Golden State Warriors – San Antonio Spurs 113 – 92
Senza Curry da una parte e Leonard dall’altra, il passaggio del turno arriderà a chi, tra GSW e Spurs, saprà trovare giochi e risorse alternativi. Golden State getta la difesa dei tempi migliori sul piatto della serie e rischia di pesare come un macigno su equilibri ed esito del primo turno. Popovich sceglie uno starting five con quattro giocatori perimetrali intorno a LMA, per reggere ritmi e circolazione sugli standard imposti dai campioni, ma l’opzione si rivelerà fallimentare su ambo i lati del campo: Kerr risponde con i cambi sistematici, in difesa, con lettura dei mismatch e loro pieno sfruttamento, in attacco e, tutto sommato, il commento alla gara potrebbe chiudersi qui. Proviamo, invece, a guardare dentro la scatola e analizzare qualche dettaglio.
McGee è la chiave di volta del match: quando, dopo i primi due canestri dalla media-lunga, Aldridge si sposta in area alla ricerca del gioco in post, Javalone inizia il suo show, cancellandolo dal campo, letteralmente. E, se gli Spurs vengono privati del post basso, mentre i cambi continui della difesa, il tempismo quasi perfetto delle rotazioni e delle “uscite” non concedono tiri aperti, né vantaggio alcuno, al Pop non restano che due armi a disposizione: il tiro dalla distanza (all’intervallo lungo 6/11 da 3, 8/30 da 2!) e il QI di Manu Ginobili (rubata e relativo buzzer alla sirena del primo quarto: forse l’unica iniezione di fiducia per i texani nell’arco dei 48′). Troppo poco, decisamente, in una gara di playoff all’Oracle Arena.
Dall’altra parte del campo il gap tra le due squadre non appare meno ampio: la gestione della palla nelle mani di Iguodala e, soprattutto, Durant (24+7+8 praticamente in pigiama e ciabatte) è, di per sé, già il primo e più incisivo mismatch di una interminabile serie; da questa sorgente sgorga, con la potenza di un fiume in piena, gran parte del gioco dei campioni: assistenza ai tagli nell’ampia e sguarnita vallata texana, supporto al chirurgo Klay Thompson (MVP) in uscita dai blocchi oppure, salomonicamente, tiro da fermo, sulla testa del malcapitato di turno, che non avrà mai sufficienti centimetri da opporre alle infinite braccia di Durant. In fin dei conti, è l’apertura alare la chiave di gara-1 tra GSW e Spurs…
Impossibile che il vecchio leone non inventi qualcosa? In effetti, ad inizio terzo quarto, ordinerà a Rudy Gay (15), il migliore dei suoi per distacco, di guidare il pick and roll centrale: resterà l’unico rebus di difficile lettura per i gialloblu. Il problema, per i nero-argento, risiede anche nell’anagrafe: ogni variante che la panchina provi a cercare per girare l’inerzia della partita ha il fiato corto, la miccia non dura più di qualche minuto. Sicché, quando il tiro ricomincia a non entrare; quando, fuori McGee (un po’ perché gravato di falli, un po’ perché in difficoltà nelle chiusure su Gay), l’illusione di Aldridge di potersi avvicinare al canestro viene spenta in un battito di ciglia dall’ottimo Looney (non di braccia infinite, ma di mani rapide sulla palla), i Warriors ripristinano la doppia cifra di vantaggio e scappano definitivamente.
L’ultimo quarto è passerella, buona per applaudire i ragazzi. Tra cui, consentitemelo, da modesto cronista di G-League, Derrick White. Se qualcosa non cambia, e in fretta, rischia di essere l’unico Spurs a vincere qualcosa, quest’anno…
Toronto Raptors – Washongton Wizards 114 – 106
Facile dire che la differenza tra Toronto e Washington siede in panchina (42-21 è l’impietoso confronto tra i due pini). Provo a dare una lettura un tantino alternativa: la gara-1 più equilibrata, o quasi, della prima notte playoff gira intorno a… Marcin Gortat! Ecco, l’ho detta grossa ma, prima di essere lapidato, provo a motivare la mia eresia.
