I podcast, certo. Lo spirito con cui io realizzo video, dal 2014, è esattamente questo. Non mi curo minimamente dell’immagine, è come fosse un’intervista radio, l’inquadratura è amatoriale, fissa oppure tremolante, ma non importa. Dipende dalle pulsazioni, dal freddo, da chi mi ha fatto entrare o da come sono entrato o uscito da un impianto sportivo.
Qui ero a Milano, naturalmente senza accredito, del resto non l’ho mai avuto. Fu la sera dell’omaggio a Dino Meneghin, con la maglia ritirata, contro il Maccabi Tel Aviv.
Fra i tanti fermai Mario Governa, non l’avrei mai riconosciuto, aveva i capelli rossi, da giocatore, era di solito fra i non entrati, negli anni di Dan Peterson e poi Franco Casalini, assieme a Mario Pettorossi, un frinquello, saltallente, che entrava per un pizzico di pressing o per qualche minuto, per tirare.
Governa e Pettorossi sono i simboli di un basket che quasi non esiste più, perchè gli italiani non di primo piano spesso escono dalla serie A, all’epoca gli stranieri erano pochi, mica come adesso, con i passaportati e tutto, il 6+6 o giù di lì. La pallacanestro di cui ero abbonato, dai 14 ai 19 anni, al PalaBigi, dunque sino al ’90, prima di iniziare a scrivere, era con 10 giocatori, dei quali appunto un paio non entravano. I cambi di stranieri durante la stagione erano minimi, anche di italiani.
Quando scrivevo per Tuttosport, dal ’93 al 20 ottobre 2018, vedevo le partite, magari qualcuna non per altri impegni giornalistici, ma restavo concentrato sulle gare. Le preparavo prima, studiavo le serie, qualcosa sui giocatori, dipendeva anche dal rigaggio che prevedevo. Ora che non le scrivo più quasi rifiuto di guardarle, se non quelle veramente chiave. Ma quando Reggio affrontò Brindisi, nei playoff 2015, Piero Bucchi convenne con me: “Anche i nostri tifosi faticano a riconoscere i nostri giocatori”. Figurarsi io che li vedevo magari 2-3 volte l’anno.
Anyway. Dialogando a lungo, in passato, con Salvatore Maria Righi, già firma del Corriere dello Sport-Stadio, dall’Emilia, conosciuto proprio al basket, a Bologna, e poi all’Unità, a lungo anche mio capo, allo sport, la pensiamo in maniera simile, su quel basket. Per lui esiste solo il passato, che a entrambi ricorda i nostri momenti migliori, per me un po’ e un po’, è dura concentrarsi sul presente, senza sbocchi professionali.
Resta il piacere di improvvisare, di raccontare i personaggi, di trovare la forza di andare oltre un saluto, con giocatore.
Mario Governa compie oggi 56 anni, questo è il nostro video augurale. Nei nomi dei roster vincenti c’è anche il suo, con 8 trofei in 5 stagioni a Milano. In mezzo passò un anno a Torino.
Secondo wikipedia smise a 24 anni. Mancano personaggi del genere, umili e senza tatuaggi, allenati ma non super muscolati, insomma normali. Che nel dopo carriera hanno fatto altro, lui ha un ristorante in piazza del duomo, a Milano.