Tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2018 stiamo assistendo al consueto balletto di scambi di accuse tra la Lega Basket di Serie A e la Federazione Italiana Pallacanestro: tu sei cattiva perché non formi i giocatori italiani, no tu sei cattiva perché non fai giocare gli italiani, allora io ti dico facciamo sei+sei però se voglio due stranieri in più li pago con una tassa di lusso (luxury tax), no non va bene devi adeguare i palazzetti.
Per fortuna su queste colonne non si può usare un gergo da strada altimenti sono convinto che tutti useremmo le parole che ben conosciamo per descrivere questa grottesca commedia che mai pone al centro dell’attenzione uno dei tanti problemi – e sono tanti davvero ma da qualche parte bisogna cominciare – che bisognerebbe risolvere: far giocare i giovani giocatori italiani. Perché iscriverli a referto non basta. Devono stare in campo. Provo a fare una proposta.
Perché non imitare, la butto lì anche come provocazione, quello che hanno fatto in altri paesi? In Spagna da anni un under 21 deve stare in campo nei 40 minuti di ogni partita nella Liga, a mia memoria da almeno 20. Mi pare che i risultati siano sotto gli occhi di tutti. In Francia hanno adottato un sistema simile. In Russia sono due anche se per adesso non hanno ottenuto granchè a livello di nazionale. Ma ci provano.
Perché averne uno in campo nei 40 minuti vuol dire averne almeno un altro o altri due in panchina pronti a giocare. Di conseguenza bisogna cercarli, allenarli come si deve, formarli non nel senso ridicolo che intende la Fip da italiani, ma nel senso di giocatori di pallacanestro in grado a quell’età di tenere il campo. Insomma bisognerebbe costruire un sistema importante dietro finalizzato non a vincere i campionati o i tornei ma a costruire giocatori. E poichè succede in tutta Europa perché da noi non potrebbe succedere? O dobbiamo sempre aspettare il miracolo di una generazione vincente che arriva per caso? Lavorare metodicamente per raggiungere un obbiettivo è troppo faticoso?
Mi piacerebbe che qualcuno dei dirigenti dell’una e dell’altra parte mi rispondesse. Anche dicendomi “Lubrano ma che proposta è? Non si può fare perc questo motivo…per quest’altro…perché non…perché non ci interessa veramente…perché la Nazionale sì è importante ma vengono prima altri aspetti…bla…bla…“. Andrebbe bene qualunque cosa. Sarebbe un segno di vita. Non questo encefalogramma piatto continuo.
Eduardo Lubrano