Appena sabato pomeriggio presentando la gara della Leonis Eurobasket Roma in casa della Givova Scafati, mi ero lasciato andare ad un pensiero: chissà se questa squadra che adesso si è strutturata con dieci giocatori dieci di alto livello per la serie A2 non riesca ad infilare una serie positiva di vittorie che possa riportarla ad ipotizzare un suo coinvolgimento nei play-off? E se questo può esser vero, mi dicevo e scrivevo – qui per farmi del male e per farmi dare dell’ingenuo da chiunque lo volesse – perché non iniziare questo ragionamento da una vittoria esterna su un campo difficile certamente ma importante come il PalaMangano di Scafati?
Basta alibi scrivevo rivolto a coach Turchetto che quando parla sembra saperla molto lunga pur essendo un esordiente assoluto a questi livelli, basta alibi scrivevo rivolgendomi a giocatori che hanno abbastanza primavere sulle spalle per non poter certo accampare la scusa della gioventù nè quella della stanchezza, perché adesso la squadra sulla carta è la più lunga, completa e qualitativamente migliore che ci sia nel girone Ovest. Salvo il 13 su 23 ai tiri liberi a Scafati magari…
Ed invece eccomi qui a darmi dello sciocco non tanto per la sconfitta a Scafati che ci può stare visto che la squadra di Perdichizzi mi pare abbia perso in casa una sola volta quest’anno ed in assoluto solo 6 volte su 19 uscite. Ma per il divario, per il distacco, per una partita che salvo qualche minuto non c’è mai stata. E questo da dieci giocatori dieci e da un allenatore che parla come se avesse capito tutto non è accettabile.
Ed eccoci alla Virtus Roma che pure naviga tranquillamente verso i play-out. La vittoria con la Pallacanestro Trapani la rimette nella scia tanto dei cugini romani dell’Eurobasket quanto della Remer Treviglio, due squadre con le quali oltretutto ha per adesso il vantaggio dello scontro diretto a favore. La sorpresa sta nel modo in cui è arrivata la vittoria, combattendo fino alla fine – anche se questo è un bene naturalmente – e per il fatto che sia arrivata contro un’avversaria che sia pure in stato di crisi, sulla carta sembra più forte della azzoppata Reggio Calabria di un paio di settimane fa dalla quale la Virtus le ha prese in casa.
Imprevedibilità mi pare il concetto al quale rassegnarsi dunque da qui al termine della stagione per chi ama i colori della Virtus. Se non fosse che all’interno di questa alea ci sono due certezze. Una si chiama Lee Roberts, tornato ad esprimersi ai suoi livelli dopo il passaggio a vuoto di Scafati, nella serata nella quale aveva contro gente come Renzi e Perry (parzialmente) cioè non proprio “pizze e fichi” come si dice a Roma e chiedendo scusa per il ricorso al gergo dialettale. L’altra certezza si chiama Aaron Thomas che una certezza lo è da sempre nonostante qualche pseudo commentatore di pseudo tv o pseudo radio e sito internet lo abbia chiamato il “problema” della Virtus in servile ossequio a chissà quale voce trapelata dall’interno della cosiddetta società, per accattivarsi simpatie e chissà quali favori.
Io dico che discutere un giocatore come Thomas – che certamente ha dei momenti nei quali non segue alla perfezione il ritmo del gioco e va al suo ritmo – vuol dire non capire un gran che di pallacanestro e ripeterlo a pappagallo perchè qualcuno lo dice è ancora peggio. Anche perché, e torno su un argomento scomodo lo so ma centrale, bisogna che qualcuno mi spieghi dove sono gli italiani che dovrebbero fare la differenza sul campo invece che a parole. E nella Virtus di adesso ne vedo pochi. Difendo la crescita di Baldasso a spada tratta pur vedendo che la sua stagione per adesso è difficile, ma con Trapani è stato il secondo rimbalzista dietro Roberts con 7, dico 7, palloni recuperati. Altri più alti e più preposti 2…4…virgola. Stringersi intorno alla squadra è l’unica cosa da fare adesso mettendo da parte tutto perché come al solito, conti e sospesi si regoleranno alla fine. Si spera anche all’interno dello spogliatoio.
Eduardo Lubrano