La carriera di ogni fuoriclasse dello sport, si sa, è caratterizzata da spettacolari trionfi e da incredibili tonfi. A questa ferrea legge divina non può sottrarsi nessuno, nemmeno quel “marziano” di LeBron James, il più grande giocatore di basket dell’era moderna, che negli anni trascorsi in compagnia della palla arancione ha testato il dolce sapore della vittoria e quello amarissimo della sconfitta.
Dopo i titoli conquistati con i Miami Heat e quello con i Cleveland Cavaliers, secondo noi il più bello in assoluto per il nativo di Akron, ci sono stati scivoloni che non si dimenticano né si dimenticheranno mai. La stagione 2018-19 del Prescelto, appena atterrato sul pianeta Lakers, è stata la prima, dopo anni, che lo ha visto spettatore non pagante ai playoff invece che solito protagonista assoluto.
Se già di per sé tale notizia da prima pagina rappresenta un’onta e un disonore per uno dei cestisti con maggior fame di vittorie sulla faccia della terra, forse vi siete scordati, e in quel caso ci siamo qua noi a rammentarvelo, della disfatta più bruciante e pesante della storia sportiva di LeBron: quella contro i Pacers a Indianapolis nel corso della scorsa edizione del torneo Nba.
Era l’inizio del mese di febbraio e i Los Angeles Lakers, quasi certi di non poter partecipare alla post-season visto e considerato che le sconfitte ormai superavano abbondantemente la ventina e i trionfi latitavano, scesero in campo sicuri di poter battere l’avversario di casa alla Bankers Life Fieldhouse ma così non fu, anzi…I gialloviola furono travolti con il punteggio di 136 a 94 in favore della squadra allenata da coach Nate McMillan che, non contento del +42 finale, rovinò la festa a un LeBron James che in quella serata invernale avrebbe spento volentieri la candelina numero 32.000 dei punti segnati. Oltre al danno la beffa verrebbe da dire.
Una débâcle dal punteggio sorprendente
Quella dello scorso anno sul parquet di Indianapolis è stata la peggior débâcle in 16 anni di carriera di King James e al contempo la più inattesa per i Lakers del 2018-2019, come testimoniato magistralmente anche dal sito pokerstarsnews.it che è solito dare ampio spazio al basket all’interno di una sezione ad esso dedicata. Se da un lato i gialloviola erano certamente una squadra non attrezzata per raggiungere i playoff, poiché il solo Prescelto in mezzo a tanti giovani cestisti poco poteva fare, è altrettanto vero che perdere di ben 42 punti è stato a dir poco sorprendente. Lo “strano” quintetto titolare dell’epoca, che prevedeva la presenza di una sola grande e immensa stella ovvero LeBron, durante quel torneo ha sempre fatto molto fatica, non solamente contro Indiana.
Non solo: le continue voci di mercato riguardanti un Anthony Davis che avrebbe raggiunto Los Angeles solamente la stagione successiva, Lonzo Ball e Brandon Ingram obiettivamente molli e inadatti al gioco che aveva in mente Luke Theodore Walton (maggiormente funzionali invece a quello dei Pelicans di quest’anno) e la poca voglia di lottare su ogni pallone non hanno certamente aiutato.
D’altronde disporre di un LeBron James che dispensa pillole di filosofia baskettara e non aver alcun giocatore della rosa in grado di approfittare dei suoi assist illuminanti è stata una vera e propria sentenza di colpevolezza per i gialloviola. E i Los Angeles Lakers sono stati giudicati colpevoli di aver puntato su un’idea di pallacanestro poco praticabile: mamma chioccia LeBron pronta a svezzare i suoi piccoli Ingram, Ball e Caldwell-Pope, diciamocelo francamente, non avrebbe mai funzionato.
Con l’arrivo di Davis la musica è letteralmente cambiata!
Sembra passata una vita da quando i Lakers perdevano con gli Indiana Pacers per 136-94.
L’arrivo del fenomeno dei Pelicans Davis, giovane fuoriclasse della pallacanestro americana che oggi dialoga che è un piacere con il Prescelto, l’innesto di un convincente Howard, la consacrazione di Danny Green e l’apporto (ritrovato) dell’ex Boston Celtic Rajon Rondo hanno fatto tornare il sorriso al numero 23 che quest’anno, oltre a partecipare ai playoff, darà tutto per ottenere l’anello.
Il Re ha deciso di sedere nuovamente sul suo trono e nulla e nessuno, ne siamo sicuri, potrà obbligarlo ad abdicare.