Manca ancora l’ufficialità, ma l’entusiasmo con cui la scorsa settimana Chris Paul, presidente della NBPA (associazione dei giocatori) ha commentato la bozza di accordo raggiunto con la NBA (cioè con i proprietari delle franchigie) lascia poco spazio ai dubbi, ed il comunicato congiunto delle due associazioni taglia la testa al toro: entro meno di un mese verrà sottoscritto il nuovo contratto, che varrà a scongiurare ogni rischio di lockout per i prossimi sette anni! Non c’è ancora la ratifica (tanto che le parti hanno deciso di prorogare fino a metà gennaio il contratto ancora in vigore), ed alcuni termini dell’accordo, soprattutto per quanto concerne i vincoli per l’accesso al gotha del basket mondiale da parte dei ragazzi delle high school e dei college (punto non secondario sul quale le parti sono ancora distanti, ma siamo certi che, trovata la quadra sulle questioni economiche, qualche compromesso salterà facilmente fuori…) sono ancora in discussione , ma i giocatori possono dirsi pienamente soddisfatti.
La galassia NBA è in piena espansione, sprizza salute e genera ricchezza, grazie soprattutto ai nuovi contratti televisivi, come dimostra la progressiva crescita del tetto salariale (le proiezioni parlano addirittura di 120 milioni di dollari entro il 2020!), e questo ha fatto sì che le trattative avvenissero in un clima disteso e, da parte dei proprietari, con orecchie attente e disponibili all’ascolto, diversamente da quanto accaduto cinque anni or sono.
Le richieste dei protagonisti sul campo erano di natura economica ma non solo: l’obiettivo era quello di creare le condizioni per ridurre i rischi di infortuni, sempre più all’ordine del giorno a causa del numero e della frequenza delle gare giocate in una stagione agonistica. Ne è venuto fuori un ritocco complessivo delle regole e dei diritti che avrà ripercussioni, oltre che sulle tasche e sulla salute dei diretti interessati, sull’intero movimento cestistico mondiale! Vediamo come.
- La pre-season verrà accorciata e sarà anticipato almeno di una settimana l’inizio della stagione regolare, in modo da consentire la composizione di calendari meno fitti e compressi e ridurre la frequenza dei cosiddetti “back-to-back” (due incontri in due giorni).
- Verranno riconosciute maggiori tutele economiche, sanitarie ed in termini di benefit per gli ex giocatori over 50.
- Verranno poste in essere importanti novità per quanto concerne la regolamentazione dei rinnovi contrattuali: riduzione da tre a due giorni di tempo per pareggiare le offerte sui “restricted free agent”; incremento da 36 a 38 anni come limite di età per le stipule ai massimi salariali; possibilità, per le all-star, di negoziare le estensioni contrattuali con un anno di anticipo; introduzione della cosiddetta “Kevin Love rule”, ovvero la possibilità per un secondo “uomo-franchigia” di ottenere il massimo salariale: tutte norme appannaggio delle grandi stelle (lo stesso Chris Paul in primis, ad un anno dalla sua scadenza…).
- I diritti di immagine dei giocatori passeranno direttamente sotto il controllo della loro associazione.
- Sarà previsto un corposo aumento per tutte le cosiddette “eccezioni salariali”, ad esempio maggiore flessibilità per i contratti dei rookies e, soprattutto, l’innalzamento dei minimi salariali per i “veterani”. Punto dell’accordo forse un tantino sottovalutato ma che merita un primo spunto di riflessione da parte di noi appassionati d’oltreoceano: fino ad oggi un buon giocatore NBA, a fine carriera o che abbia reso sotto le aspettative, poteva essere tentato di attraversare l’Atlantico e scegliere gli scenari europei. Da domani potrebbe non essere più così. Non così spesso. Dipenderà da molti fattori, certo, ma le due coste dell’Atlantico potrebbero allontanarsi anche a causa di questa clausola.
- Buon ultimo, citiamo forse l’elemento più suggestivo e “rivoluzionario” dell’accordo: ampliamento della composizione dei roster da 15 a 17 giocatori e sostanzioso aumento del salario medio dei giocatori impegnati nella NBA D-League, si parla addirittura fino a 100000 dollari, con conseguente acquisizione di status di giocatori professionisti. E questo, naturalmente, apre una prospettiva del tutto inesplorata e, probabilmente, anche inimmaginabile!
Un esempio su tutti: la coppia Larkin-Bargnani, la scorsa estate, è passata armi e bagagli dai Brooklyn Nets al Baskonia (ACB-Eurolega), per contratti mediamente onerosi (circa 2,3 milioni di dollari complessivi). Shane Larkin, pur in una situazione di emergenza come quella dei Nets dello scorso anno, non aveva demeritato: con i roster estesi a 17 giocatori, siamo certi che non avrebbe potuto ambire ad un contratto in NBA? Ed il Mago nazionale, qualora posto di fronte ad un’offerta al minimo, e qualora questo fosse stato più remunerativo dell’attuale, avrebbe ugualmente ceduto alle sirene europee? Forse si, nel caso specifico, ma domani potrebbe non essere più così semplice.
E soprattutto: la D-League, il mondo sommerso degli ex collegiali undrafted, costituiscono da sempre un vastissimo bacino, forse il più comodo e frequentato, cui attingere per la selezione dei propri stranieri. Pensiamo, ad esempio, alla maggior parte delle società di A ed A2 italiane, ma non solo. Una volta in vigore i nuovi termini dell’accordo, il prezzo di questi ragazzi salirà automaticamente, rendendo difficilmente accessibile a molte squadre, non solo italiane, tale mercato! Destinato, invece, a restare appannaggio delle grandi società europee, ingigantendo il divario con le realtà “provinciali”.
Altro problema: è del tutto verosimile che il draft della D-League, finora rappresentato da un evento molto sottotraccia e destinato ai soli addetti ai lavori, divenga, invece, molto più ambito da parte di centinaia di buoni ed ottimi giocatori americani e non solo! Il flusso migratorio potrebbe, dunque, addirittura invertirsi, ed in tempi, peraltro (attualmente si svolge in ottobre avanzato), assolutamente non consoni per le esigenze delle squadre europee, la cui stagione agonistica inizia ben prima!
Società di medie e piccole dimensioni saranno tentate di volgere lo sguardo al mercato europeo o nazionale, ma, si sa, l’aumento della domanda genera aumento dei prezzi… Stiamo parlando di una reazione a catena i cui effetti saranno probabilmente dirompenti e, ripeto, non del tutto immaginabili.
Due possibili scenari, ad esempio, potrebbero essere un’ulteriore spinta verso la creazione di una Superlega Europea, su modello NBA, svincolata dalle realtà nazionali o (e questo potrebbe non essere affatto una cattiva idea), finalmente un vero impulso ad investire risorse economiche, progettuali ed umane per implementare i settori giovanili.
Poche idee e confuse, forse, probabilmente premature, almeno fino all’ufficializzazione del nuovo contratto. Semplici spunti di riflessione per chi segue con passione le vicende di un mercato che, da domani, potrebbe non essere più lo stesso.