Come previsto, il mercato imperversa, sconvolge e stravolge qualsiasi equilibrio, come una tempesta perfetta. Inevitabile, con tutti i migliori, o quasi, in cerca di un nuovo contratto. Ad oggi, solo Leonard, tra i giocatori in grado di cambiare i destini di una franchigia, resta in attesa di sistemazione, strizzando l’occhio ai Lakers di LeBron James. Per tutti gli altri restano le briciole, inutile girarci intorno.
Impazzano i contratti annuali, al più biennali, con rare eccezioni, il che lascia presagire un futuro a breve termine abbastanza delineabile, con la desertificazione dell’Est, la costruzione di alcuni superteam nel “far West” come bande in procinto di armarsi per l’assalto al treno, ma una notevole fluidità dei programmi a medio e lungo termine: tutto resta in ballo e, l’estate prossima, a partecipare alle danze ci saranno molti più ballerini, grazie all’ulteriore crescita del tetto salariale ed alla rimessa in gioco, di nuovo, di numerose prime donne.
Tutto questo, però, sembra non contare più nulla, dal preciso momento in cui Golden State ha messo a segno l’affare del momento: DeMarcus Cousins firmato con un annuale (ancora!) da 5,3 milioni di dollari! Il colpaccio è triplice: un fuoriclasse nel ruolo meno coperto, assicurato con (si fa per dire) quattro soldi, utilizzando, peraltro, la Mid Level Exception, cioè senza gravare sul monte salariale!
A parere di chi scrive, l’opera di un genio maligno: chapeau! Invece …apriti cielo!
Fiumi di commenti ed articoli-necrologi che attestano il decesso della NBA per cause violente, colpita al cuore della competitività; interventi denigratori, nella migliore delle ipotesi e parlando per eufemismi, verso i campioni-killer della Lega, verso il giocatore, reo di essersi tagliato i compensi pur di vincere, verso Adam Silver, colpevole di ignavia o ponziopilatismo, per non aver impedito la degenerazione, manco fosse un medico negligente. Tutti sul banco degli imputati.
https://youtu.be/PAPU2tb36Lc
Ma siamo certi che un DeMarcus atteso in infermeria ancora per parecchi mesi sia in grado, da solo, di assegnare il prossimo anello alla sua nuova squadra? Quali equilibri sarebbero stati profanati, poi, se Golden State era e resta l’indiscussa favorita con o senza di lui ed ha già vinto tutto e frantumato ogni record? Cosa ha impedito alle contender di fare altrettanto? E, soprattutto, siamo certi che lo spettacolo di una squadra dalla cifra tecnica forse mai vista prima rubi illegittimamente la scena ad uno sweep scontato come quello delle ultime Finals?
Da spettatore imparziale, cronista e modestissimo opinionista, mi preoccuperei molto di più dell’immobilismo delle franchigie dell’altra Conference, ormai composta da squadre ricche solo, salvo poche eccezioni, di prospetti, belle incompiute e pochi, pochissimi campioni. Argomento, a quanto pare, desueto dalla nascita…
Vado, invece, controcorrente nel merito e provo ad argomentare, felicissimo di aprire un dibattito e di essere convinto a cambiare idea. Solo a condizione di ascoltare argomentazioni non “italianizzate” dal tifo, però…
DMC si è spezzato il tendine d’Achille mesi or sono. Sottoposto ad immediata tenorrafia, i tempi di recupero sono incerti ma sicuramente lunghi. Si vocifera che sarà assente dai parquet almeno fino a gennaio o febbraio e, certo, sulla qualità del suo recupero pende un gigantesco punto interrogativo a forma di spada di Damocle. Si trascina la fama (meritata) di essere un pessimo carattere, un bizzoso attaccabrighe che fatica a tenere a freno mani e lingua. Un fuoriclasse assoluto ma di dubbia prospettiva, nella migliore delle ipotesi a mezzo servizio in regular season, è colpevole di aver cercato e trovato una chance in un team vincente, perfino in una stagione di obbligata transizione a livello personale? O di averlo fatto pensando alla sua carriera ed ai risultati, più che al denaro?
Golden State è una franchigia seria, certosina, vincente, con una splendente cultura del lavoro: è colpevole di aver saputo scegliere e coltivare gli splash brothers, di aver costruito intorno a loro un gioco rivoluzionario ed una macchina da guerra perfetta, nonché una famiglia con invidiabile spirito di coesione, della quale fior di campioni ambiscono, com’è evidente, a far parte? O di aver sempre indovinato tutte le scelte di mercato? Quale franchigia non vorrebbe essere stata artefice del medesimo destino?
Adam Silver è il commissioner delle riforme, che sta affrontando di petto tutte le questioni aperte della Lega che rappresenta e di ciò che ruota intorno ad essa: dal perfezionamento dei regolamenti sul campo alle questioni sindacali con l’Associazione dei giocatori, dagli scandali universitari alla Lega di sviluppo, dalla macchia del tanking agli squilibri e le storture nel meccanismo di accesso ai playoff. Certo, quello di Cousins rappresenta un precedente che rischia di violare lo spirito egualitario che anima le normative salariali. Occorrerà porvi rimedio, forse, con ulteriori interventi. Ma si tratta di una stagione, di un episodio, che fa rumore per l’altisonanza dei nomi in ballo, ma nel contesto di un mercato in cui (bando alle ipocrisie!), da sempre, cane mangia cane ed è sempre il più furbo a portare il risultato a casa! Silver, dunque, qui ed ora, è colpevole di non avere tra le mani alcuno strumento per opporsi (ricordo che l’illustre “precedente”, il celeberrimo caso Paul-Stern, cui qualche commento ha fatto riferimento, si svolgeva in circostanze ben diverse e che, formalmente, l’allora commissioner era proprietario degli Hornets…)?
Se queste sono le accuse, signori della Corte, credo che gli imputati siano rei confessi; e, siccome anche i rei confessi han diritto alla difesa, mi offro come avvocato d’ufficio, senza parcella: davvero non necessitano di un’arringa troppo articolata!
Attendo con ansia la replica dell’accusa. Nel frattempo, però, mancano ancora tre giorni di mercato: stay tuned!
Marco Calvarese