Mi rivedo in Claudio Pea, al netto che non sono degno di ascoltarlo, di emularlo, di copiarlo, di non so che cosa.
E’ proprio la nevrosi, ovvero quello che mi e ci è costato tanto. Claudio Pea è in pensione, da anni, può azzardare, farsi leggere, è un mito del basket e di tanti sport e ha un’autorevolezza fuori dal comune. Gioca con le parole, l’ha sempre fatto, lo fanno i più grandi.
Claudio ha le stimmate dei grandi giornalisti, trovo però che vada troppo sul personale, capita anche a me. Ce l’ho con lui e allora lo bersaglio. Relativamente, per la verità, come difesa, come situazioni particolari. Le domande e le riprese azzardate, sapete che sono l’unico al mondo a lavorare così, come giornalista che racconta i passanti.
Claudio chiama Leo Messi vomitino, in avvio della nostra chiacchierata prendo le distanze. L’Argentina poteva uscire al primo turno, sarebbe cambiato poco. Un grande alle grandi manifestazioni con l’Argentina aveva sempre fallito, per l’ansia, appunto raccontava di vomitare. Io mai userei un nomignolo così, neanche per satira.
E poi Flavio Tranquillo. Quando fa versi, gorgheggia, l’ho fatto anch’io, come Fabio Caressa, al campo di calcio di Carpi, il pr mi ha redarguito pubblicamente: “Fai dei versi”.
Non faccio versi, faccio i versi come satira, semmai, di chi fa le telecronache con tanti personalismi, Caressa, Lele Adani e lo stesso Tranquillo.
Il nero l’hanno preso in tanti, a Siena, ci sono sentenze, anche Pianigiani e Kaukenas.
Ah, scusate, poi Claudio Pea ha spiegato il tormentone. Già, il tormentone.
Di Claudio non amo le esagerazioni.
Il giornalismo era, è ancora in parte schierarsi, come faceva Gianni Brera.
Ecco, lo stesso stile, di Brera, i nomignoli, e in questo Claudio è geniale.
Ascoltandolo, ascoltando i personaggi del basket, vedo proprio che è diviso fra Messina e Pianigiani, fra amici e non amici, a me questo non piace.
A me non piace Milano perchè ha sempre vinto, come non mi piacciono tutti i ricchi, i potenti.
La vera stampa fa e faceva il verso ai potenti.
Claudio Pea è marxista-leninista o giù di lì, come racconta. Può venire a vivere a Reggio Emilia al posto mio, è il posto giusto, come spiego nella nostra chiacchierata solo audio, che pubblico su youtube senza tagli.
Claudio gioca, con il discorso querela e querelo. “Querelo chi parla di me, chi storpia la realtà”. Significa un minaccio di querela.
A un certo punto dice “Ho pagato tanto la querelle con Flavio Tranquillo”. Anzi, dice che ha pagato tanto quella storia con Paolo Rossi e Cabrini. Antonio, Cabrini, nel film su Paolo Rossi mandato in onda dalla Rai, durante i mondiali, dice: “I giornalisti videro me e Paolo alla finestra, al mondiale in Spagna. Uno ci chiese ci faceva la donna, fra noi, Paolo chiese: “Chi è il più bello?”. Il giornalista disse “Antonio”. Allora è lui che fa la muchacha”.

Paolo Rossi e Antonio Cabrini erano grandi amici. Claudio Pea passerà alla storia per avere scherzato con loro e anche averne scritto
Quel giornalista era Claudio Pea. Che però spiega bene come fossero andate le cose. Era uno scherzo fra amici, giornalisti e giocatori. “Se avessi davvero dato dei gay ai giocatori mi avrebbero querelato”.
“Eravamo in stanza con loro, ero il giornalista più giovane inviato al mondiale di Spagna. Con me c’erano Tony Damascelli e Silvio Garioni, la firma de Il Corriere della Sera”. Che quando scomparve era fidanzato di Giancarla Ghisi. “Questo è per dire com’erano all’epoca i rapporti fra giornalisti e personaggi”.
Claudio Pea racconta il viaggio in aereo con Gianluca Vialli, scomparso oggo, al mondiale del Messico, di calcio. Non l’ho corretto, l’Italia uscì agli ottavi di finale, non al primo turno.
Sul basket, sul meglio del basket, sul bel basket, vi costringo ad ascoltare. Parliamo di Milano e di Messina, di Walter Fuochi di Repubblica e dei grandi giornalisti del passato e del presente, raccontiamo la satira e Il Giorno, Gianni Petrucci e la Fip.
Una notte ho letto Repubblica, Walter Fuochi. Il budget di Milano sarebbe di 30 milioni di euro, la Virtus Bologna risponde con 25. Claudio Pea è sicuro che Milano spenda più di tutte, in Europa, per anni ho sentito dire che la più danarose sono le squadre turche, le russe – fuori per la guerra – e le spagnole.
Le iperboli, ecco. Non amo le iperboli, mai. Flavio Tranquillo è un eccellente giornalista e anche telecronista, Sky dà spazio, giustamente, anche ai suoi podcast. Flavio fa analisi, molto anche extra basket.
Spesso dietro una grande voce c’è tanta documentazione. Flavio è un lusso per il basket, come Franco Bragagna per l’atletica, in Rai. E poi c’è il limite della critica, della querela, della suscettibilità.
“Bisogna saper perdere”, dice Pea. Messina dice “Quando perdo non domandatemi nulla”. Repesa con me è stato super, non credo solo perchè ho parlato del figlio e non ho parlato della sconfitta a Reggio Emilia.
A Claudio invidio la fisicità, del resto io è come fossi un disabile, da sempre.
“E’ nato tutto da una partita a tennis con Flavio Tranquillo. Stavo perdendo, poi ho vinto, nonostante sia meno giovane di lui e Flavio alla sera non si è presentato a cena. Mi dava del lei, esattamente come stai facendo tu in questa intervista”.
Uso il lei anche con i ragazzini, nei video. Perchè nelle interviste si dà del lei, mi hanno insegnato. Walter Fuochi su Repubblica con Ettore Messina ha usato il tu, invece, e l’ha spiegato. “Non sarebbe credibile, ci conosciamo da 40 anni, da quando era neopatentato, a Bologna”.
Io davo del tu al preside del liceo dove mi ero appena diplomato, in una chiacchierata che poi pubblicai su Carlino Reggio. Di persona. E non se l’aspettava. Sulla carta credo di avere scritto con il lei, l’ho imparato allora. Resta il dolore per Gianluca Vialli, anche di Pea, e per tutti quanti ci hanno lasciato così presto, anche nel basket