Non è stato proprio tutto rose e fiori l’inizio dei campioni in carica: il primo mese di regular season della franchigia di San Francisco si sta per chiudere con più dubbi che certezze, oltre ad un record al momento negativo (5-8). Così come non è tutto oro ciò che luccica, non è tutto da buttare quello che si è visto in queste prime uscite: ma il fatto che delle sole 5 vittorie ben 3 siano arrivate grazie alle prestazioni di un Curry stellare (2 volte contro Sacramento e 1 volta contro Cleveland) non è un buon segno.
Golden State è stata una delle peggiori difese della lega in questo avvio (quando proprio l’anno scorso era risultata una delle migliori della classe in questa metà campo), incassando più di 120 punti anche da squadre non proprio irresistibili come Orlando, Detroit e Charlotte. In seguito all’esordio semplice contro dei Lakers allo sbaraglio (ne abbiamo scritto qui) Golden State ha subito 131 punti di media contro Nuggets, Kings e Suns, portando il suo record sul 4-4: dopo la vittoria per 123-110 su Miami, sono arrivate 5 sconfitte preoccupanti con Charlotte, Detroit, Miami, New Orleans e Orlando, prima dei successi “strappati” da Steph Curry con Sacramento e Cleveland. Infine la sconfitta di questa notte con Sacramento, forse la più “ammissibile”: in trasferta, contro una squadra che ha tirato con il 43% da 3 e nella prima partita di un back-to-back è arrivato un altro stop di 8 lunghezze che porta il record a 5-8.
Un’estate da MVP, un inizio da MVP
L’inizio di stagione di Golden State porta un nome ed un cognome, entrambi assai conosciuti: Stephen Curry. Chi pensava che potesse ricominciare a giocare un po’ “appagato” dai trionfi e dai premi della scorsa stagione è rimasto smentito: al 12 novembre le sue statistiche dicono 33.3 punti di media, conditi da 6.8 rimbalzi, 6.7 assist, 55% dal campo, 44% dal 3 e 91% ai liberi. “Buonanotte”, direbbero in tanti leggendo questi numeri: o, forse, “night night”, per citare la sua celebre esultanza. Il numero 30, all’età di 34 anni, sarebbe addirittura in linea per una stagione da 30 punti e con le percentuali 50-40-90: sarebbe un avvenimento quasi unico, solo una seconda volta nella storia della NBA (e indovinate chi è stato il primo… sì, proprio Steph). Con il quarantello rifilato a Cleveland stanotte è diventato il quinto giocatore più longevo di sempre a segnare 40+ punti in una partita: ma se da un lato gli Warriors si possono coccolare la loro star, dall’altro queste prestazioni devono far preoccupare Steve Kerr.
Eh sì, perchè se il #30 sta facendo egregiamente il suo compito non si può dire lo stesso di alcuni suoi compagni: il quintetto titolare produce, dalla panchina invece le cose non stanno funzionando. Entriamo nel dettaglio con qualche numero: il quintetto Curry-Thompson-Green-Wiggins-Looney è uno dei più utilizzati finora nella Lega (136 minuti) e produce 127 di offensive rating (1° tra i quintetti utilizzati almeno 100 minuti), 101.7 di defensive rating (2°) e 26.3 di net rating (1°)*. Il problema maggiore di questo assetto è Klay Thompson (le cui percentuali si aggirano sul 35% al tiro dal campo, lontano dagli antichi splendori), ma questo starting funziona e produce un plus/minus medio di +7.6: Golden State batte gli avversari di 7 punti abbondanti quando schiera questi giocatori. Un dato “esagerato”, contando che si parla di una squadra con un record negativo.
