Capitolo 10 –Ultimi giorni
Per chi volesse avere qualche informazione in più e vedere l’ultima partita della stagione, vi indico il sito della Lega e il link per la partita Soles-Correcaminos del 11 febbraio 2017
Tornato da Mexicali, non penso che a dormire. Sono sveglio da 27 ore. Inutile dire che la giornata successiva mi vede decisamente “sfasato”.
Ricevo una telefonata dal General Manager che mi prospetta un clinic di tre giorni in una bellissima città costiera sull’Oceano Pacifico (un clinic è l’equivalente di uno stage/corso per allenatori). Accetto con entusiasmo, anche perché mi annoierei a stare a Victoria per una settimana intera, con nulla da fare. Mi dice che mi darà tutti i dettagli il giorno seguente.
La città in questione è La Paz, una rinomata destinazione turistica che sebbene sia distante, credo valga la pena di visitare.

Una foto turistica di La Paz
Purtroppo da quel momento, il General Manager è irreperibile per due giorni!!
Dopo le 48 ore, mi invia un messaggio via whatsapp, informandomi che ha parlato con l’Associazione Allenatori Messicana che vorrebbe ora la mia partecipazione al Clinic Internazionale di Durango.
A parte la diversa attrattiva, come potete vedere, la città di Durango è situata tra le montagne e dalle prime informazioni non è facile arrivarci.
Mi consulto con Luis, anche lui relatore al clinic di Durango, e dopo una ricerca sulle mie opzioni di viaggio decido che rischierei di perdere il volo di ritorno in Italia, già fissato per la mattina di lunedì 20. Comunico la mia decisione al presidente dell’Associazione Allenatori e mi appresto a vivere quattro noiosi giorni a Ciudad Victoria.
Per fortuna, uno dei due giocatori tornati qui a Victoria, Gerardo Gonzales (nella foto qui a fianco), studente all’università UAT, mi chiede se sono disponibile a lavorare con lui, sui fondamentali individuali.
Ogni mattina quindi lavorerò con lui, fino alla mia partenza di domenica mattina per McAllen, Texas, da dove lunedì mattina parte il primo dei tre voli che mi riporteranno in Italia.
Siamo arrivati a Domenica; sveglia e partenza alle 6.00 dal Hotel City Express.
L’autobus delle 6.30 per Reynosa mi porterà in quella che è ancora una delle cittadine più violente del Messico.
Essendo sul confine con gli Stati Uniti è palcoscenico di scontri armati tra gruppi di trafficanti di droga, con centinaia di morti ogni anno.
Per fortuna devo starci per solo una ora, in attesa di un secondo autobus che mi porterà oltre confine, a McAllen, Texas, piccola città di 130.000 abitanti.

Persone che girano armate in città
Durante il viaggio in autobus, penso a quali cose particolari non ho menzionato nei capitoli precedenti, come ad esempio:
- In Mexicali, migliori ristoranti sono cinesi, grazie alla grande comunità asiatica che si è stabilita in California e Baja California.
- In auto, ad un semaforo rosso, posso svoltare a destra.
- In Europa bevono la tequila con sale e limone. In Messico la preferiscono liscia, così com’é .
- Una bevanda molto popolare è la “agua Jamaica” che non è altro che quella che noi conosciamo come infuso di Karkadè.
- Il termine “sombrero” che noi associamo al copricapo tradizionale messicano, è la traduzione in spagnolo del termine cappello, senza particolare distinzione. Deriva da “sombra”,ombra in spagnolo.
- Come negli USA, nei ristoranti, è norma lasciare una mancia (qui si chiama “propína”). Ma nel Messico si va oltre; si lascia la mancia quasi a tutti, compreso al benzinaio dopo il rifornimento!
- Considerando la morfologia del territorio, ed il clima, credevo di trovare in Messico anche del buon olio di oliva. Mi sbagliavo. Non viene prodotto, e quello importato è ovviamente costoso.
- Sulle strade nei centri italiani, abbiamo i dissuasori di velocità, piccoli dossi che fanno rallentare, le auto. In Messico esagerano: sono cordoli di marciapiede, ricoperti di asfalto…altissimi !!
