Jefferson con uno step-back da manuale, poi mandando letteralmente al bar Bogdanovic con un crossover laterale concluso con canestro e fallo subito. Sull’altro fronte trovano spazio anche le ultime pedine della panchina, con McCullough e un Bennett che mostra anche discreti movimenti, sia in difesa sul pick and roll, sia in attacco, dove però vuole strafare dall’arco, macchiandosi di pessime percentuali…Mentre la gara, ormai, non ha più nulla da dire e le stelle di Chicago continuano a divertirsi ed a divertire, ci lasciamo andare a qualche riflessione che ci permetta, almeno, di trarre insegnamento dalla sfida senza storia che ci ha fatto tirare, altrimenti inutilmente, le ore piccole.
Chicago Bulls: che avessimo delle superstar capaci di fare canestro in qualsiasi modo e momento e di regalare spettacolo lo sapevamo già (presuntuosamente vi rimando al mio ranking estivo). Quello che lasciava perplessi, sulla carta, era la possibilità di trovare una chimica tra le tante “prime donne” a roster…errata corrige: qui c’è una squadra! Se le cose stanno così (ma non erano andate molto diversamente contro le precedenti avversarie, decisamente più di rango), con questi Bulls bisognerà fare i conti, eccome, in ottica playoff. Guardando come corrono, fanno girare la palla, eseguono i giochi disegnati da Hoiberg, esaltano i rispettivi talenti, viene facile cancellare i dubbi su”l’album di figurine” e pensare, dopo un avvio così convincente, che la scalata della Conference sia tutt’altro che un sogno. Aspettiamo test più probanti (ancora i Celtics alla prossima) e la forma migliore anche delle altre pretendenti, certo, ma se, come stasera, anche la panchina può dire la sua, Windy City può sorridere.
https://youtu.be/ma69M5-db3k
Brooklyn Nets: dopo le prime tre gare con più luci che ombre (identità, circolazione, grinta), i nostri entrano nel mese di novembre con un mucchio di dubbi, che Atkinson avrà il suo da fare per fugare: con un roster così giovane, con una filosofia di gioco basata su una precisa idea di “sistema” e sul concetto di (passatemi l’uso di un termine a mio avviso orribile) resilienza, sarà irrinunciabile dispensare fiducia e voglia di lottare fino all’ultimo pallone e bisognerà riprendersi fin dalla prossima uscita (Detroit) dallo shock di questo bagno di sangue! Tre interrogativi su tutti, ben presenti anche nelle partite precedenti ma mascherati meglio e purtroppo esplosi, malamente, stanotte: 1.la difesa. Fa acqua da tutte le parti, subisce sempre il pick and roll ed è costantemente in ritardo nell’uscita dai blocchi, col risultato di concedere sempre, o quasi, tiri ad alta percentuale all’avversario di turno. 2.la sindrome della “coperta corta”. Booker e Lopez sono gli unici in grado di difendere il pitturato, ma tenerli entrambi in campo rende spesso meno fluida la manovra, con Lopez che, eccezion fatta per la vittoria con Indiana, pare ancora avulso dai meccanismi disegnati dal nuovo coach. I loro sostituti (Hamilton e Scola in primis) aprono il campo ed hanno le mani per partecipare alla circolazione, ma difendono in modo pressoché contemplativo dove invece ci sarebbe da sgomitare: chi attacca non difende, chi difende non segna! 3.i giovani. Il nuovo corso dei Nets passa molto per le speranze riposte nei rookies e nei sophomore. Aspettando con ansia l’esordio di LeVert, non si può non notare come, tra Summer League e prime gare di regular season, il loro talento si sia visto solo a sprazzi, ed anzi alcuni sembrino involuti. A partire da Rondae Hollis-Jefferson, ancora abulico in attacco, ma impalpabile, nella maggior parte dei casi, anche sul fondamentale difensivo, la sua specialità.
https://youtu.be/lb9u0p5cvAk
Opinioni di un modesto ed appassionato osservatore… giudizi rimandati, naturalmente: troppo presto per sputare sentenze!
Ah, per dovere di cronaca: nel frattempo la partita è finita da un pezzo: 88-118, recita lo score, impietoso ma giusto…
https://youtu.be/lt7S6-WRzdE
Scritto da Marco Calvarese
Editato da Francesco Bertoni