Tutto in una notte. I Cavaliers sfatano il tabù di una serie già segnata, frantumano ogni record, fanno a pezzi Curry e soci fin dalla palla a due (137-116, 1-3 nella serie) e staccano il biglietto per Oakland con ritrovata fiducia nei propri mezzi! Il tutto sciorinando un basket “celestiale” (mi permetto spesso di citare il Flavione nazionale), con un LeBron James inarrivabile, un Kyrie Irving finalmente sui livelli che gli sono propri, un Kevin Love ancora una volta fondamentale e la compartecipazione determinante del supporting cast. Signori, abbiamo una serie!
Mai, mai dare per morto il Re! La voglia, l’intensità messe in campo dai padroni di casa sembrano cogliere di sorpresa gli uomini di Kerr, che subiscono la doppia cifra già dopo pochi minuti di gioco e mai più riusciranno a rifarsi sotto ed impensierire davvero i padroni di casa. Cleveland veste i panni psicologici e tecnici di Golden State, stavolta, detta legge e vince a mani basse…
Ma All-Around.net non si limita mai alla nuda cronaca, si domanda sempre il come ed il perché. La rabbia e l’orgoglio possono tanto nello sport, d’accordo, ma non giustificano da soli una partita in cui la squadra che, finora, ha ricevuto lezioni di grande pallacanestro dagli avversari, improvvisamente ingrana non una, ma due marce in più e mette la freccia, spiegando basket moderno a chi, praticamente, lo ha imposto alla Lega, brevettandolo!
Come sempre facciamo, proviamo, allora, a mettere sotto la lente di ingrandimento alcune mosse, a mio parere decisive, poste in essere dal “mio amico” Tyronn Lue (poeticamente mi concedo questa licenza, visto che non se lo fila quasi nessuno…): perché quando il gioco si sviluppa su questi livelli tecnici, su questi mezzi atletici e su questi ritmi forsennati, possono bastare tre o quattro minuti di gioco (i primi, ieri notte) ad imprimere una direzione ben precisa alla partita e sono anche e soprattutto i dettagli ad innescarli ed consentire, poi, di metterne i frutti in freezer portando a casa il risultato!
- Il piano partita nel primo quarto, quello che crea subito la voragine tra Cavs e Warriors: Cleveland opta sovente per Irving “at the point”, con uso limitato del pick and roll ed ampio movimento degli esterni a cercare, mediante l’uso esasperato dei blocchi ciechi, il vantaggio o il mismatch che consenta il tiro aperto. Love viene schierato sul perimetro, Tristan Thompson vicino al ferro, ove il suo lavoro al rimbalzo offensivo sporca ogni pallone rallentando le micidiali ripartenze di Kevin Durant (pur contenuto molto bene anche lui, l’unico dei sui davvero all’altezza della situazione, in gara 4). Difensivamente, Tristan va al raddoppio sul portatore, Love viene confermato “at the rim” (occhio alla posizione dei lunghi di Cleveland sui due fronti: risulterà un fattore, nell’economia dell’intera gara!), tutti effettuano rotazioni rapidissime per impedire i giochi sul perimetro agli avversari. Il tutto eseguito alla perfezione, con il risultato di una pioggia di triple messe a segno, da un lato, Golden State mai in condizione di giocare sui propri ritmi, dall’altro! Un primo quarto da 49 punti realizzati! Di qui in avanti, mai più il vantaggio di LeBron &Co. scenderà sotto la doppia cifra!
- Il lavoro di TT sui blocchi… attenzione, perché se le prestazioni-monstre dei Big Three e le suddette scelte fatte nel primo parziale hanno scavato il fossato, è ciò che fa un rinato Tristan Thompson in questo fondamentale del gioco a riempirlo d’acqua, rintuzzando ogni tentativo di ritorno in partita dei Warriors! Il tempismo del #13 orogranata sul palleggio di Irving vale metà del sontuoso bottino della point guard di casa, strepitoso da tre punti appena ricevuto il blocco, tanto quanto in penetrazione una volta che il blocco stesso gli ha creato vantaggio rispetto al marcatore.
