Dieci giorni dopo il termine della serie di PlayOut che ha sancito la salvezza dell’ Unieuro Pallacanestro Forlì 2.015 abbiamo incontrato il Team Manager Alberto Poggi per farci raccontare qualche aneddoto della stagione appena conclusa e rivivere alcuni momenti della sua esperienza in questo biennio biancorosso.
Signor Poggi, lei all’interno della Pallacanestro Forlì 2.015 ricopre il ruolo di Team Manager. Può spiegare a quanti non lo sapessero di cosa si occupa il Team Manager?
“Avete un’oretta (ride)? Scherzi a parte mi consenta un piccolo inciso. Fui chiamato per prender parte a questa avventura nell’estate 2015 quando nacque il progetto Pallacanestro Forlì e lo accettai con grande entusiasmo insieme ad altri compagni “di battaglia” come Riccardo Girardi col quale, guardando una partita al PalaFiera qualche anno prima, ripensammo all’occasione che perdemmo quando le cose con l’allora Marco Polo non andarono bene e sarebbe stato fantastico ripartire con un progetto simile a quello con una nuova Società. Così è successo ed è stato un po’ come un sogno che si avverava. Mi incontrai con Gigi Garelli e gli spiegai quelle che erano le mie competenze e conoscenze del basket a livello organizzativo e così lui mi propose il ruolo di Team Manager. E’ ovvio che in una società nuova, in cui tutti devono scoprire giorno dopo giorno tutto quello che c’è da fare, ognuno di noi ha fatto un po’ tutto e non si è limitato al proprio compitino. In una società già avviata e ben strutturata il Team Manager è colui che si occupa del collegamento tra le esigenze dei giocatori e dello staff e tutto quello c’è di esterno e quindi per fare un esempio si interessa degli appartamenti per giocatori e staff, dell’acquisto del materiale tecnico per massaggiatori, fisioterapisti ed anche giocatori stessi e poi si occupa dell’organizzazione delle trasferte, dei luoghi di allenamento, degli orari e tutto quello che si fa sino a prima della partita. Per alcuni giocatori ero Mr. Wolf, citazione cinematografica in cui Harvey Keitel, in Pulp Fiction, era colui che risolveva i problemi”.
Da forlivese con il basket nel sangue e che lavora per la prima realtà cestistica cittadina, come ha vissuto questo biennio della Pallacanestro Forlì 2.015?
“Sicuramente in maniera molto intensa, soprattutto perché caratterialmente sono uno che nelle cose ci si butta a capofitto e cerca di farle sempre con il massimo entusiasmo dando il 100%. E’ evidente che questa era un’avventura nuova per tutti e di conseguenza ci sono stati scogli da superare ed errori a cui rimediare, però l’ho vissuta molto, molto intensamente, forse anche troppo, anche perché poi finisci per cuocerti dentro ed arrivare alla fine emotivamente prosciugato. E’ chiaro che i risultati sono quelli che determinano l’umore e fanno cambiare tutto il clima che ruota attorno alla squadra. Lo scorso anno è stato un anno indimenticabile, quest’anno, con i risultati che non venivano, è stata dura e tutti abbiamo dovuto lavorare come dei matti per raggiungere l’obiettivo salvezza. Poi avendo avuto mio padre che fu addetto agli arbitri in quella che reputo ancora oggi la Pallacanestro con la P maiuscola, la Libertas 1946, vivo l’impegno per il basket con grande serietà così come mi ha trasmesso mio padre”.
Sempre da forlivese come ha vissuto le critiche che dall’esterno piovevano su giocatori, staff e società?
“Prima le rispondo da forlivese e devo dirle che in alcuni casi ci sono rimasto male perché quello che non è recepito veramente fino in fondo è che quando nasce una realtà nuova, bisogna darle tempo e concederle un po’ più di pazienza perché sbagliando si impara e perché da fuori ci sono troppe dinamiche e situazioni che non si considerano e addirittura non si conoscono per poter sentenziare anche se è evidente e innegabile che errori ne siano stati commessi, ma sempre in buona fede e sempre con la convinzione di agire per il meglio. Vede, i tifosi in linea di massima sono quelli da diversi anni questa, invece, è una società nuova in cui tutto va appreso e scoperto un poco alla volta. Per cui da forlivese le confesso che ho avvertito non dico troppa cattiveria, perché non credo fosse cattiveria, ma sicuramente poca pazienza che si trasformava poi in eccessivo accanimento. Ho sentito delle cose indirizzate a giocatori o allo staff che dal mio punto di vista non esistono assolutamente per quello che è il mio modo di intendere lo sport. Da dirigente forse anche peggio perché come le dicevo prima da fuori non si conoscono tante dinamiche che avvengono nei corridoi o all’interno dello spogliatoio e bisognerebbe essere meno superficiali nei giudizi e capire che tante volte ci sono situazioni che vengono ingigantite ed altre a cui viene dato eccessivo risalto senza conoscere veramente lo stato delle cose. Sappiamo tutti che Forlì è così e che la passione a volte porta a questi eccessi ma questo pubblico è un patrimonio imprescindibile.”
A 10 giorni dalla conquista della salvezza ci traccia un bilancio personale della stagione?
“Il mio bilancio personale…. (grosso sospiro) positivo con alcuni passaggi meno positivi determinati sicuramente da errori che io stesso posso aver commesso ma anche perché in alcuni non ho trovato quella corrispondenza su mie visioni di gestione piuttosto che di comportamenti extra-tecnici, perché io non mi occupavo della parte tecnica, che avrei voluto. Però tutto questo fa parte di un gruppo e quindi alla fine è stata un’esperienza positiva in cui tutti abbiamo dato veramente tutto quello che potevamo”.
