Cari amici, lettori e tifosi Olimpia lo so che per qualcuno di voi il titolo potrebbe essere discutibile. Lo so perché va dato merito al Maccabi di aver giocato una partita onesta e soprattutto di aver colpito i punti deboli di Milano, però non potevo scrivere diversamente dopo aver visto i biancorossi essere andati veramente vicinissimi ad espugnare un sempre ostico Yad Eliyahu (nessuna italiana ci vince dal 2004, ricordo lontanamente una sconfitta simile a questa nel 2006 con un Alejandro Montecchia in gran spolvero).
I motivi della sconfitta sono presto detti: brutta difesa specialmente sulla transizione difensiva, brutte scelte in attacco negli ultimi 2 minuti, troppi rimbalzi offensivi concessi e troppe conversioni facili di quei rimbalzi (Tyus, ad esempio, avrebbe dovuto fare meno appoggi e più tiri liberi), banali palle perse che ogni qualvolta si poteva uccidere la partita rimettevano di contro in gara i gialli israeliani e il loro pubblico.
Ma il motivo con la emme maiuscola ha un nome e un cognome: Johnny O’Bryant, che sembrava avesse tolto la O dal cognome, ha letteralmente fatto impazzire Brooks e Kuzminskas realizzando il suo career high in Eurolega che sono pronto a scommettere non verrà superato in tempi brevi.
Perché O’Bryant non è certo un realizzatore, lo ricordo ai Bucks buon collezionista di trilioni (“specialità” statistica dove a dominare nelle varie voci è lo zero), era solo in serata di grazia amplificata dal fatto che, come su questi schermi andiamo dicendo da mesi, all’Olimpia manca un ala pivot di peso in grado di contrastarlo. E così il buon Johnny è risultato troppo veloce e perimetrale per i centri e troppo grosso per le ali forti.
Chiudere il girone d’andata con un record di 7-8 fa mangiare le mani per quanto prodotto fin qui: certo la partenza 6-2 aveva illuso, e su 8 sconfitte è vero che nessuna è stata netta. Insomma l’Olimpia si dimostra squadra che produce tanto e raccoglie poco, sia nella singola partita che nella stagione europea e ciò risulta un peccato in una stagione nella quale con un pò di fortuna si potrebbe ambire ai playoff almeno. Ma siamo a metà strada e per i giudizi è veramente troppo presto.
Come si può invertire la rotta? Beh, ricette magiche non ne abbiamo, ma da un analisi della partita di stasera bisogna: innanzitutto aggiungere almeno questo benedetto (o maledetto) 4-5. Poi bisogna che James e Nedovic ritrovino il modo di giocare assieme con profitto ed essere un problema insolubile per le difese: dal rientro del serbo ciò è avvenuto solo a sprazzi.
A tutti rimangono negli occhi gli ultimi attacchi gestiti in solitaria da James e andati male: anche qui bisogna migliorare ma soprattutto è James che non deve più pensare di risolvere la partita da solo negli ultimi 2 minuti buttandosi dentro a testa bassa dato che si sa, a fine partita gli arbitri si ingoiano il fischietto. Meglio un arresto e tiro o uno step back replicando magari i finali contro Efes e Khimky.
Ma meglio ancora sarebbe se nei possessi precedenti l’ultimo il buon Mike riuscisse a coinvolgere i compagni, segnatamente Nedovic e Gudaitis, in misura maggiore.
Sotto accusa anche la difesa: se a tratti è parsa mordere le caviglie avversarie nel gioco a metà campo, la difesa sulla transizione dovrebbe essere messa in rilievo nelle prossime sedute video organizzate dallo staff di Pianigiani. Troppe, veramente troppe, le triple comode lasciate a O’Bryant e Kane per non pagare dazio alla fine.
Se parliamo di minutaggi e gestione delle risorse in questa partita a Pianigiani non si può imputare molto. Forse Bertans avrebbe potuto giocare di più, come anche un ottimo Tarczewski e forse Micov avrebbe potuto spremersi meno. Ma ricordiamo che nei giudizi va tenuto conto che l’Olimpia aveva giocato con Brescia soltanto 48 ore prima e che questo tour de force da 5 partite in poco più di una settimana mina brillantezza, lucidità e carica energetica dei giocatori milanesi.
Dal punto di vista tattico invece un paio di appunti: vero che nessuno si aspettava un O’Bryant somigliante a Barkley ma mi aspettavo qualche correzione tattica in corso d’opera per arginare questo strapotere da parte dell’ex Milwaukee: la mancanza di adattamenti è forse costata la partita, a posteriori. Ma quali adattamenti avrebbe potuto fare lo staff tecnico?
Beh, io insisto a dire che a volte un paio di minuti di zona possono essere sufficienti a togliere ritmo a squadre e giocatori che proprio di quello si nutrono, come O’Bryant in questa partita. Ed insisto a dire che fossi stato io il capo allenatore avrei dato spazio a Burns provandolo sullo scatenato numero 3 del Maccabi. Peggio dei suoi compagni di reparto non poteva fare, quindi era una scommessa ad alta redditività e con nulla da perdere.
Peccato è la parola che riassume tutta la serata dell’Olimpia che ora è costretta a rimboccarsi le maniche ed a re-iniziare a vincere a partire dalla prossima partita, facile solo sulla carta, contro il Buducnost dell’ex Avellino Cole (curioso che avrebbe dovuto giocare il 30 contro Milano con Avellino).
Cristiano Garbin
@garbo75