*Statistiche misurate domenica 13 novembre, prima della partita con Sacramento nella notte tra il 13 e il 14
Addentriamoci dunque nelle ragioni principali delle difficoltà degli Warriors: la prima è la difesa. Golden State in questo momento è la squadra che concede più punti agli avversari (119.0), fatica a rimbalzo (solo 21° nel conto dei rimbalzi difensivi), concede tanti punti da palle perse (è 28° in questa graduatoria) ed è 26° per defensive rating. Numeri con cui non solo non puoi arrivare fino in fondo, ma probabilmente non puoi arrivare neanche ai playoff. Tra i motivi di questa debacle statistica c’è sicuramente il rendimento della panchina: James Wiseman e Jonathan Kuminga restano dei rebus, per ora. Le grandi speranze per gli Warriors del presente e del futuro non stanno ancora portando sufficiente contributo: Wiseman potrebbe portare quei centimetri e quell’atletismo che Golden State non ha mai avuto nella sua storia recente, così come Kuminga eleverebbe molto il livello della second unit e, una volta “sgrezzato”, potrebbe rendere molto meno amara la partenza di Draymond Green. Eppure, il primo viaggia con un eloquente -24 di Net Rating e, a tratti, sembra essere più una tassa che altro: il secondo ha numeri anche peggiori nelle due metà campo, dimostrandosi non ancora pronto.
Quando entrambi sono sul parquet Golden State concede quasi 7 punti di vantaggio agli avversari, in ogni partita. E’ sotto le aspettative anche Jordan Poole, che ha dato qualche buon segnale contro i Cavs ma viaggia poco sopra il 40% dal campo e il 30% da 3, con 3.2 palle perse ad allacciata di scarpe. Uniamoci l’infortunio occorso a DiVincenzo (che lo ha tenuto lontano dal parquet per due settimane) ed ecco una second unit che non riesce a far rifiatare i titolari senza prendere parzialoni: i lampi maggiori, forse, sono arrivati inaspettatamente da qualche giocata di Anthony Lamb e Ty Jerome, che nonostante essere sotto contratti “two-way” hanno portato qualche buon minuto in campo alla causa. Questi numeri hanno indotto Kerr ad utilizzare una rotazione corta nell’ultima partita contro Cleveland (vinta 106-101) e a Sacramento: oltre al solito quintetto, dalla panchina ha giocato 15 minuti DiVincenzo (fondamentale per il playmaking e per togliere qualche responsabilità con la palla in mano a Jordan Poole), lo stesso Poole e un sorprendente Anthony Lamb da 10 punti e 4 rimbalzi in 23 minuti. Niente Wiseman, niente Moody, niente Jamychal Green, pochi minuti per Kuminga: rotazioni “da playoff”, che hanno portato dividendi. Altro problema sono le palle perse, rebus tutt’altro che nuovo per la franchigia californiana: sono 16.7 a partita (28°).
I dubbi sui giovani e le possibilità di trade
In questo momento Golden State non è una squadra da regular season, o quantomeno non riesce a girare come tale: in quello che dovrebbe essere un supporting cast di primo livello non si riesce ad organizzare una rotazione tale da consentire (soprattutto) a Curry di non prendersi tutte le responsabilità che ora si deve prendere. Kerr riuscirà a toccare le corde giuste? A San Francisco possono essere fiduciosi, considerando che siamo solo a novembre. Secondo il sottoscritto non è escludibile a prescindere la possibilità che il GM Bob Myers possa orchestrare qualche scambio: i piani degli Warriors sono noti e sarebbero quelli di sviluppare due timeline, continuando a vincere e contemporaneamente sviluppando il nucleo futuro della squadra.
È chiaro, però, che questi giocatori devono poter crescere e giocare minuti: gli “ne” con Cavs e Kings di Wiseman e Moody da questo punto di vista stonano molto. Il nucleo giovane di Golden State non può essere aspettato a lungo e finora ha deluso: a questo punto, forse, tanto varrebbe operare degli scambi, piuttosto di non dare loro fiducia e minuti sul parquet. Soprattutto considerando che uno come Curry passa una volta ogni n-anni e con lui provare a vincere diventa un imperativo: nel giro di qualche settimana, probabilmente, si capirà se sarà il caso di organizzare una trade per aggiungere una pedina (o più di una) dal rendimento più sicuro ad una squadra che vuole fare “back-to-back”, ma è molto lontana dal trovare la quadra.