Basket e management: un binomio da approfondire. Applicare logiche di business nella gestione di un società di basket rappresenta un aspetto degno di approfondimento, in un contesto in cui il mecenatismo non può più essere l’unica modalità di sostentamento delle società.
Per poter parlare, nella gestione di una società di basket, di concetti tipicamente di Business quali sostenibilità economica, margini, redditività…occorre conoscerne il significato, la modalità di costruzione/definizione e la possibilità di adattarli al contesto di riferimento.
Obiettivo di questa serie di articoli (questo è il primo) è provare a condividere un personalissimo punto di vista sugli strumenti di analisi/valutazione di una società di basket, che vadano oltre le esperienze/i risultati del campo.
Come punto di partenza per l’analisi, ho scelto di andare oltre lo slogan “Puntiamo sul settore giovanile: in prima squadra tutti i giocatori li abbiamo formati noi”.
Per poter capire le strategie di business sottostanti lo slogan di cui sopra è necessario, a mio avviso, avere chiari i seguenti pilastri:
– esistenza/cessazione del vincolo sportivo
– disciplina dello svincolo e premi NAS.
Ciascun atleta, o meglio i suoi genitori, nel corso del primo anno Under 13, firmano il cd. “cartellino” che vincola il ragazzo alla specifica società, che da quel momento possiamo definire “società reclutante”.
Il vincolo sportivo sussiste fino al compimento del ventunesimo anno di età del giocatore: questo è lo spartiacque chiave nella carriera di un atleta: proseguire o smettere di “giocare”. Da questo momento in avanti, infatti, il giocatore, che prosegue nell’attività, è libero da vincoli sportivi, può accasarsi presso qualsiasi società ma questa deve corrispondere un contributo, il noto Contributo NAS, alle società che hanno reclutato e addestrato il giocatore, secondo criteri quantitativi differenziati per campionato e modalità di ripartizione ben definite nei documenti federali, che si possono consultare al seguente indirizzo: http://www.fip.it/public/statuto/contribuiti_non_prof_15_giugno.pdf
Il meccanismo sopra descritto si apre a diverse chiavi di lettura, che ritengo interessanti.
In primis, il meccanismo può essere visto sia come un costo che come un ricavo per le società: costo, per chi tessera gli svincolati; ricavo per chi ha reclutato/addestrato il giocatore.
Considerando che per gli under 35, qualora società reclutante, addestrante e tesserante post svincolo coincidano, il contributo non è dovuto, lo slogan in esame già assume una connotazione diversa.
Fare un buon settore giovanile significa anche rendere i prodotti del proprio vivaio “appetibili” post svincolo per le altre società: in altre parole, offre un’ulteriore fonte di ricavo.
Se a questo sommiamo i ricavi da quote di partecipazione ai corsi di basket, fare un buon settore giovanile presenta diversi aspetti positivi dal punto di vista economico, anche se è necessario considerare nel ragionamento, i costi legati al settore giovanile e allo svolgere attività federale.
Questa è un’altra storia, che magari tratteremo in un prossimo articolo.
Giorgio Rovacchi