Piero Bucchi, un uomo solo al comando. Della Virtus Roma. La frase – lo scrivo per i più giovani e per quelli meno informati – risale al giorno della tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia del 1949. Fausto Coppi scalò da solo le montagne più faticose ed arrivò al traguardo di Pinerolo con circa 12 minuti di vantaggio su Gino Bartali. Il radiocronista di allora, un grande giornalista, Mario Ferretti, quando gli fu data la linea esordì dicendo: “Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”.
Da allora quella frase è entrata nel modo di dire quando si vuole intendere che una persona sta compiendo qualcosa di epico, o di particolarmente importante in modo solitario o comunque contando solo sulle sue forze. Che c’entrano Piero Bucchi e la Virtus Roma? Mi spiego.
Da quando è tornato alla guida della formazione capitolina il coach bolognese ha isolato la squadra – o almeno ha cercato di farlo – dall’ambiente “Roma” che è di per se, tradizionalmente, istituzionalmente direi, un ambiente difficile, complicato, dove ognuno cerca di salire sul carro del vincitore o cerca di scendere da quello del perdente un attimo prima che scoppi la tempesta. Un ambiente abituato a vedere imperatori, presidenti, primi ministri, papi e quant’altro e nel quale dunque per attrarre, stupire, incuriosire, bisogna davvero compiere un’impresa fuori dal comune.
Fare pallacanestro di alto livello a Roma lo è in tutto e per tutto. Lo era ai tempi della Ginnastica Roma, lo era ai tempi della Stella Azzurra della Lazio, dell’Eldorado quando queste formazioni giocavano nella serie A (genericamente intesa), lo è stato ai tempi del Banco Roma e del Messaggero. Lo è da quando la Virtus è della famiglia Toti e di Claudio Toti poi. C’è sempre tanta gente che ha la ricetta migliore – io per primo sia chiaro – oppure ha una critica feroce da esporre; ci sono a Roma più che in altri luoghi, i gruppi pro o contro. Che fanno più rumore di altri posti magari più piccoli e dove la pressione è maggiore, perchè questa è la Capitale e dunque quando si accende un riflettore è per forza di cose più grande degli altri.
Detto questo – su cui accetto critiche di ogni genere purchè non faziose o “politiche” perché io voglio il bene della pallacanestro a Roma e quindi anche della Virtus Roma in primis – Piero Bucchi dal marzo del 2018 è riuscito nell’impresa di tenere i suoi giocatori il più lontano possibile da un ambiente che potrebbe bruciare chiunque, perché anche se pochi, gli appassionati di Virtus – pochi rispetto ad altre zone d’Italia ed ovviamente rispetto alla Roma ed alla Lazio – sono appassionati davvero e quindi il tifo si esprime con forza. Inoltre c’è la querelle tra chi è pro Toti e chi è contro Toti, nella quale ognuno ha argomenti validi da esprimere anche se non sempre espressi in modo ragionevole secondo me.
La salvezza di due anni fa, la promozione ottenuta lo scorso anno agonistico conducendo il campionato sempre in testa salvo qualche momento di legittima difficoltà, pur senza avere la squadra “ammazza campionato” come ha ripetuto Bucchi, già dovrebbero rendere ampio merito a questo allenatore misurato nelle dichiarazioni, discreto, elegante, disponibile, serissimo professionista, bravo nelle scelte dei giocatori, con le intuizioni giuste nel gioco e nella preparazione delle partite e nella motivazione dei giocatori. In più – e lo stiamo vedendo quest’anno anche se sono state giocate solo cinque partite – le sue squadre giocano bene e divertono (magari non nella partita contro Brindisi coach…) elemento tutt’altro che trascurabile a Roma.
La partita di domenica 20 ottobre con la Pompea Fortitudo Bologna – della quale qui ha mirabilmente riferito il nostro Direttore Fabrizio Noto – è stato un esempio secondo me, di quanto Bucchi sia un grande allenatore. La F bolognese per adesso ha dimostrato di essere una squadra che in trasferta ha difficoltà: Bucchi ed i suoi giocatori hanno fatto sì che questo elemento venisse confermato senza lasciare spazio nemmeno ad un impennata d’orgoglio degli avversari – eccezion fatta per il piccolo sorpasso del secondo tempo – tagliando tutti i rifornimenti per gli attaccanti bolognesi, cancellando dal campo Mancinelli che col suo gancetto mancino partendo da destra è sempre molto efficace grazie alla difesa di Alibegovic e mandando fuori giri tanto Fantinelli che Stipcevic.
La difesa di Alibegovic è una novità che fa ben sperare: abbiamo sempre rilevato la straordinaria capacità offensiva del figlio di Teo, mentre qualche dubbio sussisteva sulla sua ingenuità nell’altra fase del gioco. E’ cresciuto e questo va a suo merito ma evidentemente anche alla capacità del suo coach di convincerlo che difendere è bello per poter stare in campo e di conseguenza poter attaccare. Così come sono evidenti i progressi di Tommaso Baldasso e la concentrazione di Dyson e Jefferson, letali. Per non parlare della capacità di Buford e Kyzlink di salire in cattedra quando serve: segnale di due ragazzi intelligenti che hanno capito cosa serve e quindi di una spiegazione chiara di cosa l’allenatore vuole da loro. E Giovanni Pini che Bucchi ha da subito definito un giocatore di particolare intelligenza bravo a fare bene le cose che sono nella sua faretra.

L’MVP del match, Amar Alibegovic by Torciva
Attenzione il mio esplicito elogio al coach non vuol dire che siamo salvi e che lotteremo per i playoff. La strada è in salita perchè per adesso gli uomini sui quali la Virtus può effettivamente contare sono 7 contati e se solo uno di loro ha un raffreddore le cose possono complicarsi. Ma credo che Bucchi sia la persona giusta al posto giusto e che vada sostenuto da TUTTI, nessuno escluso, in questa impresa che si chiama permanenza in serie A. Perché non sia un uomo solo al comando.
Eduardo Lubrano