Archiviato, pressoché per tutte le franchigie, il primo terzo di stagione, si avvicina il Christmas Day, siamo alle soglie del mese caldo per i rumors e quasi a ridosso del carrozzone dell’ASG (vedrete, arrivarci sarà un attimo). Bastano, come motivazioni, per stilare il primo borsino delle squadre? A livello di trend, direi di sì, ma sempre curandoci di far bene le dosi, per evitare indigestioni proprio alla vigilia del cenone.
#insideout vi proporrà, come un qualsiasi broker o analyst di Wall Street, le quotazioni delle franchigie che più ci hanno colpito, in positivo o in negativo. Ma così, giusto un assaggio, tanto per aumentare l’acquolina prima del piatto forte del 25 dicembre. Sì, perché vi vogliamo ridotti come noi: inchiodati davanti alla tv e incuranti delle ire funeste di nonne, madri e fidanzate!
Sospesi per eccesso di rialzo i titoli di Lakers e Bucks: i primi stanno giocando in formato-playoff la loro pallacanestro fisicissima e vagamente retrò e, a Ovest, han preso il largo, pur frenando nelle ultime uscite (complice il fermo biologico di Anthony Davis contro Indiana). Ragazzi, stiamo comunque parlando di un passo da 12-15 L stagionali sì e no, li avreste scommessi i vostri due euro su un simile ante-post? Noi no, onestamente. Domandina sorge spontanea: il Re può sostenere questi ritmi e arrivare al top della condizione a maggio? Occhio al mercato, non si sa mai…
I secondi si beano odisseamente del mare calmo dell’Est per arrivare anzitempo in vista di Itaca, bypassando sirene e Circe di turno: quasi priva di ostacoli la navigazione in mare aperto sotto la barra sicura di coach Bud. Anche qui: le autorità di Wall Street bloccano la compravendita di titoli per evitare acquisti folli, perché sorgeranno squadre di rincorsa e le difficoltà, greco volante permettendo, pure arriveranno, di qui ad aprile. Oggi, però, la macchina da guerra pare oliata e invincibile come non mai. Incrociano le dita a Milwaukee, affinché sia la volta buona per non fare la fine delle flotte di Filippo II.
Off topic 1. Intanto, la sfida tra le due regine incontrastate ha premiato Milwaukee, al termine di una bella sfida, in cui ha giganteggiato mr. Antetokounmpo. #insideout è un periodico di discussione, non stiamo lì a segnalare cifre e statistiche, ma, certo, non si può non notare che il greek freak sta cominciando ad infilare triple con una certa assiduità e questo, a nostro avviso, è un fattore tecnico tanto banale, quanto decisivo che, ove dovesse confermarsi in corso d’opera, lo renderebbe definitivamente immarcabile: ai difensori non resterebbe che (cercare di) fermarlo con il fallo e sperare che continui a balbettare almeno dalla charity line. Che questo basti, all’unica contender senza una seconda star conclamata, per infilarsi l’anello, è tutto da dimostrare. Che metta in cassaforte il titolo di MVP, invece, ci sentiremmo di scommetterci i nostri ultimi spiccioli.
Titolo in forte rialzo per Heat, la rivelazione (ma non una sorpresa, per #insideout), Sixers, ovvero i Lakers dell’Est ma in versione diesel, e Maverics, che incarnano sia la rivelazione, sia i Bucks dell’Ovest ma in versione diesel.
Alle quali aggiungete pure i Clippers, ovvero la bestia sorniona, ma scegliete bene quando dedicar loro la vostra notte bianca, perché Leonard almeno un’altra decina di gare le guarderà dalla panchina per arrivare ai playoff come si deve e spostare con un dito il corso della Storia. In ogni caso, assisterete ad un bello spettacolo su ambo i lati del campo e scoprirete come il Doc sia capace di far brillare le stelle, certo, ma anche i pianeti e i satelliti!
Belli da vedere, forti delle loro star e di quella precisa identità di gioco che, quale che sia, noi amiamo tanto, come i vini strutturati: se non vi piace vincere troppo facile e amate lo spettacolo NBA a tutto tondo, quello che impasta come nessun altro superstar e gioco di squadra, queste sono le nostre indicazioni.
Off topic 2. Occhio, però, alla menzione d’onore: dopo la scavigliata di Luka Doncic, tutti gli innamorati delle mani più morbide d’Europa si aspettavano un’immediata flessione di rendimento per i Mavs. Beh, i topolini di Dallas sono più forti di tutto, sfiga e detrattori, ed hanno pensato bene, mancando il gatto Doncic, di andare a ballare a casa Bucks, interrompendo una striscia di 18 (si: 18!) W consecutive, e casa Sixers! Fear the Mavs!