Non a caso i Raptors sono la testa di serie numero 1 e i Wizards l’ottava: i primi hanno giocato meglio tutto l’anno e sono decisamente più profondi. L’unica chance dei capitolini è quella di correre, di imporre i ritmi più congeniali a Wall; ma, per farlo, occorre difendere e scappare in transizione o contropiede. Il perno della difesa ospite è Gortat. D’accordo, non sarà più il leone da pick and roll di un paio di anni fa, ma il polacco regge ancora le sorti difensive della baracca. Il suo rendimento, infatti, avrà un rapporto linearmente proporzionale con quello della squadra: finché non prende le misure al doppio P&R canadese (Derozan-Valanciunas e Lowry-Ibaka), i padroni di casa sono anche padroni del campo (doppia cifra già a metà del primo quarto). Una volta aggiustato il proprio posizionamento e scelto come attuare la propria difesa, le cose cambiano: Gortat accenna sistematicamente il raddoppio, per poi scivolare in posizione di attesa sul corridoio di penetrazione, chiudendo contemporaneamente le linee di passaggio per il rollante. Toronto faticherà a trovare il centro area e Lowry e Derozan a fare canestro, mentre Washington avrà buon gioco nelle ripartenze. Non a caso i Wizards chiudono il primo tempo in vantaggio e, se solo di 4 lunghezze si tratta, lo si dovrà alle conclusioni dalla distanza (alla fine sarà 16/30 dai 7,25 per i Raptors!) sì, del solito Miles, ma anche e soprattutto dello stesso Ibaka, costretto ad aprirsi ed allontanarsi dal canestro per trovare fortuna.
Derozan viene sistematicamente chiuso al ferro dal centrone polacco, costretto a deviare a sinistra e qui cambiato dall’eccellente Morris (22+11). Ecco spiegato il pessimo rendimento della star di casa sottolineato in telecronaca, nel primo tempo, dagli ottimi Mamoli e Crespi. Se le percentuali di Toronto calano, Washington può catturare il rimbalzo e correre via, generando conclusioni accelerate o aprendo il campo grazie all’uso dei blocchi lontano dalla palla, liberando anche il centro area ai tagli di Beal (19) e Wall (23+15).
Avrebbe dovuto essere la serie più scontata, invece la partita pare in mano a Gortat e compagni, ma Casey la pensa diversamente: DeMar e Kyle cambiano approccio in attacco ad inizio ripresa, fermandosi sul perimetro e tirando (bene, finalmente!), dalla lunga. Questo costringe Gortat ad uscire in raddoppio per contestare, lasciando sguarnito lo show del solito Ibaka (23+12) o l’area per i tagli di Valanciunas, Siakam o perfino Poeltl. L’inefficacia della difesa di Gortat sulla nuova variante del pick and roll ideata da Casey genera una giocata che viene ripetuta da Toronto tre volte nel giro di pochi minuti, a cavallo tra terzo e quarto parziale, producendo il miniparziale che scaverà il solco decisivo tra le due squadre: penetrazione del Derozan di turno e assist al centro dopo aver chiamato a sé il raddoppio del lungo; il pivot scarica sul perimetro per Delon Wright (18 punti e uomo chiave che rivoluziona le spaziature offensive dei canadesi): tripla!
Questa semplice ma, appunto, rivoluzionaria variante, operata dai canadesi nella ripresa, è responsabile del 59-48 che ha permesso ai padroni di casa di intascare il primo punto della serie, chiudendo senza eccessivi patemi una partita che, invece, stava prendendo una piega inattesa e sfavorevole. Attendiamo in gara-2 le contromosse di Scott Brooks, in quella che si preanuncia come una delle serie tatticamente più interessanti del tabellone.