Quando parla di mancata corrispondenza o difficoltà con alcuni, si riferisce a giocatori e staff?
“Assolutamente no. In realtà questi ostacoli o problematiche successe fanno parte di situazioni che si verificano in una società nuova in cui è anche giusto rispettare determinate gerarchie ed in cui chi sta sopra ha il diritto di decidere. Alla fine sono normali differenze di vedute. A tal proposito ne approfitto per smentire categoricamente quanto letto quest’oggi (ieri n.d.r.) su un quotidiano locale in cui con l’arrivo di Giorgio Valli il mio ruolo era divenuto marginale. Lo nego nel modo più assoluto ed anzi ringrazio un super professionista come Giorgio col quale è stato un piacere ed un onore collaborare e dal cui arrivo ho iniziato a lavorare quasi il doppio rispetto a prima”.
E’ stata senza dubbio una stagione tribolata, dal suo punto di vista (salvezza a parte) cosa c’è da salvare e cosa invece da buttare?
“Da salvare assolutamente lo spirito che c’è sempre stato all’interno dello spogliatoio, sia nella gestione Garelli che nella seconda parte con Valli. I rapporti umani sono sempre stati super, poi come in ogni buona famiglia anche da noi ci sono stati dei confronti, ma confronti non significa che ci fossero dei problemi, semplicemente è giusto che chi ha maggiore esperienza possa dire e spiegare situazioni a chi questa esperienza deve ancora acquisirla. Da buttare certamente gli errori di gioventù commessi nei primi mesi che serviranno alla Società per crescere facendo tesoro di questa esperienza”.
Tra i suoi compiti c’è anche quello di “gestire” gli americani, ci tracci un breve profilo e un aneddoto di ognuno di loro. Cominciamo con Jaye Crockett?
“Jaye è un ragazzo super, un americano abbastanza atipico. E’ un ragazzo curioso, sempre voglioso di apprendere la cultura del paese nel quale gioca e vive. E’ un ottimo cantante ed un professionista molto serio. Un aneddoto a lui legato è sicuramente la serata messicana, la cosiddetta nacho’s night nella quale si cenava a base di tacho’s ed alla quale partecipava tutta la squadra”.
…Wayne Blackshear?
“Wayne invece è esattamente l’opposto. E’ il tipico americano che ha vissuto intensamente gli anni dell’Università per dedicarsi al basket professionistico. E’ un ragazzo molto riservato, senza troppi fronzoli per la testa che vive in maniera molto riservata la sua esperienza al di fuori del proprio paese. Anche lui un bravo ragazzo che da noi si è ulteriormente depresso a causa dell’infortunio di cui tutti sappiamo e che per questo può aver dato un’impressione sbagliata di sé perché Wayne non era né scontroso né un menefreghista”.
…Ogo Adegboye?
“Il mio primo incontro con Ogo è stato un programma. Lo andai a prendere all’aeroporto e lui mi piazzò i due seggiolini delle bambine sul sedile accanto a me e con la moglie e le figlie si sedette dietro non prima di avermi riempito la macchina al punto che dallo specchietto retrovisore non vedevo assolutamente nulla. Detto questo di lui non posso che parlare bene, un grande atleta, professionista serissimo che tutt’ora, essendo ancora a Forlì, va ad allenarsi in palestra per non perdere le buone abitudini. Un aneddoto è questo. Ragazzo che nasce in Nigeria, si trasferisce con la famiglia a Londra e successivamente grazie alla famiglia e alla sua voglia di crescere vola in America a studiare dove conosce sua moglie e affina le sue qualità cestistiche. Un ragazzo dalla grande forza di volontà che lo ha portato a giocare in Europa a buoni livelli”.
…Melvin Johnson?
“Melvin o il ballerino come lo chiamavo io è un ragazzo che ha avuto un’esperienza poco felice a Varese ma che ha saputo prendersi la sua rivincita facendo bene qui a Forlì da noi. Anche lui grande attitudine allo spogliatoio e sempre pronto all’allenamento. Un aneddoto che lo riguarda è la sua continua ricerca della Wi-Fi e della connessione. In tutte le trasferte lo vedevi sempre con le sue cuffie ed il cellulare, problema comune a molti americani. Però anche Melvin un giocatore ed una persona molto positivi”.
…Ryan Amoroso?
“Ryan uno di noi. Un ragazzo che avendo avuto esperienze in Italia e qui vicino a noi, perché quando giocò a Imola in realtà giocava a Faenza, si è subito inserito ed ambientato benissimo nel gruppo. Un grande compagno di avventura, uno che sa stare allo scherzo ma che quando c’è da allenarsi duramente è sempre tra i primi. Veramente un amico ed una persona che sa farsi voler bene”.
Siamo in dirittura d’arrivo e allora mi consenta di domandarle che cosa farà Alberto Poggi il prossimo anno?
“Adesso intanto mi godo un po’ di stacco anche se in realtà ci sono ancora alcune cose da sistemare perché per noi dello staff la stagione non si è ancora conclusa. Presto mi incontrerò con la Società e con loro discuterò del mio futuro”.
Nel ringraziarla del tempo che ci ha dedicato le auguriamo un po’ di meritato riposo.
“Grazie mille, credo ne abbiamo bisogno un po’ tutti anche se la Società non si ferma ed è già al lavoro per rendersi ancora più competitiva e regalare ai forlivesi le soddisfazioni che meritano”.