Quotazioni in calo, dopo il trend positivo in apertura, per i Jazz, che stanno faticando a tenere il passo delle prime dopo un avvio promettente. Occhio, però, perché, tra i mormoni, di identità ce n’è da vendere; di gioco, in teoria, anche. Per cui, quando un’azienda è solida, dopo una flessione fisiologica, un buon broker consiglia sempre l’acquisto: date loro un’occhiata.
Sospesi per eccesso di ribasso, sempre loro: Atlanta, no
nostante il curatore fallimentare Trae Young stia predicando nel deserto parabole celestiali; New York e i suoi perenni tentennamenti sul come e sul perché, freschi della prima testa tagliata (povero Fizdale…) e di qualche segno di vita sul campo (record 3-3 dopo il cambio al volante); Cleveland e la sua ricostruzione che proprio non vuole partire, come avessero bloccato i lavori appena gettate le fondamenta, per mancanza di ferro e cemento (ma qui si attende un voluminoso scambio di titoli per la trade deadline…); New Orleans, che ormai sembra una sbiadita opera teatrale sospesa tra Aspettando Godot (Williamson) e Amleto (la colonia losangelina sarà degna di una vera ricostruzione? Nota a margine: noi siamo ancora convinti di sì e che ci sia, invece, qualche problemino nella guida tecnica).
Al novero delle aziende in crisi aggiungiamo i campioni… Si, perché i Raptors, dopo una partenza per noi inaspettata, in cui sembravano trovare dentro di sé le risorse per continuare a competere in barba al mercato in uscita, hanno prima accusato una flessione che li ha attardati rispetto alle prime, poi incassato tre jab che tramortirebbero perfino Leonard (Sugar Ray, non Kawhi), mandando in infermeria, a tempo indeterminato e tutti insieme, Gasol, Siakam e Powell! Ora, a meno che Nurse non abbia risorse taumaturgiche
inattese (in nomen omen?), rialzarsi e rimettersi a correre sarà dura davvero…
…e i vicecampioni! Golden State, spiace dirlo, fa addirittura corsa a sé: non riesco a ricordare una finalista rotolata in fondo alle scale nel giro di quattro mesi e nessuno si abituerà mai a vederli laggiù, nonostante i rientri delle stelle residue e in attesa che la malasorte, sotto le mentite spoglie di una crocerossina, finisca di reclamare tutto il credito accumulato nelle stagioni precedenti.
Off topic 3. Steve Kerr, ovvero uno dei pochi uomini sulla scena che valga la pena di ascoltare quando parla, ha sottolineato “l’impresa” compiuta dai suoi ragazzi contro Sacramento: i Kings hanno perso ben 29 palloni e i Warriors sono riusciti a perdere la partita di 21. Gli amanti delle stats si sono scervellati a cercare qualcosa di simile nella storia: ve lo dico in anticipo, noi no. Sappiate solo che la ricerca sarebbe quasi inutile. Il tutto, bollato con una sentenza delle più terribili per una squadra NBA: inconsistenza! Peccato, davvero, ma siamo certi che nella Baia sapranno tenere duro e farne tesoro, magari già per cavare qualcosa di buono da una stagione del genere. No, perché, se vi foste dimenticati, il prossimo anno tornano gli splash brothers, mica nessuno…
Titolo stazionario per le altre che, chi più, chi meno, sono dove ci aspettavamo che fossero, tra i maledetti infortuni che ne stanno condizionando le sorti, stelle nuove da calare nel sistema e gioco work in progress. Occhio, però, aspettano solo la riapertura dei mercati per scatenare l’inferno!
Gli infortuni, appunto, stanno pesantemente zavorrando la stagione di diverse squadre e, a nostro avviso, anche gli ascolti televisivi, sui quali pure si è molto dibattuto; paradossalmente, forse, più al di qua dell’Atlantico che in patria, dove risiede il problema. La concorrenza degli altri sport nazionali, l’obsolescenza della TV via cavo, ok, ma volete che non abbia inciso la scelta di mandare in palinsesto team (Warriors, Nets, per certi versi Clippers) condizionati o addirittura fatti a pezzi dalle assenze (più o meno) forzate? L’esempio dei derelitti Warriors al Christmas Day è piuttosto emblematico.
