Leggevo, anni fa, da Cristiano Gatti, inviato de Il Giorno e poi de Il Giornale e per anni firma su Il Corriere della Sera, che quando muore un personaggio si fa a gara a ricordarlo, a farsi grande con il proprio ricordo.
Il mio Franco Casalini è stato esemplare, in questo senso, a Reggio Emilia, tempo fa con l’Eurocup di Massimiliano Menetti.
A Reggio Emilia, dunque, chiedo di raccontare in video Casalini e il giornalista, la prima voce e la seconda, naturalmente, soprattutto, Franco.
Detesto Milano, lo sapete, non in quanto Milano, in quanto ricca e onusta, ovvero zeppa di trofei, preferisco sempre chi perde, detesto la Juve e il Real Madrid, escluso Ancelotti, detesto il Brasile e la Germania, non amo le dittature, semmai i personaggi. Detesto Dan Peterson: “Scusi, ma lei cosa vuole da me?”. Preferisco Valerio Bianchini, il vate, con me sempre gentile, anzi devo riraccontarlo.
Franco Casalini dunque, quella sera abbiamo brevemente raccontato la sua vita, è nello youtube parcheggiato dall’aprile del 2019, era stato gentile, come il giornalista.
Trattengo, a stento, le lacrime, per un bel personaggio, che era giovane, quando era all’apice, da vice a capo allenatore di una Milano comunque cadente, perchè Franco Casalini era un bravo allenatore ma non identificato come super, eppure fece uno slam o giù di lì, con l’Olimpia Milano anche grazie a Piero Montecchi, reggiano, idolo di mio papà Vasco, per le acrobazie.
Franco Casalini, dunque, era un buon allenatore, con un gesto curioso e caratteristico, a cui facevamo il verso al liceo scientifico Lazzaro Spallanzani, a fine anni ’80 con Giovanni Ferrari, geologo, il più sportivo dei miei compagni di classe di allora.
Protestava con eleganza, con gli arbitri, senza farsi dare il tecnico apposta, come faceva il suo maestro, Dan Peterson, li mandava dolcemente a quel paese, un gesto sottile, ma per favore, sembrava dire, Franco.
Caro Franco, ho appreso da facebook, da Mario Governa, che almeno ho conosciuto, assieme a Franco Bargna e a un pò di altri, nella notte del ritiro della canotta numero 10, di Dino Meneghin.
Sappi, caro Franco, che con te avrei voluto fare non quei 5′, neanche 50, ma 5 ore, perchè sei stato grande. Ti avrei chiesto, sì, delle sfide epiche con Reggio Emilia, di tutto quanto mi venisse in mente, forse ti avevo detto che Dan mi stava su, che non amo la sbruffoneria, neanche nella pubblicità, anche se ormai la uso anch’io.
Caro Franco, avrei voluto passare ore, con te, come con tanti, non ho fatto in tempo.
Penso a Mario de Sisti e a Mangano, a Dido Guerrieri e a Taurisano, Arnaldo, di tanti cerco i parenti.
Parlerò con la vedova di Alberto Bucci, qualche minuto in voce l’ho già pubblicato, magari senza titolarlo.
Caro Franco, mi ricordi quei formidabili anni ’80 e poi ’90, le seconde voci, i commentatori tecnici, i personaggi mitizzati e mitici, non solo per Giovanni Ferrari.
Eri un piccolo uomo solo come altezza, rispetto ai giganti, ma un grande uomo, avevi il mio rispetto.
Ricordo come ti chiamava l’americano, Franko Kasalini, sembrava dire.
Hai rappresentato una bella Milano, di doo-doo, McAdoo, quanto ho ascoltato Dan Peterson, in tv.
Quante volte, da bambino, ho tifato Marco Lamperti, contro il vostro Montecchi, con la e chiusa, come diceva il Dado, Lombardi.
Caro Franco, un giorno vorrei riprendere casa tua, dei tuoi cari, assaporare i tuoi ricordi visivi, le foto e gli articoli di giornale, tutto quanto ti rappresenti.
Sappi che in fondo sono un grande tifoso, di Milano, almeno in Europa, ma non contro le italiane, mai contro le italiane.
Sappi che tifava Cantù, Roma, ma voi contro il Maccabi Tel Aviv.
Un giorno pubblicherò qua o ripubblicherà Claudia Giordani che ricorda papà Aldo.
Caro Franco, sappi che tifavo per te, per la tua storia, per i tanti che meritavano di essere al tuo fianco o al tuo posto e non ci sono riusciti.
I Perazzetti, i Gebbia, ma infiniti nomi.
Caro Franco, è per gente come te che ci si entusiasma e magari ci si commuove, perchè eri un grande personaggio, esattamente come il nano ghiacciato, per nulla nano, un gigante, un notista di costume, che io stesso, poi, ho ascoltato, nel ricordo, per esempio, di Gigi Serafini, scomparso due anni fa.
Caro Franco, salutami i grandi, che ho visto solo in tv, come Cacco Benvenuti, l’allenatore preferito da Mario Boni.
Ecco, nel vostro mondo ci sto ancora, anch’io.
Adesso sei nell’empireo dei grandissimi di un super basket, di un super sport, di super allenatori, di super uomini, di gente perbene, di gente che ha cambiato il tempo libero degli italiani, non solo calcio o motori o ciclismo, magari, ma anche baloncesto.
Vedo Solozabal in sospensione, non so perchè, ma quella Spagna, avversaria dell’Italia a Nantes, nell’83, e poi San Epifanio e Ciccio Sibilio e Corbolan. Ho in mente la telecronaca di Aldo Giordani, adoravo Sandro Ciotti.
Ah, un giorno parlerò della tua generazione con Luciano Scateni, la voce di radio Rai, da Caserta, dal pala Maggiò.