Ho conosciuto Silvio Corrias negli anni in cui lavoravo a Tele+ e facevo il bordocampo delle partite di basket della serie A e di quella che allora si chiamava EuroClub (l’attuale Eurolega). Faceva parte di quella generazione di arbitri allora giovane – non che adesso siano vecchi per carità! – che cresceva alla scuola di grandi direttori di gara (Bruno Duranti, Stefano Cazzaro, Luciano Baldini, Tiziano Zancanella solo per citarne alcuni) che era testimone di una pallacanestro che stava cambiando in fretta e che stava cedendo il passo ad un gioco sempre più fisico ed un pò meno tecnico, pur rimanendo il gioco più bello del mondo.
Con lui come con gli arbitri di quel periodo storico ho avuto dialoghi e scambi di opinioni davvero interessanti sull’arbitraggio, sulle regole, sulla loro interpretazione o meno, sulla loro logicità o meno. Ed oggi che leggo le sue riflessioni (sul blog weref.it col quale cerca di fare cultura arbitrale) da ex arbitro, dopo che è stato istruttore Fip, commissioner in Italia e per la Fiba, quel dibattito si è riacceso ed ha portato a questa prima intervista.
Corrias lei ha scritto che conoscere il regolamento da parte dei giocatori, allenatori, accompagnatori e dirigenti è importante anche per poter giocare e vincere le partite. Ci spiega cosa vuol dire con questa frase?
“Qualche tempo fa ad un clinic con gli allenatori come categoria arbitrale abbiamo detto che il Regolamento di gioco non è un insieme di divieti ma anche una spiegazione di come si gioca a basket. Certo ci sono anche le cose che non si possono fare ma sono finalizzate ad un corretto modo di stare in campo. La regola è uno strumento per vincere una partita. E la dimostrazione sta, per fare un esempio, nel contrario di quello che sto dicendo: quando un allenatore non sa che può chiamare un time out in un certo momento della partita per poi rimettere da un certo punto del campo; quando un giocatore non sa come viene amministrato un tecnico o un fallo antisportivo può accadere che questa non conoscenza faccia perdere la partita. Chi invece lo sa può usare la regola per vincere. Un allenatore italiano che si è trasferito a Malta ha impostato un clinic dal titolo “Usare le regole per i giochi d’attacco“.
Dalle sue parole pare di capire che non c’è una grande conoscenza del Regolamento da parte dei giocatori?
“Vero. Il livello medio di conoscenza è bassissimo secondo me. Ma non solo tra i giocatori. E me ne sono accorto alle varie riunioni. Oltre che durante la mia carriera arbitrale (351 partite tra i professionisti,ndr). Voglio anche dire che il Regolamento è molto complesso. Molto articolato e le regole si intersecano tra di loro a volte in modo così complicato che anche per gli arbitri impararle è un’operazione molto difficile, ma è il loro lavoro quindi alla fine ci si riesce. Non voglio nemmeno dire che tutti dovrebbero conoscere tutto. Cosa comporti un tecnico in termini immediati in campo per esempio è una cosa che bisogna sapere secondo me. Cosa succede in termini di espulsioni se prendi un tecnico ed un antisportivo anche. La contabilità di falli ed allontanamenti dal campo dopo una rissa per fare un altro esempio è chiaro che spetta agli arbitri e basta. L’elemento più importante nei giocatori deve essere la consapevolezza di quello che hanno fatto. Una gomitata, un’ancata, uno schiaffo, una violazione di passi, doppio palleggio, salvo casi rarissimi sono cose che un giocatore sa di aver commesso e quindi la reazione, la faccia sconvolta, la protesta plateale sia pure dettata dalla adrenalina della partita sono reazioni spesso oltre il limite“.
C’è un livello minimo di conoscenza che bisognerebbe avere secondo lei e se c’è quale è questo livello?
“Discorso difficile ma praticabile. Per cominciare io penso che tutti, giocatori, allenatori, dirigenti, accompagnatori almeno qualche volta potrebbero leggere il Regolamento. Avere chiare almeno 15 o 20 cose che sono basilari: i passi, i blocchi, interferenza a canestro, l’amministrazione dei falli e via dicendo su questa linea delle situazioni più frequenti in ogni partita ad ogni livello ogni giorno che si gioca su qualunque campo. Va anche detto che dal 2000 il Regolamento si è complicato con quelle che prima erano delle interpretazioni e poi sono diventate regole, ma anche che spesso si spargono delle voci infondate che fanno gridare allo scandalo. Esempio: la questione dei falli in contropiede che fino a due anni fa non venivano mai fischiati come antisportivi! La FIBA ha fatto un richiamo perché la regola venisse applicata correttamente. Chiedendo agli arbitri di fischiare antisportivo in tutte quelle situazioni in cui il difensore fermava l’avversario senza giocare la palla. Si è detto che la regola è cambiata ma non è vero! Gli antisportivi rimangono tali e vengono fischiati, gli altri no. Esattamente come era prima. E’ solo cambiato l’indirizzo che si è dato alle terne arbitrali“.
Dunque ci sono cose complicate anche per gli arbitri. Facciamo un esempio di regole difficili da fischiare e che lei ha notato?
“La regola più massacrata secondo me è quella dei passi. L’ultima modifica, quella del cosiddetto passo zero, invece di aiutare ha confuso le idee a tutti. Si son viste in questo anno di prima applicazione grandi schiacciate spettacolari che sono state chiaramente viziate da violazione di passi con o senza il passo zero, con o senza la modifica del piede perno. L’altra regola che vedo molto maltrattata è quella dei blocchi: oggi sono tutti in movimento. Non ce n’è più uno granitico come si diceva una volta. E poi come dicevamo prima l’interferenza a canestro sulla quale però hanno responsabilità i giocatori che fanno di tutto: toccano la palla mentre è sul cerchio, mettono la mano dentro la retina, non sanno che fare e quindi fanno confusione e via dicendo. Un’altra molto in confusione è quella dei 14 secondi sulla quale però bisogna dire che c’è una casistica di circa 70 situazioni quindi è davvero difficile da leggere e mettere in atto sempre in modo corretto nel giro di pochi attimi, quelli nei quali un direttore di gara deve prendere una decisione. Ci sono però anche delle situazioni che sono migliorate col tempo. Qualche stagione fa alcuni tiratori avevano preso il vizio di allargare le gambe al momento del tiro per cercare di indurre gli arbitri a fischiare un contatto. Abbiamo spiegato agli allenatori che quella simulazione poteva essere – oltre che scorretta – anche pericolosa per chi la metteva in essere ed oggi non si vede quasi più. Ci sono sempre meno giocatori che ricorrono al flopping (cadere a terra in modo esagerato dopo un contatto anche minimo,ndr) perchè anche questo è stato fatto rilevare. Ed anche l’agganciare l’avversario – l’hooking – è un trucco del quale pochissimi ormai fanno uso“.
Eduardo Lubrano