Il problema è che poi mi innamoro di me stesso, lo sono da sempre, da firma nazionale, ultima ma fra i primi, a ultima degli ultimi, ovvero evitata, a parte qua. Mi aggiro con due telefoni: “Ma stai registrando?”. No, non registro sempre almeno l’audio. Per non parlare dei video con vip e bellissime, con presidenti e patron, con campioni di ieri e di oggi. “Non ne vale la pena, è matto, pubblica per se stesso, fa domande strane, è imprevedibile”.
Una quindicina d’anni fa, un capo servizio oggi in pensione complice una malattia mi disse: “Quello ha pronunciato la parola presidente, come massimo della polemica”. E si riferiva a un giornalista del basket.
Bene, a me piace giudicare senza vedere, avere preconcetti, attaccare a testa bassa, rompere i rapporti, riprendere e macinare, curiosare. Non provocare. Solo che io rappresento meno di me stesso, molto meglio essere vicini ai potenti, i famosi portaborse.
Bene. Ho scritto molto anche per Il Giorno, dal ’93 al 2001, il capo dello sport era inizialmente, 30 anni fa, Franco Grigoletti, bolzanino amante del basket, con vice Franco Rossi, ternano, entrambi scomparsi, e trice Daniele Dallera, poi a Mediaset, con Gene Gnocchi in gag domenicale e da 20 anni, ormai, a Il Corriere della Sera.
Franco Rossi, dunque, un giorno mi fece intervistare Carlton Myers, nel ’97, dopo il record in A2 con Rimini, di punti, 70 passa. Ne ho parlato a Carlton, a Trento, presto pubblicherò qui.
Franco Rossi scrisse un libro “Perda il migliore”. Raccontava le sconfitte nel calcio di chi aveva meritato tanto o comunque più di chi vinse. Io amo gli scudetti inconsueti e quelli mancati. Del calcio, so molto e a memoria. Nell’80-’81 era della Roma, penalizzata da Paolo Bergamo, nel gol di Turone a Torino, con la Juve. Bergamo era talmente intellettualmente disonesto che nella sua biografia vanta di avere inviato a Gaetano Scirea la statistica dei suoi arbitraggi, favorevoli alla Juve, da molto prima di Moggi e Pairetto, a dimostrazione di un costume molto italiano di favorire i potenti.
Bergamo, dunque, è il simbolo di un pensiero che disprezzo. L’anno dopo, lo scudetto era da spareggio, da Fiorentina-Juve, salvo un rigorino a Catanzaro per i bianconeri, trasformato da Brady, mentre i viola a Cagliari non andavano oltre lo 0-0.
Spesso si vince da sparagnini, Allegri è il peggio, in questo senso, ma Capello era probabilmente peggio, tanto che in Champions alla Juve era disarmante, per inferiorità.
La Sampdoria vinse la coppa delle Coppe e poi lo scudetto, 30 anni fa, dopo avere dato spettacolo dall’84, con Vialli e Mancini.
Il basket, dunque. Viva lo scudetto di Sassari, assolutamente, ma era già di Reggio Emilia. Che l’anno dopo comunque portò via a Milano due partite di finale. Trento strameritava almeno un titolo, fra Venezia, ma aveva infortunati, e la Milano di Pianigiani, con un 2-4 comunque emozionante, con Shields e il compare che a Reggio Emilia ha fallito, grazie ad Antimo Martino.
Sono talmente presuntuoso e arrogante che neanche vado a vedere su google i dati che mancano, vado a memoria, con gli scudetti che sognavo.
Ogni volta che perde Milano, lo sapete, sono felice, ma sempre quando perde il più forte e ricco e titolato, dunque il Brasile e la Germania, la Juventus e il Milan, l’Inter e l’Olimpia, persino Modena, nel volley, e la McLaren.
Un giorno, pardon, una notte che avrò voglia, studierò gli almanacchi, da maniaco dei piazzamenti, e allora premierò, magari on line, persino le semifinali. Perchè Napoli in semifinale è come e da scudetto, perchè Reggio Emilia meritava lo scudetto quando eliminò Treviso fuori casa, nel ’97. E avrei voluto una semifinale di Imola e di Rimini, che comunque arrivarono in Europa.
Mi inchino di fronte alla coppa Italia di Torino e di Cremona, avrei voluto un trofeo a Cagliari e a Barcellona Pozzo di Gotto, la coppa Italia a Capo d’Orlando, con Sacchetti e Pozzecco, una coppetta a Reggio Calabria, con la Viola. Ho negli occhi l’incontro a Reggio con Santo Versace.
E quanti personaggi ho visto, assaporato, conosciuto. Con quanti ho parlato, dal ’90 al 2014 per scrivere o privatamente, adesso mai in privato, solo in ostentazione, su vannizagnoli.it, testata, non blog.
Mamma mia, che emozioni.
Vorrei uno scudetto a Bolzano e uno a Mestre, una coppa a Gorizia e una a Trieste, rammento l’Hurlingham, una alla Stamura Ancona.
Desidero un trofeo in Abruzzo, vorrei folleggiare in video a Pescara e a Roseto, a Teramo e a L’Aquila, almeno per il rugby.
Vorrei un trofeo a Belluno, ad Agrigento, ad Oristano, a tutto quello che mi viene in mente, senza senso.
Vorrei tanti Bob Morse in provincia, tanti Mario Boni, vorrei una squadra di soli tiratori, senza difesa.
Ne parlai con Sandro Gamba, ripescherò.
Intanto, viva il volley. Vincitore di tanto, escluso delle olimpiadi.
Intanto, voglio il basket femminile a podio europeo, come nel ’95 a Brno, con Riccardo Sales.
Da anni inseguo con skype il figlio Andrea, fa il mentalista, non si concederà mai. Ma il barone era il barone.
Abbracci, da Reggio Emilia, prima di andare a dormire.