Tireremo le somme a fine stagione, certo la Lega è chiamata a correre ai ripari con idonee strategie di marketing, ma ciò che più ci preoccupa, al momento, è la salute dei giocatori e l’incidenza dei malanni sul rendimento stagionale delle squadre. Ci sta, fa parte del gioco, direte voi: giusto, ma negli ultimi anni si sta esagerando e, al netto della fortuità di alcuni crack (ne abbiamo già parlato, tanti traumi alle mani tutti insieme), questa è un’altra bella spinta nella direzione della riforma dei calendari stagionali.
Non ci credete? Allora ci toccherà farvi qualche nome, così, random, giusto quelli che ci tornano in mente: Curry e Thompson, KD, Oladipo, Wall e l’attesissimo Williamson fuori da inizio stagione. A ruota: Hayward, Levert, Irving, Drummond e Griffin (e vabbè, pure Reggie Jackson) nel Michigan, Hood e Nwaba (altri tendini d’Achille andati, maledizione!), Van Vleet, ora, come accennato, Doncic, poi Bledsoe e, last but not least, il tris d’assi di cui sopra, calato dai Raptors…
C’è da credere che alcune squadre, oggi, avrebbero record e ambizioni ben differenti, di qui ad aprile, se la sorte non si fosse accanita.
E poi vogliamo parlare ancora di load management? Ci aspettiamo soluzioni dal riformatore Adam Silver ma, finché non ce ne saranno, la lista casuale sopra riportata è fortemente indiziaria delle ragioni dello staff dei Clippers, perché un campione è un patrimonio che va preservato, specie se ha nel suo passato traumatismi importanti.
Off topic 4. Ci appelliamo a Silver e, automaticamente, il nostro pensiero corre al commissioner emerito, David Stern, al quale ci stringiamo idealmente nella speranza che superi questo momento difficile (per chi si fosse attardato con gli aggiornamenti, è stato colto da emorragia cerebrale mentre cenava in un locale di Manhattan). Le prime, frammentarie notizie sulle sue condizioni non sono incoraggianti, ma incrociamo le dita…
Il new deal del rigore. Se un leit motiv, come nostra consuetudine, volessimo individuare in questo scorcio di stagione (ancora poco significativo, d’accordo, ma ormai piuttosto corposo), sempre usando il nostro occhio nottambulo come unico metro di giudizio, sceglieremmo, senza ombra di dubbio, l’inusitata severità arbitrale nel fischiare infrazione di passi e, in generale, della Lega nel far rispettare le regole.
Giuro: mai vista tanta fiscalità; mai, in tanti anni di passione sportiva, contate così tante interruzioni. Passi in partenza, come se piovessero. A due anni dall’introduzione tanto discussa del “passo zero”, dopo una stagione di assestamento, è come se la Lega avesse girato la vite con decisione e, adesso, avesse improvvisamente deciso di non lasciar correre più nulla. Gli appassionati sanno perfettamente di cosa stiamo parlando. Agli occasionali e ai detrattori tout court (e sono tanti), consiglio di guardare le partite, qualche volta, invece di passare notti insonni a mescolare teorie preconcette e opinioni di qualche grande vecchio nostalgico.
È, a nostro parere, il medesimo spirito con il quale è stata affrontata e risolta la rognosissima grana dell’errore arbitrale nel derby tra Spurs e Rockets. Ricapitoliamo rapidamente: terzo quarto, Houston avanti di una quindicina di punti, Harden ruba e parte in contropiede solitario, che conclude in terzo tempo con una poderosa schiacciata. Tanto poderosa che il pallone, scivolato nella retina, la trascina verso l’alto fino ad uscire sopra l’altezza del ferro, regalando l’illusione ottica di un canestro fallito. Gli arbitri ci cascano e lasciano proseguire il gioco. Il Barba e coach D’Antoni, invece di chiedere il challenge, si perdono in sterili proteste. Esito finale: la partita continua senza i dovuti due punti ai biancorossi, che finiscono per essere rimontati e perderla ai supplementari!
Houston si appella e chiede di rigiocare i minuti successivi al maltolto, la Lega archivia, invece, risultato finale e accaduto: i Rockets avevano i mezzi per ricorrere, sul campo e in tempo reale, contro il palese errore arbitrale e non lo hanno fatto. Mal glie ne incolse. Punto. Tutto il resto è…semplicemente il bello del basket: e quando mai si sarebbe ripetuta la rimonta Spurs?
Morale (già da noi profetizzata in tempi non sospetti): abbiamo fatto le regole, vi siamo venuti incontro, ora imparate ad usarle e rispettarle, perché non ci saranno deroghe. Giusto così: un bel passo avanti. Ora giù la testa e pronti alla volata di fine anno.
Stay tuned!