Golden State, con Kevin Durant su tutti, rispetta il fattore campo e si impone di autorità in gara-1 (113-91), con una prova corale e dei suoi fuoriclasse che non ammette repliche. Anche il Re deve inchinarsi, così come Tyron Lue deve convenire che si tratta di una avversaria stellare, capace di esprimersi su livelli di gioco mai visti. Ma cosa è effettivamente successo, in campo, per indirizzare in modo così inequivocabile la prima sfida? Si fa presto a dire…Kevin Durant! Questo campione, talora sottovalutato perché silenzioso e adombrato dalla luce mediatica irradiata prima da Russell Westbrook, ora da Steph Curry, è, in realtà, un giocatore pazzesco, atipico, immarcabile, rapido, un funambolo decisivo, se messo in condizione di giocare come sa, ed un fattore anche in difesa, grazie alla rapidità inusitata per un 2,08 come lui ed alle leve lunghissime di cui dispone. In fondo, si dirà, lui è qui per questo…
Ma nel basket nessuno, nemmeno LBJ, ha mai vinto da solo (la lezione delle finals 2015…), dunque cerchiamo di scavare nella storia di questa gara, bellissima, giocata su ritmi indiavolati, quelli prediletti dai diavoli gialloblu.
Sostanziale equilibrio nel primo parziale, laddove a suon di triple, prima, e con l’intelligente costruzione e sfruttamento dei mismatch da parte dei lunghi, poi, Cleveland resta aggrappata alla partita nonostante Klay Thompson e Kevin Durant facciano da subito sentire il proprio morso difensivo alle star ospiti. Ma KD carbura in fretta, facendosi beffe della difesa di LeBron e giostrando da point forward, agevolato dall’apertura di campo ad opera dai compagni e, a sua volta, mettendo in ritmo le triple del solito Steph Curry e di Iguodala, che regalano il vantaggio ai padroni di casa (35-30).
Secondo quarto slow, con l’ingresso delle second unit, ma Golden State tiene il vantaggio, finché rientrano i protagonisti. Qui va in scena lo show di Durant, capace di tenere il passo di King James in penetrazione costringendolo a cercare lo scarico. Ma su Irving c’è Klay Thompson… continuano a fioccare palle perse per i Cavs, che si traducono in corsa e contropiede: un invito a nozze per i padroni di casa. È solo +8 per i Warriors all’intervallo lungo, ma con la sensazione di avere il controllo tattico della gara (60-52).
Al rientro, in 4 minuti, per i campioni della Western c’è lo strappo decisivo (dal +8 al +21!), tutto fatto di difesa e contropiede, è notte fonda per i detentori del titolo, laddove, sotto canestro, Pachulia viene giustamente dirottato a guardia del ferro (nel primo quarto aveva sofferto sul P&R), con tutti i compagni, ma proprio tutti, rapidissimi nelle chiusure dell’area in raddoppio. Lue tenta la carta Richard Jefferson (giocatore prezioso, tatticamente, anche lo scorso anno…), a portare i blocchi su LeBron James, rollare con sapienza sotto canestro e sgravare “the chosen one” dal peso della marcatura su Durant, anche approfittando del tipico calo di concentrazione dei Warriors. L’illusione, però, dura poco, grazie anche all’azione che, di fatto, chiude la contesa: James tenta l’ennesimo drive, ma Durant non molla di un centimetro e lo costringe all’appoggio sbagliato al tabellone, prende il rimbalzo e lancia subito la transizione. In due secondi la palla è a Curry dai 9 metri: arresto e tiro…il ciuff della retina, che significa, dal possibile +12, un nuovo +17, taglia definitivamente le gambe e la resistenza di Cleveland, che alzerà bandiera bianca entro fine parziale (93-72).
Il quarto periodo sarà solo garbage time, in attesa della prossima sfida, domenica notte.
Propongo alcune chiavi di lettura:
- Durant dà lezione da point forward a sua maestà, mangiandoselo su ambo i lati del campo! Lasciamo perdere le cifre messe insieme con la sua classe immensa: gara 1, di fatto, l’ha persa LeBron James, perdendo il confronto, soprattutto difensivo, con il #35 in gialloblù.
- Klay Thompson: la trasformazione di questo giocatore, con l’arrivo di KD, da specialista del tiro pesante e secondo, irrinunciabile, terminale offensivo, a pedina tattica e difensore designato, probabilmente, non ha eguali a questi livelli. Inviato speciale sulle piste di Kyrie Irving, se escludiamo i circus shot di cui il play dei Cavs è capace in qualsiasi momento, di fatto lo taglia fuori dalla partita, lasciando LeBron solo con i suoi guai (che rispondono al nome di Durant, appunto), fatta salva l’impagabile prestazione di Kevin Love, forse l’unico dei suoi ad aver raggiunto il livello mentale necessario per affrontare le Finals.
- La difesa, appunto: Kevin Durant è, ad oggi, l’unico essere vivente capace di contenere l’attacco al ferro di King James. Può spendersi, sapendo che c’è chi può segnare anche per lui. E può tenere alta l’intensità offensiva, sapendo che c’è chi difende per lui. LBJ, al contrario, non può, ad oggi, permettersi quella “non difesa”, a volte sconfortante, quelle ingenuità sulle rimesse, quel non trovare il tempo e la lucidità per prendere posizione, perché Irving e Love (che, ripeto, ha fatto anche più del dovuto sotto il proprio ferro!) non possono proteggergli le spalle!
Altro fattore: Golden State sceglie di accettare tutti i cambi difensivi e lo fa egregiamente, non lasciando mai l’uomo libero e sporcando tute le linee di passaggio. Al contrario, Cleveland subisce i cambi difensivi, non potendo né Love o Thompson tenere Curry, né Irving tenere Durant! Questa differenza atraversa l’intero corso della partita, di fatto finendo per indirizzarla!
L’analisi della prima sfida di finale, se possibile, è ancor più impietosa del punteggio alla sirena per Tyron Lue ed i suoi e lascia presagire il trionfo di Golden State e, soprattutto, della sua nuova stella. Kevin Durant era e resta un rebus tattico per questi Cavs, probabilmente la chiave di volta delle Finals: se tutto andrà come lui spera, alla fine, sarà il vero trionfatore, perché dimostrerà al mondo di aver fatto la scelta giusta e di aver regalato alla sua nuova squadra ciò che, senza di lui, invece, era stato clamorosamente mancato lo scorso anno.
Ma le cose saranno davvero così semplici? Siamo pronti a scommettere di no. Tyron Lue è un coach sottovalutatissimo ed ha già dimostrato di saper trovare nei momenti più caldi le soluzioni migliori. Attendiamo gara 2 con la certezza che molti aggiustamenti saranno fatti e che tante carte lui ed il suo generale LeBron abbiano ancora da giocarsi, per arrivare all’anello.
Stay Tuned!
Marco Calvarese