Milano, 2 giugno 2017 – Alla fine è successo quello che in molti avevano sospettato dopo le prime 4 gare di questa semifinale Playoff tra Milano e Trento.
E’ successo cioè che i Campioni d’Italia in carica dell’EA7 Olimpia Milano perdono la terza gara su tre in casa vs l’Energia Dolomiti Trento e debbano lasciare, amaramente, il tricolore a chi prevarrà, tra circa una settimana, tra la stessa Trento e chi vincerà tra Venezia ed Avellino.
Nulla da dire, nulla da recriminare per la corazzata biancorossa, costruita per annientare tutto e tutti sul suolo italico e da questa sera invece goffamente ed anche senza neanche tanto onore a casa.
La Coppa Italia è in bacheca, certo, ma quando hai un roster a disposizione di 15-giocatori-15 per affrontare l’Eurolega e rivincere il campionato, quest’ultima manifestazione teoricamente quasi a spasso dopo la regular season, non si può non parlare di una stagione fallimentare.
Una squadra disarmonica, malmessa, fisicamente spenta in questi Playoff, ad iniziare dalla sfida vinta, e non senza affanni, vs l’ottava classificata come Capo D’Orlando, la quale già aveva dato il meglio di se tra partenze e limiti di rotazione logici e quasi evidenti.
Una sconfitta dolorosa e pesante dunque per la squadra che teoricamente ha rappresentato il nostro balbettante movimento in Europa (ultima, non dimentichiamolo, tra le 16 squadre più potenti del nostro continente), dal budget quasi infinito in rapporto alle avversarie, a dimostrazione che dei soldi te ne fai poco se non li sai gestire bene.
Una sconfitta che fa male per come si è presentata agli occhi di chi, come da parte di chi vi scrive, segue da decenni la pallacanestro italiana e ne ha visto il lento ed inesorabile declino tecnico di un campionato sempre più povero di belle cose.
Già perchè questa eliminazione dell’Olimpia Milano è un pugno forte in faccia a chi crede che in una Nazione come la nostra, dove la pallacanestro è anche un fenomeno di costume di primo piano, ci possa essere una sola Regina con le altre 15 squadre a fare da ancelle e nulla più, ogni riferimento alla Siena degli scorsi anni è volutamente citato.
Un male che parte da lontano per una stagione che doveva essere trionfale e che invece finisce tra i fischi dei propri beniamini: dall’assurda “non gestione” di Ale Gentile (per non parlare delle fughe di Dani Hackett e Niccolò Melli), sino alle dichiarazioni pazzesche di Jasmin Repesa a Novembre nel post Torino vs i suoi giocatori sino a questa sera, uno scivolone in cui restano coinvolti fior di giocatori come Ricky Hickman, Jamal Mclean e Rakim Sanders e la Novelle Vougue del nostro basket come Awadu Abass, Dada Pascolo, Andrea Cinciarini e Simone Fontecchio apparsi fragili e spaesati come non mai.
Per non parlare di giocatori importanti come Kruno Simon, Zoran Dragic, Milan Macvan e Miro Raduljica arrivati in maglia Olimpia senza pensare a se potessero fare gruppo insieme, un insieme di figurine e basta.
E proprio in chiave Azzurra, rifletteranno i nostri massimi Capi su quanto visto questa sera? Il passato ci dice che probabilmente faranno spallucce e continueranno a cambiare i già a dir poco astrusi regolamenti in nuove regole ancora più maldestre; a far tesserare, ad esempio, gli stranieri in Serie C salvo poi escluderli in corso d’opera senza ammettere la propria brutta figura e scaricando sulle società un danno di peso notevole; oppure a non sostenere concretamente l’operato di centinaia di innamorati di questo sport che sudano quotidianamente in palestre di fortuna per tirar su qualche nuovo talento.
Ma avremo tempo per parlare dei mali della nostra, troppa autoreferenziale pallacanestro, intanto standing ovation per l’Energia Dolomiti Trento, una società modello che ha dimostrato come si possa sbagliare e rimediare, in corso d’opera, analizzando in maniera impeccabile il come e senza dimenticare i malanni fisici che han tolto dalla stagione gente come Baldi Rossi e Ricky Moraschini: per carità, non stiamo parlano di KD o di LeBron James ma di bravi ragazzi italiani incastrati in un sistema che funziona.
Ed osservare, ad esempio, come siano stati mandati a casa prima Jefferson e dopo Lighty raggiungendo comunque questo storico traguardo con una squadra completamente nuova, con il ritorno di Sutton e l’avvento del semi-sconosciuto Shields.
Una serie vinta studiando come far male ad una Milano quasi bolsa, spenta nella testa e nel cuore, capace solo di un bel sussulto in Gara 3 al PalaTrento e nulla più, facendole male con la lucidità di Craft, la strapotenza fisica di Hogue e Sutton, il cinismo nelle scelte d’attacco e soprattutto in difesa di Forray e Flaccadori, la mano fatata di Shields.
Onore anche a Massimo Buscaglia, per fortuna anche coach da quest’anno dell’U20 maschile italiana (dunque c’è vita in Via Vitorchiano), che assieme a Pino Sacripanti rappresenta la capacità dei nostri giovani coaches di dimostrarsi sempre all’altezza del proprio compito, applicandosi sul campo e portando risultati prestigiosi come questa prima, storica finale per Trento.
Non sappiamo, ovviamente, se Trento vincerà il tricolore ma vivaddio ha dimostrato per l’ennesima volta che competenza, lavoro e sudore pagano, sempre: congratulazioni di vero cuore!
Fabrizio Noto/FRED
@FaberNoto