Il biglietto elettronico. Frank Bertoni e Marco Calvarese – in rigoroso ordine alfabetico – i nostri super esperti di NBA, mi perdoneranno spero questo brevissimo viaggio all’interno del loro splendido mondo americano. Ma da lì arriva una notizia che di basket in effetti sa poco, e che però riguarda l’ingresso nelle arene, in America, nei palazzetti, da noi, dove lo sport con la palla a spicchi viene praticato.
Dunque anche a Miami, alla American Airlines Arena, la casa degli Heat, da quest’anno non si potrà entrare a vedere le partite senza avere il biglietto elettronico registrato nel cellulare, nello smartphone. Una procedura già in uso per i T’Wolves ed a Cleveland dove però fanno un’eccezione consentendo di accedere se si è in possesso di un documento di identità o di una carta di credito. Ma ripeto si tratta di un’eccezione alla regola.
Dicono che in questo modo, oltre a limitare le tasse, sia molto più facile impedire le falsificazioni – è praticamente impossibile in questo modo approfittare del biglietto di un altro. Una squadra canadese della Lega NHL, i Montreal Canadiens ha dato la possibilità ai suoi abbonati di stamparsi volendo, ma proprio volendo, gli abbonamenti su carta. Solo che l’operazione costava 118 dollari in più, oltre ad altri costi ed alle tasse…
Orbene, cosa impedisce alle nostre società di fare altrettanto, cioè di mettere in atto il biglietto elettronico? Uno smartphone ormai lo hanno tutti. Così come una carta di credito, anche ricaricabile con la quale è possibile acquistare un biglietto o un abbonamento senza problemi (basta avere i soldi nella carta). E questo discorso vale non solo per il basket, ma soprattutto, ad esempio per il calcio, dove da anni si montano e smontano tornelli senza che il problema del controllo sia stato risolto.
Vero che nella pallacanestro il problema dei disordini e delle violenze è molto limitato ma anche quel poco che c’è è troppo e merita di essere monitorato al meglio. E questo sistema a me pare decisamente ottimo e si potrebbe copiare. Contando anche il fatto che rispetto alle arene americane, i nostri palazzetti sono piccoli, ma così piccoli che tutta l’operazione sarebbe molto più semplice.
Grazie Frank, Grazie Marco
Eduardo Lubrano