C’è più cuore che mente in questo ragionamento anche se messa così sembra una contraddizione. C’è più il vecchio tifoso quello che era al Pala Eur l’anno dello scudetto ed a Ginevra l’anno successivo per la Coppa dei Campioni che il giornalista in questo post. Forse è sbagliata questa premessa ma abituato come sono – almeno nel lavoro ad essere chiaro – preferisco così.
Il tristissimo derby che la Virtus Roma ha perso ieri e che l’Eurobasket ha meritatamente vinto, ha una volta di più messo in mostra quanto in basso sia caduta la squadra del presidente Toti. E non ce la si può prendere con Aaron Thomas o con Lee Roberts che per la prima volta in 28 partita hanno “bucato” la prestazione – anche se la più importante certo – perché io quest’anno, forse è chiaro se qualcuno ha letto quel che ho scritto tanto qui che sulle pagine della Cronaca di Roma di Repubblica con gli italiani, le gare le ho viste tutte.
Quelli che in spogliatoio o con alcuni amici fanno la guerra agli americani perché oscurano la loro presunta stella, ma in campo non fanno nulla, ripeto NULLA, per aiutare la squadra e per continuare a far luccicare quella stella, sempre presunta. Ho visto in questa stagione, una sola partita risolta da una magia di uno di questi italiani anche il canestro è stato poi segnato da Lee Roberts, ed è stata quella con Latina in casa: a pochissimi secondi dalla fine un passaggio di Maresca ha pescato le mani del lungo sotto canestro in un modo che solo la tecnica del capitano poteva fare. Ma rimane un unico lampo in una stagione molto buia nella quale lo stesso Maresca, Chessa, Landi, Baldasso non hanno fatto niente per farsi apprezzare. Inutile parlare di Benetti, azzoppato subito, di Vedovato che non sappiamo se sia abile o meno, di Lucarelli e via dicendo.
Su tutto pesano le cosiddette scelte tecniche – e le confuse notizie che giungono ogni tanto dal mondo Virtus – del presidente con i suoi tre cambi di guida tecnica che non hanno dato a nessuno dei tre allenatori il tempo utile minimo di lavorare con la squadra. Non starò qui a dire il vecchio adagio che la fretta è cattiva consigliera perché siamo oltre: la smania, la furia, la poca chiarezza di idee ha portato Claudio Toti a prendere, come sempre, decisioni da solo – immagino – assolutamente contrarie al benessere della squadra. E se invece avesse ascoltato qualcuno, peggio ancora saremmo tornati indietro nel tempo quando il suo commercialista gli diceva chi prendere tra i giocatori. “Jasikievicus? Bravo per carità, ma non difende!”.
Non avessi certezza della passione autentica che agita il cuore del presidente, mi verrebbe da pensare ad un piano strategico messo in atto per deprezzare la Virtus e liberarsene in fretta e furia trovando un acquirente a basso prezzo. Invece non è così, Claudio Toti – nonostante negli anni abbia diverse volte detto di essere stato costretto a prendere la Virtus all’inizio del terzo millennio – ha un cuore che batte per questa squadra e quando perde o viene criticato per le sue scelte scellerate, ci sta male davvero.
Però forse questa tristezza, questa malinconia e queste frustrazioni mai come in questa annata disgraziata si sono riflesse sulla squadra e su quei giocatori che non hanno – magari involontariamente – esitato un attimo a trovarsi un alibi per le scialbe ed improponibili prestazioni offerte sin qui.
Fino al derby di domenica 8 aprile, una mancanza di rispetto nei confronti di loro stessi, del loro allenatore e dei tifosi che nonostante tutto continuano a sostenerli, perché tifano la maglia. Non ce la faccio per motivi di simpatia, stima e considerazione a pensare a delle responsabilità di Piero Bucchi, che magari ne avrà pure come ne avrà avute Fabio Corbani e ne avrà avute Luca Bechi.
Ma oggi più dell’analisi tecnica mi interessa fare il racconto emozionale di un’annata cupa, mesta, vissuta con il morale sempre basso, senza mai un colpo d’ala, senza un’ora d’aria o una bombolina d’ossigeno cui attaccarsi. Ritengo personalmente responsabili di questa tristezza i giocatori italiani ed il presidente che – come ho scritto qualche riga fa – ha dato il la a questa mestizia ed ha autorizzato questo clima di rassegnazione insopportabile per tutti in particolar modo per i tifosi che vorrebbero anche assistere ad una squadra che perde ma che “sputa sangue” su ogni pallone come diceva Dan Peterson.
Non so se l’allontanamento di Claudio Toti possa essere la medicina giusta per questa società o almeno non lo so fino a quando non conoscerò il nome e la serietà del nuovo proprietario. Vendere per vendere no, mai perché il rischio è di finire come tante e più gloriose società sono finite e non è sempre detto che si riesca a risalire la china come si deve. E poi in questi 18 anni, salvo qualche intoppo o ritardo fisiologico a me non risultano lamentele di giocatori, allenatori, collaboratori vari della Virtus che devono prendere soldi. E le cause intentate alla società sono state vinte. Il che non è poco visto i tempi che corrono ed i malandrini che ci sono in giro nel mondo della palla a spicchi. Credo però che sia arrivato il momento che “PresidenToti” come lo chiamava Pesic faccia finalmente una riflessione attenta, lucida, concreta di amore vero sulla Virtus. Che prenda seriamente in considerazione la sua uscita di scena.
Non ci sarebbe nulla di male. Anzi toglierebbe tanti alibi a chi ancora ne vuole e ne cerca. E sarebbe un gesto di responsabilità. Con tutte le garanzie che la Virtus vada a finire in mani sicure ovviamente. Ma in questo caso mi fido dell’imprenditore Toti che il suo mestiere lo sa fare molto bene.
Eduardo Lubrano