Prima di tutto: in questo post non c’è nulla di personale con Piero Bucchi, anzi. Nè con Luca Bechi, anzi. Ad entrambi sono legato da un rapporto di stima professionale che va al di là di ogni considerazione di altro genere, dunque nulla di quello che dirò potrà essere interpretata da nessuno come una parola a favore di uno contro l’altro o il contrario. Qui se proprio volete c’è il comunicato ufficiale della Virtus
Mentre sulla società, o meglio al presidente Toti qualcosa da dire c’è. Ed anche qui niente di personale con Claudio Toti, ma al presidente e sul suo modo di condurre – specie negli ultimi tempi – la Virtus. Che è sua sia chiaro e che dunque avrebbe tutto il diritto di farne quel che crede. Ma poichè è anche un bene della città e della gente che spende soldi per andare a vederla e cercare di divertirsi e relax, il padrone dovrebbe avere quantomeno il buon senso di renderla il più presentabile possibile. E se l’impegno economico ad un certo punto si fa troppo oneroso, passare la mano.
Lo hanno fatto altri grandissimi imprenditori nella pallacanestro italiana: Valter Scavolini per 38 anni sponsor della VL Pesaro e poi per oltre 20 proprietario della stessa gloriosa società marchigiana; lo ha fatto Benetton a Treviso; lo ha fatto Giorgio Seragnoli con la Fortitudo Bologna dopo un decennio. Tutte hanno dovuto ricominciare – dolorosamente – daccapo e magari per motivazioni diverse, ma lo hanno fatto, e tutti questi grandi proprietari hanno vinto, almeno uno scudetto e qualche Coppa in Europa. Dunque il presidente Toti avrebbe anche la scusa di dire “Ho investito milioni di euro e non ho vinto nulla ora basta“.
Il problema e che Toti sostiene che la società è in vendita da anni ma che nessuno si è fatto avanti con proposte serie ed in grado di garantire – secondo lui – un futuro importante alla Virtus. Sarà vero? Visto che non sappiamo nulla di queste trattative dobbiamo credere alle sue parole, ma appare sempre più urgente un cambio di rotta radicale nella guida della Virtus Pallacanestro Roma, divenuta ormai lo zimbello della pallacanestro italiana. Non sarà che essendo ridotta ad un brandello oggi la si potrebbe comprare con un tozzo di pane e quindi il presidente Toti non vuole cederla per così poco? Se così fosse però dovrebbe solo piangere su sè stesso perché è solo lui il responsabile di questo sfacelo.
Anche dell’aspetto tecnico. Perché col cambio del tecnico, il terzo in questa stagione così tormentata, sta offrendo ai giocatori – già bravissimi a trovarsene da soli – un ennesimo alibi se le cose dovessero andare male. Ma bisogna dire anche che, ad onor del vero, li sta anche sbattendo da una parte all’altra perché adesso li costringe ad un ennesimo cambio di impostazione tecnica all’improvviso. Corbani, Bechi, Bucchi, tutti bravissimi e senza discussione. Però con tre filosofie di gioco diverse e gli ultimi due alle prese con una squadra che non hanno pensato, costruito, immaginato.
Se penso al Bucchi le cui squadre hanno sempre fatto numeri straordinari al tiro da tre e leggo le percentuali di questa squadra, mi verrebbe da piangere però mi affido completamente all’esperienza del coach bolognese che saprà tirar fuori il meglio da questo gruppo di ragazzi, così come Bechi era riuscito a far entrare qualche concetto difensivo nella loro testa ed ancor prima Corbani era riuscito a farli divertire in campo.
Prima di scrivere questo post ci siamo confrontati con Fabrizio Noto, il Direttore di All-Around.net. E ci siamo chiesti cosa avesse portato a questa notizia a ciel sereno – l’allontanamento di Bechi – in una domenica senza campionato, a due giorni dal cambio del campo di allenamento, altra vicenda di cui è meglio tacere per carità di patria anche se il nostro Giorgio Rovacchi ne ha approfittato per scrivere due righe di estrema saggezza che trovate qui. La telefonata è finita senza parole. Quelle che ho trovato le ho scritte qui e spero bastino. E’ il momento di dire grazie davvero a Luca Bechi perché ci ha provato. E’ il momento ai augurare buon lavoro a Piero Bucchi perché termini il lavoro che gli hanno impedito di fare nel 2005. E di stringersi intorno alla squadra per chi ne ha a cuore le sorti per far sì che un altro marchio così importante non sparisca in modo umiliante dalla geografia del basket che conta.
Eduardo Lubrano