In un periodo nel quale tutti dicono che non ci sono risorse, numeri e spazi per investire nella pallacanestro, il Presidente del Gruppo Stanchi, Edoardo Stanchi, 38 anni, romano, imprenditore del settore immobiliare italiano ed estero con diversi asset nel suo Gruppo, ha trovato idee e risorse per lanciare un progetto nella pallacanestro femminile.
“Lo sport per me è passione al cento per cento, ma è anche una cosa molto seria se la prendo dal punto di vista del lavoro: Athena Basket è un asset importante del Gruppo Stanchi. Fin da piccolo sono stato un amante del calcio e della pallacanestro. I miei primi ricordi sono legati al Messaggero di Brian Shaw ed alla NBA: ero un grande tifosi di Michael Jordan e dei Chicago Bulls, mentre adesso la mia squadra sono i Boston Celtics anche perché trovo bellissima quella città”.
Come è avvenuto l’incontro con Athena e come ha preso la decisione di entrare nel mondo della pallacanestro romana?
“E’ stato un caso ed un amore a prima vista. Con Francesco Goccia, attuale allenatore della A2 di Athena, da tempo collaboro allo sviluppo de “Il giornale di Roma” che lui dirige. Mi ha invitato a vedere una partita e ci sono andato. Sono capitato purtroppo per loro, alla gara di finale persa con Viterbo ma sono rimasto colpito dalle ragazze, dal gruppo, dalla dirigenza e dalla storia particolare della società. Parlare e decidere di essere coinvolto è stato semplice. A maggior ragione quando ho capito che le prospettive del ripescaggio in A2 erano concrete : a quel punto mi sono buttato decisamente ed insieme ai dirigenti abbiamo pensato a qualcosa di stabile e duraturo”.
Possiamo parlare di questo progetto?
“In breve l’idea è quella di affrontare il futuro in due fasi. La prima triennale che prevede la permanenza e la stabilizzazione in serie A2. Poi nei successivi due anni vorremmo puntare alla serie A1. Secondo me abbiamo tutte le caratteristiche per rendere reale questa idea. Non mi piace essere una meteora nelle cose che faccio e mi piace avere sempre un obiettivo più alto a cui puntare perché se si parte dal basso si può solamente salire e migliorare”.
Cosa bisogna fare nel concreto per essere da subito una società di “serie A”?
“Molte cose. In campo – ma l’aspetto tecnico non mi compete – impegnarsi in modo diverso e probabilmente di più di quanto già non si sia fatto finora che è stato tantissimo. Ma ovviamente la nuova categoria richiede altre cose. Fuori dal campo anche noi dirigenti dobbiamo migliorare : i rapporti con Federazione e Lega Basket Femminile, dal materiale che utilizzeremo all’organizzazione delle trasferte, dall’atteggiamento alla comunicazione, ho fatto degli esempi, i primi che mi sono venuti in mente. Tutto per noi sarà perfettibile e dobbiamo essere bravi ad impegnarci al massimo proprio come le nostre giocatrici. Alle quali adesso d’estate non pongo obiettivi minimi, salvezza, play off o chissà che altro. Impegno, fare gruppo e maturità negli atteggiamenti questo sì, da subito. Chiedo le stesse cose a me stesso ed alla nostra dirigenza: dobbiamo far sì che le nostre ragazze si sentano bene, che sappiano che se c’è un problema, la nostra porta è aperta, che la società è presente. Come lo sarò io per esempio almeno nella metà delle trasferte. Lavoro, ascolto, scambio, serenità anche nei momenti difficili, rispetto dei ruoli: anche su questo mi piacerebbe fondare la nostra serie A”.
Ha parlato di passione e di asset societario. Come si conciliano questi due concetti apparentemente così lontani?
“Secondo me molto bene. Io faccio un lavoro che mi piace, forse il più bello del mondo, trovare e vendere casa alle persone. Nella mia scala di valori, mia madre, mio fratello e mia nipote sono al primo posto. La famiglia quindi, poi la casa. Lo sport per me è il relax, è quello che mi fa staccare la spina dopo una giornata o un periodo di lavoro che per quanto per me sia bellissimo, è comunque impegnativo. Ho fatto e faccio pratica nel far andare d’accordo questi due aspetti con una squadra di calcio di Prima Categoria e trovo che si possa fare dando ad entrambi il giusto valore, la giusta attenzione e magari fidandosi anche delle persone giuste”.
Le prime impressioni sul mondo della pallacanestro quali sono?
“Ho trovato un mondo molto competitivo e non me lo aspettavo così. La cosa mi fa piacere perché per me e per il gruppo che rappresento, la competizione è uno stimolo. Per crescere, per migliorare, per fare di più ogni giorno. Ecco perché ho deciso di entrarci e soprattutto di rimanerci”.