3.…e quello di RJ: altro straordinario interprete di questo fondamentale, Richard Jefferson, il quale più spesso porta il blocco a LeBron James. Ne nascono due giochi d’attacco visti a più riprese nel corso di gara4: pick and roll classico con RJ che rolla e riceve nel pitturato, scarica sul lato debole ove trova Love pronto al tiro o ad avviare la circolazione sull’arco, fino a trovare il tiro a più alta probabilità di riuscita; oppure blocco alto atto a liberare LBJ dalla marcatura di Durant o Iguodala per il tempo necessario a pescare Love, Smith o Irving in angolo. Gli assist di LeBron in queste situazioni sono delle fucilate che, da sé, regalano quei due decimi di vantaggio agli straordinari tiratori che li ricevono. Decimi, istanti che, spesso, fanno la differenza tra una forzatura ed una tripla messa a segno! Le percentuali realizzative dei Cavs, soprattutto nel tiro dai 7,25, nascono da queste giocate: la suddetta cura dei dettagli…
- Curry e Klay Thompson decisamente sulle gambe! Il primo viene letteralmente tagliato fuori dalla partita, al punto da essere quasi ignorato da Durant in fase di finalizzazione, e questo va a merito soprattutto di chi lo marca (ancora Irving, ma anche Shumpert, inviato speciale…). Il secondo è sì più presente del #30 in fase realizzativa (ma anche lui a sprazzi), ma in difesa pare insolitamente molle e, spesso, si lascia bruciare sul passo da Irving! L’insolita latitanza degli “splash brothers” è, forse, il grattacapo più pressante per Steve Kerr, in vista di gara 5!
- Il timing di Tyronn Lue: lo confesso, sono un estimatore del coach e mi aveva colto spiacevolmente di sorpresa la mancata chiamata del timeout nei minuti decisivi di gara 3. Va detto che, stavolta, la scelta dei tempi, sia nell’interrompere l’inerzia nei (pochi) tentativi di rimonta ospiti, sia nel ruotare gli uomini dalla panchina, soprattutto in difesa (in particolare l’uso di Jefferson in missione speciale su Durant per far respirare LeBron, e di Shumpert, in campo praticamente solo per stare addosso a Curry), è stata uno dei dettagli meglio curati, a sua volta un fattore. Appunto, ancora i dettagli…
- Il contenimento di KD: si fa per dire…Quello che, finora, è l’MVP indiscusso delle Finals, quando parte in transizione fa ciò che vuole, ma un sistema di freno, in qualche modo, Cleveland lo disegna, se è vero che Jefferson (sempre lui, come lo scorso anno!) lo aggredisce sul cilindro appena riceve palla, oppure lo indirizza sulle braccia di Tristan Thompson quando mette palla a terra! Perché un veterano come Jefferson sa bene che è la difesa, a dispetto di quanto recitano gli score di queste Finals, a determinare il successo!
Cleveland è cresciuta lentamente (forse troppo) ma clamorosamente tra le mura amiche, trovando la forza di insinuare qualche incertezza nella psiche degli avversari, fin qui granitica. Saprà sviluppare ulteriori margini di crescita? Se si, forse, avremo ancora una serie!
Sarà paradossale, ma a nostro parere, adesso, la pressione psicologica, all’Oracle Arena, sarà tutta su Golden State: LeBron e soci saranno sì ancora con le spalle al muro, ma con rinnovata fiducia e ben poco da perdere. Al contrario, Steve Kerr sa bene che, se stecca anche la prossima, torna pericolosamente in Ohio e, a quel punto, chissà che i fantasmi del 2016 non tornino a disturbare il sonno di Curry, tranquillo fino alla notte di gara 4.
Tutto in una notte, appunto…
Marco Calvarese