- Della cucina italiana, non sento molto la mancanza. Ma una cosa che mi manca moltissimo è il pane dalla crosta croccante!!!
A McAllen, il mio hotel è di fronte all’aeroporto e di fianco ad un grande “mall” o centro commerciale. Faccio una passeggiata di un paio d’ore tra il centinaio di negozi e mangio qualcosa.
Ritorno poi al mio hotel per approfittare dei canali televisivi sportivi che fino a notte fonda trasmettono partite di basket universitario.
Il giorno successivo è il 20 febbraio, giorno del mio volo. Piove. È una rarità per McAllen, che in un anno ha solo circa 57 giorni di pioggia (circa la metà dei giorni di Roma).
Nel piccolo aeroporto (che si fregia del titolo “International” visto che ha anche un volo verso il Messico, che in linea d’aria dista un chilometro…), faccio il check-in, pago il mio bagaglio in eccesso (accidenti agli outlet!), e dopo circa un’ora e mezzo di volo, sono a Dallas.
Qui ho una lunga pausa di 5 ore, fino alle 18:30 quando mi imbarcherò per Londra, aeroporto di Heathrow.
Il volo per Londra dura 9 ore e prima del decollo, ho un po’ di fortuna, e riesco a scambiare il mio posto – finestrino – con un posto vicino al corridoio. Il volo è abbastanza tranquillo, però atterriamo con una mezz’ora di ritardo a London–Heathrow. Ora si pone il problema del cambio di aeroporto. Tra meno di 3 ore, parte il mio volo per Venezia, però da un altro aeroporto: quello di Gatwick!
Proprio quando sto per scendere dall’aereo, ricevo una telefonata dall’autista del taxi, (prenotato online), sul trasferimento all’aeroporto di Gatwick.
Mi dice che fuori dal terminal è in corso una manifestazione contro l’espansione dell’aeroporto. La viabilità è bloccata, e mi suggerisce di trasferirmi al terminal 5, dove mi attenderà, con un cartello con il mio nome.
Ritiro il mio bagaglio, passo il controllo passaporti e con una navetta mi trasferisco al terminal 5, all’altra estremità dell’aeroporto.
Trovo l’autista e ci mettiamo in strada. Purtroppo, ormai manca solo una ora e mezza al mio volo per Venezia, ed il tragitto dovrebbe durare poco meno di un’ora. Ho i minuti veramente contati. A dieci minuti dal previsto arrivo al terminal sud di Gatwick, un incidente sull’autostrada, ci rallenta ulteriormente. Ormai non ho speranze..
Arrivo a Gatwick e avendo perso il volo, mi reco al “desk” della British Airways. Una addetta molto gentile, mi prenota senza ulteriori costi sul volo delle 16.40, e per scusarsi del ritardo del volo precedente, mi consegna anche dei buoni da utilizzare nei ristoranti al piano superiore. Dopo tante corse, un pranzo gratuito ed una pausa di tre ore, non mi dispiacciono affatto.
Finalmente alle 16.00 salgo sul volo per Venezia e mi sistemo al mio posto lato finestrino. Da questo momento non ricordo più nulla. Mi risveglio all’atterraggio all’aeroporto Marco Polo di Venezia. Sono le 20.00, ed è bello essere di nuovo in Italia, temperature invernali comprese. Mi attendono in auto nel parcheggio dell’aeroporto e mia figlia mi fa trovare una croccante baguette. Rientriamo a casa. Un veloce saluto ai miei genitori e la stanchezza si fa sentire. Con l’eccezione del periodo dormito sull’ultimo volo, sono sveglio da 28 ore.
Da domani, si ritorna in palestra con i ragazzi. L’esperienza messicana mi ha insegnato molto, mi ha fatto conoscere persone interessanti e per quanto riguarda la pallacanestro, un mondo molto diverso da quello Europeo. Per me, in definitiva, un’esperienza utile, sotto molti punti di vista. Per concludere questi appunti di viaggio, concordo con quanto scritto sul bigliettino trovato in un biscotto della fortuna in un ristorante cinese nel “mall” di Mc Allen:
“Quando finisci di cambiare, sei finito”
Vediamo quindi cosa mi riserva il futuro! Un saluto a tutti,
Carlos
Eduardo Lubrano
@EduardoLubrano